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Tecnologia

Il futuro dell'astronomia sono le vecchie fotografie del cielo

I volontari di Astronomy Rewind scansionano intere annate di pagine di riviste accademiche, nella speranza di scoprire qualcosa che finora era rimasto inosservato.

Qual è la vostra idea di matto sabato sera? Gli amanti del divertimento estremo potrebbero rispondere: scartabellare vecchie riviste di astronomia davanti al computer. È quello che hanno fatto migliaia di volontari di Astronomy Rewind, annotando scansioni di annate e annate di pagine di riviste accademiche, nella speranza che un giorno vi si possa scoprire qualcosa che finora era rimasto inosservato.

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Se vi chiedete che utilità abbia per gli astronomi recuperare vecchie foto quando oggi possono gingillarsi con Hubble, ricordatevi che il cielo cambia: è la prima regola dell'astronomia, da quando i nostri antenati videro delle stelle muoversi da un giorno all'altro e le chiamarono pianeti, ovvero, "stelle vagabonde" secondo l'etimologia greca del termine. Scopriamo gli oggetti celesti confrontando il cielo di oggi con quello di ieri e, da quando c'è la fotografia, possiamo farlo in maniera sistematica.

Peccato che, almeno fino agli anni Novanta, le foto astronomiche non venissero digitalizzate. Erano su pellicola, stampate su riviste di carta. Data, ora, coordinate e altro non erano comodi metadati, ma descritti nelle didascalie degli articoli. Immaginate di voler sapere com'era Alpha Centauri negli anni Settanta e in tutta risposta dover consultare qualche migliaio di riviste, cercando fotografie di stelle più o meno tutte simili. Eppure quelle foto sono fondamentali per esplorare l'evoluzione del cielo sulla scala di decenni o secoli.

L'unico modo affidabile per convertire delle pagine di riviste d'epoca in dati digitali è farlo di persona — e se a pochi astronomi un lavoro del genere avrebbe preso decenni, migliaia di volontari possono riuscirci in brevissimo tempo. Da qui Astronomy Rewind.

Per chi volesse partecipare, un brevissimo tutorial istruisce su come classificare le immagini: specificando se la pagina contiene immagini del cielo o altri tipi di grafica e se riporta delle coordinate. In caso le coordinate manchino, la foto va inviata ad astrometry.net per cercare di indovinarle. Altrimenti viene chiesto di estrarle dal testo. Un lavoro forse non così avvincente, ma fondamentale. La prima fase del progetto si è conclusa da poco e ha classificato più di 12.000 immagini — un successo pazzesco, pensando che i volontari ne hanno processate 6500 in un singolo giorno. Una cifra ancora più monumentale se si pensa che ogni pagina viene annotata indipendentemente da cinque volontari diversi, per assicurare l'affidabilità del dato.

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L'idea di usare vecchie fotografie per scoprire fenomeni astronomici non è nuova, del resto. È sempre confrontando fotografie, per esempio, che abbiamo scoperto Plutone all'inizio degli anni '30: Clyde Tombaugh spese settemila ore a consumarsi gli occhi su immagini del cielo scattate a qualche giorno di distanza, finché non ha individuato un puntino che cambiava posizione da una foto all'altra.

Le foto che Tombaugh studiava erano state scattate allo scopo, ma in una foto qualunque del cielo si trova sempre qualcosa di più di quanto cercasse chi l'ha scattata per primo. Per esempio, Plutone è stato scoperto nel gennaio 1930, ma andando a frugare in archivio si accorsero che era stato fotografato per puro caso anche prima, almeno quattordici volte diverse, fin dal 1909. È quella che con un termine intraducibile viene chiamata precovery: ripescare foto fortuite di oggetti celesti, scattate prima che questi venissero effettivamente scoperti.

Quasi certamente, ogni sasso che individuiamo oggi si trova da qualche parte in una fotografia del cielo di ieri. Da decenni usiamo cataloghi di foto del cielo per recuperare le precovery di asteroidi e comete varie per ricalcolarne l'orbita con maggior precisione. Ma non solo. Analizzando foto del cielo passato, possiamo calcolare meglio i moti delle stelle o studiare fenomeni curiosi come le nove ricorrenti — stelle che vanno incontro a eruzioni brillantissime che si ripetono con cadenza irregolare a distanza di qualche decennio. Per esempio, la nova ricorrente CI Aquilae è comparsa tre volte: nel 1917, 1941 e nel 2000.

Oggi questo processo è più facile con cataloghi di foto astronomiche come l'Astronomy Image Explorer o il World Wide Telescope, per esempio. Grazie a strumenti come astrometry.net, capace di interpretare fotografie astronomiche e dedurre quale parte del cielo mostrino, è stato possibile ricostruire in dettaglio l'orbita di comete, confrontando 2.241 immagini scattate da amatori e depositate online. I volontari di Astronomy Rewind immetteranno in questi database un archivio storico finora rimasto inutilizzato.

Astronomy Rewind è solo uno degli ultimi progetti di citizen science di Zooniverse, in cui chiunque, senza bisogno di un dottorato, può collaborare effettivamente a delle ricerche scientifiche serie. Al momento, sul sito di Astronomy Rewind, non sono ancora stati riportati dei risultati, ma qualcosa salterà fuori. Chissà che in qualche foto d'epoca non vi sia, come puntino quasi invisibile, l'ipotetico Planet 9 che potrebbe aggirarsi nelle profondità del Sistema Solare. Un altro progetto di citizen science, Backyard Worlds:Planet 9, che confronta fotografie all'infrarosso per scoprire oggetti in movimento, è dedicato proprio alla ricerca di questo misterioso corpo celeste, e ha già trovato quattro candidati. Come faceva lo scopritore di Plutone davanti alle sue lastre, ma con la comodità di una gif animata. Se siete arrivati tardi per l'archeologia fotografica, siete ancora in tempo per seguire i suoi passi e scoprire un nuovo pianeta.