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Per la Cassazione la cronaca online va cancellata "dopo 2 anni"

La sentenza della Corte di Cassazione fornisce una vera e propria "data di scadenza" alla cronaca online.
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Mentre l'Unione Europea dà l'ok al piano finanziamenti per la posatura della rete ultralarga in Italia, è bene ricordarci che, dopotutto, continuiamo a vivere in quell'Italia capace di compiere disastri giudiziari a partire da sentenze pressoché insignificanti.

È il caso della Sentenza n. 13161, pronunciata dalla Corte di Cassazione il 24 giugno, che conferma la legittimità di una sentenza del 2013, questa volta pronunciata dal Tribunale di Chieti, Sezione distaccata di Ortona.

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Secondo la Cassazione, "un articolo di cronaca su un accoltellamento in un ristorante dovesse essere cancellato dall'archivio digitale perché pur essendo corretto, raccontando la verità e non travalicando i limiti di legge, aveva prodotto un danno ai ricorrenti, cioè i soggetti attivi della vicenda di cronaca giudiziaria," come spiegato da Primadanoi.it, giornale online protagonista della vicenda.

A ruling by the Supreme Court: News do

marco pratellesi1 luglio 2016

I proprietari di un ristorante avevano protestato con Primadanoi per la presenza in archivio di un articolo di cronaca riguardante un fatto di cronaca relativo al locale—L'iter giudiziario è ancora in corsa e vista, secondo Primadanoi, la correttezza dell'articolo, non sussistevano le condizioni per giustificarne la cancellazione. I proprietari del locale si rivolgono quindi al Tribunale di Ortona che stabilisce che l'articolo, dopo (appena) due anni e mezzo dall'accaduto, andava cancellato dagli archivi.

L'editore di Primadanoi cancella l'articolo prima della pronuncia della sentenza, a quanto pare con un'azione preventiva visti i crescenti costi per il sostenimento delle spese processuali—Il Tribunale, quindi, non potendo richiedere la cancellazione di un articolo già cancellato, condanna la testata a pagare un risarcimento e, appunto, le spese processuali.

Come ben evidenziato da un post di Guido Scorza per il siuo blog su L'Espresso, sembra trattarsi di un "macroscopico fraintendimento del diritto all'oblio, una decisione destinata ad essere cancellata dalla storia dai Giudici della Corte di Cassazione," tanto più alla luce della recente decisione del Garante alla Privacy di negare il diritto all'oblio a un ex-terrorista che non voleva che le sue azioni passate fossero indicizzate su Google.

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La sede della Corte di Cassazione, a Roma. via Wikimedia Commons

Purtroppo, la realtà si è rivelata diversa. La Corte di Cassazione ha pronunciato una sentenza in linea con quella del Tribunale di Ortona, "La facile accessibilità e consultabilità dell'articolo giornalistico, superiore a quelle dei quotidiani cartacei, tenuto conto dell'ampia diffusione locale del giornale online consentiva di ritenere che dalla data di pubblicazione fino a quella della diffida stragiudiziale fosse trascorso sufficiente tempo perché le notizie divulgate potessero avere soddisfatto gli interessi pubblici sottesi al diritto di cronaca giornalistico," si legge nella sentenza.

Secondo la Cassazione, quindi, l'articolo andava cancellato dagli archivi perché era trascorso sufficiente tempo perché potesse assolvere il suo principio di utilità pubblica—Questo, benché il caso giudiziario trattato nell'articolo fosse ben lontano dal concludersi, "Il persistere del trattamento dei dati personali aveva determinato una lesione del diritto dei ricorrenti alla riservatezza ed alla reputazione e ciò in relazione alla peculiarità dell'operazione di trattamento, caratterizzata da sistematicità e capillarità della divulgazione dei dati trattati ed alla natura degli stessi, particolarmente sensibili attenendo a vicenda giudiziaria penale," continua la sentenza.

Per la Cassazione, in questo caso, il tempo necessario affinché l'articolo potesse essere passibile del diritto all'oblio è stato di due anni e mezzo, "il tempo intercorso tra la pubblicazione dell'articolo e il ricevimento della diffida da parte dei proprietari del ristorante," fa notare Guido Scorza su L'Espresso.

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"Dopo la pubblicazione dell'articolo l'interesse pubblico alla lettura di quella notizia viene meno (qui si dice che bastano due anni e mezzo)"

Tralasciando per un attimo le pesanti sanzioni inflitte a Primadanoi, la sentenza della Cassazione stabilisce un precedente dagli orizzonti disastrosi. Infatti, secondo quanto deciso, gli archivi di cronaca online risulterebbero rilevanti al pubblico per appena due anni e mezzo prima di dover rientrare nei ranghi nel rispetto della privacy dei singoli individui—Si tratta di una sentenza senza senso, che non tiene in conto le reali implicazioni generate e che potrebbe diventare un vero e proprio strumento impugnabile da qualunque privato per far sparire da internet "tracce scomode" che lo riguardano.

Il problema, come al solito, è di carattere normativo: il diritto all'oblio (e in più in generale il diritto online) è un campo ancora fortemente inesplorato dalla legislazione italiana, e fintanto che questa situazione rimarrà immutata le sentenze a riguardo continueranno a proporre decisioni anacronistiche. Gran parte dell'informazione, oggi giorno, passa attraverso internet e i giornali online: la mancata normazione di questo impianto rischia di risultare seriamente dannosa, sul lungo periodo.

"In conclusione la Cassazione stabilisce che: 1) Dopo la pubblicazione dell'articolo l'interesse pubblico alla lettura di quella notizia viene meno (qui si dice che bastano due anni e mezzo); 2) Alla richiesta di cancellazione si doveva ottemperare subito perché trascorso il tempo; 3) Il diritto di cronaca vale all'istante ma non si possono trattare dati sensibili e renderli fruibili al pubblico per sempre perché dopo un po' prevale la privacy (per mantenerli ci vuole il consenso); 4) Si cancellano anche articoli recenti ed attuali. Un articolo corretto produce un danno risarcibile per il solo fatto di essere fruibile," si legge nella sentenza.

In questo senso, quindi, la Corte di Cassazione ha stabilito una data di scadenza per il diritto di cronaca. Ottimo.