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Tecnologia

Come sono diventato un sociologo del trolling

Carlo Brunelli è un troll che segue il metodo scientifico, e ci ha parlato dei suoi studi.

Quanto sarebbe noioso il web senza i troll? I media generalisti hanno sempre trattato queste figure con grande superficialità per evidenziarne solo i lati negativi, tanto da provocare uno slittamento nel significato del termine a livello popolare. Utilizzato per lo più con un'accezione negativa, troll, per molte persone è solo un attribuito da affibbiare a soggetti malevoli che agiscono nell'ombra con secondi fini.

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La rete, però, è popolata anche da troll "buoni"—anche se sembra assurdo doverlo specificare—il cui unico scopo è l'intrattenimento. Un loro rappresentante che seguo da diverso tempo è Carlo Brunelli. La sua particolarità è quella di essere forse l'unico in Italia a trollare seguendo metodi rigorosamente scientifici, tanto che Tranelli, la pagina in cui pubblica i resoconti dei suoi esperimenti, può definirsi a buon diritto: "un blog di sociologia applicata sul campo".

Carlo da anni fa di tutto perché la rete non si adegui al processo di massificazione operato da "utenti cafoni, strafottenti e senza alcun senso dell'umorismo che parlano il più delle volte di cose che non sanno e che non vogliono sapere". Il gusto del LOL, che rimane il motore principale delle sue azioni, costituisce lo spunto per stendere delle "piccole riflessioni sui social network", che spaziano dalla disinformazione perpetrata dai media intorno ai suoi colleghi, fino alle derive populiste che animano il dibattito politico sul web.

Ho fatto una lunga chiacchierata—ovviamente via chat—con il creatore di Tranelli cogliendo l'occasione per farmi raccontare un po' i suoi metodi di lavoro e di tratteggiare una panoramica degli studi accademici che vanno a coprire i suoi interessi. Ecco cosa ne è uscito.

Motherboard: Ciao Carlo, tu fai il troll a tempo pieno?

Carlo Brunelli: No, il lavoro e lo studio sono due cose separate. Cerco di tenere nascosta la mia professione per evitare ripercussioni sull'azienda per cui lavoro, d'altronde con Tranelli ricevo insulti e minacce abbastanza di frequente.

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Che genere di minacce?

Ad esempio c'era questo tizio che si spacciava per professore universitario su Facebook. A seconda dei contesti si comportava in maniera diversa: da una parte si proponeva come insegnante di ripetizioni millantando titoli accademici mai posseduti e quando si trovava in disaccordo con qualcuno lo aggrediva con insulti omofobi, ma su Twitter organizzava party gay a base di sex toy nelle segrete di un castello.

Quando l'ho provocato pubblicamente mi ha minacciato dicendo che avrebbe assunto un taglia-gole per farmi fuori, dopodiché ha iniziato a postare la mia faccia in ogni gruppo possibile nel tentativo di screditarmi, ma purtroppo per lui se l'è presa con la persona sbagliata…è stato molto divertente.

Che paura. Dovrai prendere mille precauzioni…

Mah…credo che in Italia non si corrano grandi rischi finché non si superano certi limiti ben definiti. Sui social network girano bestialità di ogni genere ma non mi giungono mai notizie di persone che per un po' di sano trolling passano dei guai con la legge o vengono messi in pericolo dalle persone che hanno infastidito…

Sbaglio o sei uno dei pochi ad occuparsi di troll a livello accademico in Italia?

A fine 2012 ho iniziato la mia tesi di laurea per Scienze Politiche a Roma Tre, incentrandola sul rapporto tra trolling e controllo dell'opinione pubblica. Ho finito lo studio solo a luglio del 2014, dopodiché ho aperto il blog per non interrompere questa esperienza.

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Non ho ricevuto attenzione negli ambienti accademici romani, ma in seguito ho avuto la fortuna di collaborare con il Communication Strategies Lab dell'Università di Firenze tenendo una lezione frontale nel corso di Social Media Strategies. Più recentemente, invece, ho contribuito mantenendomi nell'ombra ad un progetto della Luiss: ne ho parlato nell'ultimo post del blog, quello su Salvini e i centri sociali.

Comunque se speravi in un dottorato di ricerca dedicato ai troll, non si tratta decisamente del mio caso.

Quindi il tuo bilancio sulle realtà accademiche italiane non è positivo…

Diciamo che oggi in Italia sono pochi gli ambienti accademici al passo con i tempi nello studio dei social network. Ad esempio, quando sono andato a portare le mie proposte dal professore di sociologia della mia università, mi è stato risposto che per il semestre successivo erano tutti impegnati a scrivere un libro sul caso di Ask.com. Immaginati: mettersi a studiare Ask a 23 anni!

Il settore pubblico si interessa ai social quasi sempre solo dal punto di vista informatico, per il resto siamo lontanissimi dalla pianificazione di un percorso formativo che educhi le nuove generazioni ad una corretta gestione della vita virtuale. Non credo che sia sbagliato ma ci sarebbero molte cose da imparare conducendo sistematicamente degli studi sociologici sui comportamenti online.

Dal canto mio, attraverso il blog continuo ad approfondire queste tematiche cercando di trovare un filo conduttore che le leghi ai classici della sociologia. Conduco le mie ricerche seguendo il metodo scientifico. Esamino delle teorie classiche, cerco di attualizzarle, poi vado sul campo e trovo il modo di verificarle, se non ne emerge nulla di interessante, non produco nuovi contenuti per il blog. Diciamo che preferisco non postare per due mesi piuttosto che rischiare di trarre conclusioni forzate. Fondamentalmente Tranelli nasce per tracciare una posizione diversa da quella promossa dai media ufficiali e dagli immigrati digitali, il modo in cui questa presa di posizione raggiunge il pubblico, però, mi interessa poco.

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"Sono cresciuto con un computer in mano, ma invece di infognarmi sul lato "tecnico" e diventare uno smanettone, ho preferito da subito approfondire il fattore relazionale della rete."

Quali sono le altre realtà con cui senti di condividere punti in comune?

Non sarò di certo l'unico a seguire certi argomenti a livello accademico ma, almeno per ora, i google alert sui troll non mi hanno ancora segnalato progetti simili al mio. Al di là di questo, anche se siamo strutturati in maniera diversa, ho apprezzato molto quello che ha fatto Gilda35 con la botnet di Salvini. Poi ovviamente ci sono le ricerche ufficiali sulle bufale, un caso celebre è quello del senatore Cirenga.

In generale attualmente un po' tutto il lavoro di Walter Quattrociocchi rappresenta una sorta di bibbia per chi si muove in questi ambiti, lui però si avvale di mezzi avanzatissimi mentre le mie analisi sono per lo più di tipo speculativo.

Invece cosa si muove nel privato e nel settore non accademico?

Per quanto riguarda le università private non sono preparato, le ho sempre sorvolate un po' per etica personale e un po' per mancanza di pecunia. Fuori dalle accademie, invece, segnalo la Fondazione ahref che svolge ricerche sulla qualità dell'informazione in Rete.

Ero anche venuto a sapere che Google Europa aveva intenzione di aprire un dipartimento di studio sociologico, speriamo che si rivelino come al loro solito dei pionieri, altrimenti, per ora non direi che il mio genere di ricerca favorisca possibilità di lavoro vere e proprie…

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"Fondamentalmente Tranelli nasce per tracciare una posizione diversa da quella promossa dai media ufficiali e dagli immigrati digitali."

Ora passiamo a trattare direttamente del tuo lavoro, una domanda quasi scontata è: come nasce una tua bufala?

Più che bufale io le definisco trollate, non ho simpatia per la disinformazione strutturata. Comunque, il punto di partenza è costituito sempre da un incrocio di fattori: il primo è cosa sto studiando in quel momento, il secondo sono i fatti di attualità. Sui social è difficile riuscire a farsi ascoltare senza parlare di un argomento "caldo" ma al tempo stesso non mi metto a costruire immagini o proiezioni della realtà, se non ho un confronto teorico al quale applicarle. E poi c'è il lol, ovviamente. Non trollerei mai se non mi divertissi a farlo, questa è un po' la base del mio pensiero…

Quando trolli prendi particolari accorgimenti tecnici—ammesso che tu li possa rivelare?

Sono cresciuto con un computer in mano, ma invece di infognarmi sul lato "tecnico" e diventare uno smanettone, ho preferito da subito approfondire il fattore relazionale della rete.

Per rispondere alla tua domanda, diciamo che per essere Tranelli un computer che regga il maggior numero di browser possibili per l'accesso in contemporanea a più account di Facebook e Twitter aiuta molto.

Ci credo…con tutti quei botta e risposta tra profili falsi che gestisci in tempo reale…

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Esatto, uno dei metodi migliori per creare polemiche dal nulla è iniziare un botta e risposta tra due profili fake per poi abbandonare la discussione così da lasciare che siano i veri utenti ad esprimersi. Se possibile posto direttamente su gruppi e pagine pubbliche—in modo da non sentirmi in dovere di cancellare i nomi delle persone quando includo degli screenshot sul blog. Al di là questo, i miei profili fanno da "massa critica": mi aiutano a procurarmi il numero di like necessario perché post e commenti vari guadagnino visibilità.

Per concludere, dato il livello di cultura digitale che dimostra la massa italiana, Paint è uno strumento più che sufficiente per quelli che sono i miei scopi. Volendo ridurre a minimi termini il concetto: quando l'immigrato digitale di età avanzata vede un prodotto graficamente curato, pensa che sia di provenienza istituzionale, invece quando è realizzato con Paint lo reputa genuino, terra-terra, in sostanza "gente" e non "casta".

Non trollerei mai se non mi divertissi a farlo, questa è un po' la base del mio pensiero…

Comunque, tornando al lato "tecnico", in un certo senso, i tuoi stratagemmi per aumentare la visibilità costituiscono un'operazione di retro ingegneria, non trovi?

Si, ma non essendo noti i funzionamenti degli algoritmi, si tratta di una scienza inesatta fatta di tentativi, osservazioni e sperimentazioni. Sicuramente funziona: l'edgerank di Facebook mi "premia"—come diciamo in gergo—e anche nei casi in cui non lo fa, gli altri utenti si rivelano comunque più interessati ad un link a cui sono già stati messi dei like o che ha ricevuto dei commenti, piuttosto che dedicare la loro attenzione ad un contenuto che parte "da zero".

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La gran parte dei miei esperimenti sociologici si basa su complottismi inventati—Totti e il NWO, Mango-Pino Daniele e gli alberi etc—a cui gli utenti sono portati a credere solo a patto che qualcuno altro lo abbia fatto prima di loro.

Ma quanti profili falsi hai e qual è la durata media della loro vita?

Ho in tutto una decina di profili anche se alcuni non li utilizzo spesso. Nessuno di questi viene chiuso perché dietro c'è un lungo lavoro di caratterizzazione dei personaggi: Tranelli cioè il troll maleducato che parla solo in caps lock sgrammaticato, la bionda stupida e frivola, il fascista ultras della Lazio, il critico musicale, eccetera… tutti hanno una loro storia alle spalle: "esistono storie che non esistono" volendo citare i grandi contemporanei.

E il tuo preferito tra questi?

Il mio primo fake si chiama "Tranelli Harlock". E' stato chiuso quando ancora facevo la tesi, poi è rinato. Ad un certo punto Facebook mi ha costretto a cambiare il nome in "Carlo Tranelli"—ho scritto un pezzo al riguardo. Dopo la polemica delle drag queen costrette a registrarsi con il loro nome di battesimo, però, il sito ha nuovamente concesso l'utilizzo di nomi falsi.

Si tratta decisamente del mio profilo preferito, anche la mia tesi discussa prima dell'apertura del blog contiene la dedica "In memoria di Tranelli".

"Per la costruzione dei personaggi mi ha aiutato sicuramente l'aver studiato anche sceneggiatura. Ma a differenza delle fiction, le mie creazioni nascono al servizio di uno scopo."

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Puoi dirci qualcosa di più sul lavoro di caratterizzazione dei profili falsi?

Io credo che i social network siano una sorta di palcoscenico in cui ognuno recita la propria parte. Per essere accettata basta che sia credibile, rispettabile e che corrisponda ad una visione di un altro già esistente. Ne parla Bauman in "Modernità liquida", definendo "la buona creanza": l'atteggiamento per cui i cittadini non sono realmente sé stessi in pubblico ma indossano una loro maschera.

Per la costruzione dei personaggi mi ha aiutato sicuramente l'aver studiato anche sceneggiatura. Ma a differenza delle fiction, le mie creazioni nascono al servizio di uno scopo.

Ad esempio, quando ho ideato Marika, la bionda di cui sopra, mi serviva la ragazza più frivola possibile, in modo che tutti la credessero convinta seriamente che Sciascia avesse criticato il Movimento 5 Stelle. Quella creazione si è rivelata talmente realistica che, pur essendo intervenuto direttamente spiegando a tutti che il mio profilo era un fake, la gente preferì pensare che fossi solo un amico di Marika corso in suo aiuto per salvarle la faccia…

Uno dei primi aspetti a cui bado per aumentare la credibilità di un personaggio è il contesto in cui sto scrivendo: a chi mi sto rivolgendo? Come la pensa? Tanto per fare un esempio, con il profilo dell'ultras fascista non sono iscritto solo a gruppi strettamente fascisti, ma anche a Fratelli d'Italia, Lega Nord, grillismi di destra, forconi, etc

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Stabilito questo, cerco di capire qual è il modo più divertente di relazionarmi con gli altri utenti: in genere non entro in determinate discussioni per essere assertivo ma devo comunque riuscire a far credere di stare dalla stessa parte dei soggetti che intendo provocare, devono credermi uno di loro. Solo a quel punto posso inserirmi nel discorso per portarli a dire cose che non pensano neanche o che non direbbero mai per fede politica, cercando, però, di arrivarci con argomentazioni che al contrario li trovano d'accordo. Tieni conto che in tutto questo la rapidità è indispensabile: bisogna saper commentare in breve tempo senza lasciar finire il thread nel dimenticatoio.

Immagino che ricreare delle finte interazioni tra i vari profili non sia per nulla facile. Cerchi di immedesimarti nei tuoi personaggi? Hai sviluppato delle tecniche particolari?

Esiste senz'altro una componente di immedesimazione nel personaggio. In un mondo fatto per lo più di testo la sintassi è fondamentale. Assimilare il modo di parlare, le espressioni ricorrenti, il punto di vista sulle questioni che poi sono quasi sempre diversi dal mio, non è facile, ma col tempo ho trovato i miei automatismi per riuscirci (o forse la psicopatia) (ridiamo).

Per finire mi piacerebbe che ci raccontassi qual'è la trollata di cui vai più fiero—se così si può dire.

Bella domanda. Questa mi ha regalato grandi gioie: un meme in cui ho collegato vari elementi del selfie che Totti si è scattato in campo volto a svelare che si trattava di un rituale di omaggio alla massoneria e al nuovo ordine mondiale con riferimenti al presunto auto-attentato delle torri gemelle.

Possiamo reputarlo il tuo "capolavoro"?

No, credo che il mio "capolavoro" sia questo. Non per altro, ma perché la storia di Mango e Pino Daniele è talmente assurda che sono rimasto a bocca aperta quando ho visto che veniva condivisa.

A differenza della trollata su Totti, la quale mi ha fatto prendere per lo più una marea insulti da parte degli ultras—e qui torniamo alla questione: siamo sicuri che siano i troll quelli che insultano per davvero?—questa ha trovato centinaia di condivisioni nei gruppi di complottari. Per chi vive di false flag e cospirazioni, robe del genere sono il pane quotidiano, possono credere a qualsiasi genere di storia. Il complotto da sventare in questo caso era indovinare chi, dopo MANGO e PINO, sarebbe stato il prossimo a venire eliminato: FERRO? FIBRA? ZUCCHERO?

Che storia incredibile. Non vedo l'ora di leggere il tuo prossimo post. Grazie per la disponibilità e il tempo concesso spero di non averti trattenuto troppo…

Vivo al computer, fai pure…