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Lo spot natalizio di Pupi Avati per Conad è il regalo peggiore che potessero farci

Una madre che partorisce in un supermercato. Nel nuovo spot della Conad. Diretto da Pupi Avati.
Screengrab da YouTube.

Qualche ora fa, scorrendo con noia sul feed di non mi ricordo quale social—probabilmente Twitter, per una strana forma di necrofilia—ho notato un titolo che mi ha quanto mai rapito. Un articolo del Corriere della Sera recitava: “A cena da Pupi Avati: «La tavola delle certezze in questa società smarrita»”. Ho trovato il tutto molto attraente e ho aperto, ma la pagina sta ancora caricando, quindi non sapremo mai di cosa parlava Pupi—o quantomeno non lo saprò mai io. Detto ciò, la frustrazione mi ha portato a googlare il nome del regista che per ora conoscevo solo per Ma quando arrivano le ragazze?, vero leitmotiv della mia adolescenza pur non avendo mai visto il film. Bene, il secondo risultato di questa ricerca era un altro titolo molto affascinante, che mi ha portato a pensare che un giorno vorrei fare da ufficio stampa per Pupi Avati. Il pezzo, questa volta del Bergamo Post, è questo, dal titolo “Lo spot di Natale della Conad, una natività dei nostri tempi?”. Visto che il video era già stato condiviso molto sulle bacheche dei miei amici e dato che il pezzo terminava con la frase pomposa “più che una réclame, un miracolo,” ho cliccato play su questo piccolo miracolo, memore del precedente dello spot del Frecciarossa 1000 di un paio di anni fa.

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In pratica la Conad—che scopro oggi essere diventata una “media company” (se pertanto Pupi non mi volesse come ufficio stampa, be’, Conad, contattatemi)—ha deciso di affidare al celebre regista lo spot di Natale. In questo minuto pregno di emozioni una donna tutta trafelata, mentre acquista le cibarie per il pranzo di Natale, inizia ad avere le doglie, allungandosi verso il reparto surgelati—posto che se cucini qualcosa di surgelato anche a Natale forse non sei la migliore delle persone sulla faccia della terra

Tutto ciò accade nei primi otto secondi, dopodiché partono circa venti secondi di scambi di sguardi. Poi, per simboleggiare che all’interno del Conad si è tutti una grande famiglia, arriva un medico, la porta in quella che mi auguro fortemente sia la cella frigorifera e lì la fa partorire, per la gioia di tutta la clientela del supermercato che invece di approfittare della distrazione altrui ed evitarsi file infinite applaude alla nascita del bimbo (che si chiamerà Conad, credo).

In conclusione, una voce suadente ci informa che “nessun uomo è un’isola,” e quindi non lo è neanche il Conad. Per tutto il tempo ho sperato che la pubblicità avesse un plot twist ironico, tipo che la donna partorisse un tacchino, dei buoni sconto, un panettone. E invece no, era un bimbo vero.

Se questo minuto di pura poesia non vi fosse bastato, sappiate che esiste anche un backstage di tre minuti e trentatré secondi, nel quale viene rivelato che l’idea dello spot è nata “un giorno a colazione,” quando Pupi Avati e il direttore del marketing di Conad si sono casualmente incontrati e hanno pensato di far partorire una donna dentro un supermercato. Affinché non ve lo perdiate, metto qui anche questo.