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Tecnologia

Nel caso Oracle contro Google è sotto processo l'intera sottocultura nerd

Il problema nel caso Oracle vs Google è che tutte le parti in causa sanno perfettamente cos'è un'API, ma le persone chiamate ad esprimere un giudizio non ne hanno la minima idea.
Eric Schmidt, presidente esecutivo di Alphabet. Foto: Axel Schmidt/Getty

Il problema nel caso Oracle versus Google è che tutte le parti in causa sanno perfettamente cos'è un'API, ma le persone chiamate ad esprimere un giudizio sull'intera faccenda non ne hanno la minima idea. Proprio nessunl, dai semplici membri della giuria popolare fino alla Corte Superma—che ha rifiutato di occuparsi del caso nel 2015, su consiglio dell'ufficio del Procuratore Generale.

In un mondo in cui la Silicon Valley la fa sempre più da padrone, Oracle versus Google rappresenta una della rarissime occasioni in cui i nerd devono sottostare alle competenze di chi è completamente digiuno di informatica. Il giudizio sulle tecnologie da loro create è affidato a un gruppo di anziani in toga, mentre dei tirapiedi in giacca e cravatta al soldo delle corporation bollano i loro amati ideali open source come vaneggiamenti da fricchettoni.

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I testimoni di Google sono—o almeno sostengono di essere—degli autentici sostenitori della filosofia dei software gratuiti e open source (FOSS), scuola di pensiero che non guarda solamente alla tecnologia, ma si pone in maniera radicale anche nei confronti del diritto d'autore. La General Public License (GPL) e simili si sono ritagliate uno spazio alternativo riuscendo a svincolarsi dalle rigide regolamentazioni in materia di copyright. Quindi, mentre tentano di illustrare i fatti, i nerd si trovano anche a dover giustificare la loro religione, suscitando disprezzo e scetticismo da parte degli avvocati di Oracle.

La Silicon Valley pretende di vivere in un mondo a parte, in cui valgono le proprie regole. Neanche il caso Oracle contro Google è riuscito a cambiare questa mentalità.

In effetti, bisogna convenire con gli avvocati di Oracle che, sebbene l'idealismo open source sia diffuso nella Silicon Valley fin dalla sua nascita, questa resta pur sempre una società capitalistica che nutre un rapporto ambivalente con il FOSS. È sacrosanto che Andy Rubin, co-fondatore di Android, sieda in un'aula di tribunale per spiegare come Android riesca a guadagnare lo stesso nonostante abbia scelto di distribuire i suoi prodotti gratis, ma è sempre bene ricordarsi che fuori dalle mura del palazzo di giustizia, quei precisini di Apple fiatano sul collo di Android.

Eppure, i nerd non vogliono soffermarsi su questo aspetto. Hanno ben altre preoccupazioni per la testa: sono terrorizzati all'idea che la giuria possa non capire nulla delle loro cavolate da nerd. I testimoni chiamati in causa da Google continuano a rivolgersi alla giuria cercando di spiegare cos'è un API, solo per essere interrotti dalle obiezioni di Oracle, secondo cui Eric Schmidt (in passato, dirigente di Sun Microsystems, successivamente presidente e CEO di Google, ora presidente esecutivo di Alphabet) e Jonathan Schwartz (CEO di Sun durante lo sviluppo di Android) non sono stati invitati a parlare in quanto esperti.

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Schmidt e Schwartz si trovano in tribunale solo per riferire come si sono svolti i fatti nel periodo in cui Google ha creato Android: chi ha fatto cosa, dove e quando lo ha fatto. Non per dare spiegare in cosa consiste la tecnologia in esame, questo è un compito degli esperti chiamati a fare consulenza, i quali vengono probabilmente pagati milioni per ricoprire il loro ruolo in questo contenzioso—come ha ipotizzato con grande disapprovazione il giudice Alsup. Tuttavia, per Schmidt e Schwartz, definire cos'è una API—un concetto che può risultare fumoso per la giuria—è una premessa fondamentale utile propria a rispondere alle famose domande sul chi ha fatto cosa, dove e quando lo ha fatto. I due sono assolutamente consapevoli di questo aspetto e, con la classica capacità di incasinare tutto quando si spiegano che caratterizza i nerd, provano a fare valere le loro ragioni con risultati disastrosi.

Eric Schmidt ha provato a spiegare la natura delle API e dei linguaggi di programmazione facendo un'analogia con le prese di alimentazione. Jonathan Schwartz ha invece sfruttato un'analogia con i "menu dei locali," solo per ottenere una risposta sprezzante dal giudice William Alsup: "Non capisco di che cosa abbia appena parlato il testimone. Questa storia dei menù non ha nessun senso."

Il secondo tentativo di Schwartz con la stessa analogia è andato molto meglio, in breve: sebbene due ristoranti distinti l'uno dall'altro possano avere entrambi degli hamburger nei menù, di fatto gli hamburger che preparano sono diversi—in questo caso i nomi dei piatti scritti sui menu sarebbero le API, mentre i piatti effettivi, come gli hamburger, sono le loro implementazioni.

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Schwartz era appena riuscito a farsi capire con l'analogia dei menù, che ha subito provveduto a confondere le idee della giuria su un altro fronte: il sistema operativo GNU, uno dei vanti della comunità del software libero. Quando è stato chiesto dal giudice Alsup di "spiegare cos'è lo GNU in 30 secondi", Shchwartz si è lanciato in un discorso idealista su come ogni "uomo veramente intelligente" debba ritenere che i software dovrebbero essere liberi.

Prima che Schwartz si lanciasse in una sparata ispirata al "free as in freedom" di Richard M. Stallman che molti possono aver sentito ripetere da qualche amico in fissa con questi temi, è stato interrotto da Alsup. "Lei Non si sta attenendo ai 30 secondi," ha tagliato corto il giudice, interrompendo la narrazione della leggenda del Movimento del Software Libero per ridurre l'intervento a pochi minuti di spiegazioni concise, tra cui il significato dell'acronimo GNU: GNU non è Unix.

"La G sta per GNU?" ha chiesto Alsup incredulo.

"Sì," ha detto Schwartz dal banco dei testimoni.

"Non ha senso," ha commentato il giudice di 71 anni.

Il CEO di Oracle, Larry Ellison. Foto: Getty

Pur non essendo stati interpellati in quanto esperti, Schwartz e Schmidt non possono fare a meno di farsi promotori di un mondo che può apparire strano alla giuria. Posso scommettere con quasi assoluta certezza che in qualsiasi altra giurisdizione nessuno dei giurati avrà mai sentito nominare Richard Stallman, ma qui si parla di San Francisco, dopo tutto, quindi, esiste una qualche possibilità che tutto questo parlare di open source non rappresenti una novità completa per la giuria come potrebbe accadere da altre parti, tuttavia, è molto probabile che costituisca un tema assolutamente lontano dalle loro preoccupazioni.

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Certo, nonostante i due nerd si siano sfozati di farsi capire, non si è rivelato di grande aiuto che, verso la fine del suo interrogatorio da parte di Oracle, Schwartz abbia iniziato a diventare sempre più brusco, rispondendo alle domande con un atteggiamento passivo-aggressivo. A quanto pare, il testimone ha perso la calma dopo che Benjamin Bicks, esibendo una prova, gli ha chiesto: "avevi un blog di Google su di te, non è vero?"

"No", ha risposto Schwartz disorientato. Quando Bicks gli ha esibito la prova, ha rivolto gli occhi verso il cielo e ha detto: "credo che lei abbia frainteso di che cosa si tratta."

La prova era un Google Alert su di lui, uno delle numerose mail che si trovavano nella sua casella di posta e che probabilmente non aveva mai letto. "Non ti ricordi questo articolo in cui dicono che sei uno dei quindici peggiori CEO della storia americana?" gli ha chiesto Bicks.

"Mi arriva un sacco di roba che non controllo tra i Google Alert," ha risposto Schwartz, senza riuscire ad evitare un tono sarcastico. "Internet è così grande…"

Schwartz sembrava meno incazzato dall'essere definito uno dei peggiori CEO americani, rispetto all'aver subito l'umiliazione di un interrogatorio tenuto da una persona che non ha idea di cosa sia un blog, tanto da rompere un silenzio di 10 mesi su Twitter per commentare l'evento.

Can you imagine prepping for this case as Oracle's lead attorney and never knowing what a blog *is*?
— Parker Higgins ☔ (@xor) 11 maggio 2016

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Alla sbarra, Schwartz si è rivelato un personaggio incoerente, ma le sue incoerenze sono le stesse dell'intera industria tecnologica. I suoi grandi attori amano e odiano contemporaneamente il FOSS e il FOSS, di rimando, li ama e li odia. Di fatto, le corporation senza scrupoli sono inseparabili dagli idealisti sognatori che ci lavorano dentro, come ingegneri o manager—generando tutta la serie di ipocrisie che Oracle sembra desiderosa di sottolineare in questo processo.

Questo tipo di sistema può consentire a Schwartz di parlare con riverenza di Stallman, anche se questo ha rinunciato a raggiungere un accordo con Android in merito alle loro divergenze sul controllo dell'ecosistema Java—un controllo a cui Sun sembra non voler rinunciare. E allo stesso tempo, Schwartz può lodare pubblicamente Google per aver sviluppato una piattaforma mobile open source per poi chiamarla "Scroogle" in una mail privata—i nomignoli denigratori sono da sempre una passione della comunità FOSS, il campione in questo campo è proprio il santo patrono Richard Stalmann che da anni insiste a chiamare il Kindle di Amazon "Amazon Swindle."

I testimoni nerd di Google faticano a rendere conto delle loro azioni perché gran parte della sequenza di eventi che ha portato allo scoppio di Oracle versus Google origina direttamente dal fatto che no, proprio nessuno pensava le API di Java fossero brevettabili. I linguaggi di programmazione non sono coperti da copyright perché hanno valore solo nel momento in cui il maggior numero possibile di programmatori può usarle gratuitamente. Ed è impossibile sviluppare dei linguaggi di programmazione senza le API. Allo stesso tempo, brevettare un'API Java sarebbe assurdo. Esattamente il motivo per cui, per esempio, Sun non si è mai sognata di minacciare Apace Harmony per la sua implementazione di Java o per cui la stessa Sun ha pubblicato la propria implementazione open source.

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Oracle versus Google è la vendetta dei profani di informatica che calano una scure sugli usi e i costumi che i nerd hanno stabilito per loro stessi.

Da quando, nel 2014, un gruppo di profanidel Federal Circuit ha deciso che è possibile registrare sotto copyright la struttura, la sequenza e l'organizzazione delle API Java, questo tipo di operazione è diventata possibile—e ora, i testimoni di Google stanno lottando per spiegare le proprie azioni come conseguenza coerenti con una storia comune di una comunità isolata di nerd, con il proprio linguaggio, mitologia e convinzioni in materia di software e proprietà intellettuale.

Oracle v. Google è la vendetta dei profani che calano una scure sugli usi e i costumi che i nerd hanno stabilito per loro stessi. Del resto, se non è possibile registrare il copyright di qualcosa solo perché i nerd pensano si possa fare; perché mai dovrebbe essere impossibile farlo sempre perché i nerd concordano sul fatto che non sia possibile?

Purtroppo il caso Oracle versus Google non può nulla nel fare cambiare idea ai nerd circa la loro presunzione di avere sempre ragione e che le leggi sulla proprietà intellettuale stabilire dai profani siano un grottesco accrocchio senza capo né coda. Perché, nello specifico, le leggi in materia sono davvero inadeguate rispetto alla realtà tecnologica in esame. Basti pensare al soprammenzionato verdetto del Federal Circuit sul caso delle API Java, che recita, "Google era libera di sviluppare i propri pacchetti PI ed esercitare pressioni perché la comunità dei programmatori le adottasse." Una corte d'appello federale ha ricostruito un universo alternativo in cui Android è stato lanciato con l'indicazione agli sviluppatori di scrivere le proprie app in un linguaggio mai visto prima.

La Silicon Valley pretende di vivere in un mondo a parte, in cui scrive e adotta la propria giurisprudenza particolare, ma Oracle v. Google non contribuisce a cambiare una virgola questo discutibile modo di pensare. È il motivo per cui, a tal proposito, la comunità tecnologica si scaglia frequentemente e con violenza contro Larry Ellison: è stato percepito come un tradimento a una presunta solidarietà nerd, perpetrato da Ellison al solo scopo di portare un pugno da 9 miliardi di dollari in faccia a google.

I profani non sarebbero mai riusciti ad avere torto se Ellison non avesse portato alle estreme conseguenze questo regolamento di conti. E ora questo processo—se l'uso delle API java da parte di Android fosse legittimo o meno—procede da premesse assurde, l'idea che, da principio, queste API siano legittimamente brevettabili.