Il nuovo multiplayer di 'Doom' è un vorticoso fiume di sangue
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Tecnologia

Il nuovo multiplayer di 'Doom' è un vorticoso fiume di sangue

La versione multiplayer di Doom che ho provato al QuakeCon è azione alla massima potenza.

Il nuovo Doom ricompensa chi esita con una morte istantanea, chi è svelto con la vittoria e ha il pregio di aver riflettuto su se stesso per riempirsi di nuovi contenuti. Siete spaventati? Avete bisogno di fermarvi per respirare? Vorreste giocare in maniera più sicura? Beh, allora morite, sembra volerci comunicare chiaramente.

Queste, le mie impressioni della versione multiplayer di Doom che ho provato al QuakeCon, la festa-convention-torneo-per-multiplayer che si tiene annualmente a Dallas ed è giunta alla sua ventesima edizione. Proprio in quell'occasione ho messo le mani sul nuovo Static Cannon che rappresenta la filosofia del videogame in uscita. Dovete correre per utilizzarlo, sparare raggi laser mentre balzate da passerelle che si stagliano sopra acciaio fuso per ricaricarvi di energia. Fermatevi a pensare e finirete malamente. Non c'è nessun riferimento all'horror del Doom 3 del 2004 che scontentò diversi fan dell'originale nonostante fosse innovativo per la sua epoca.

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Il nuovo Doom è azione alla massima potenza, lo Schwarzenegger degli anni Ottanta lo adorerebbe. Come ha proclamato durante la presentazione al QuakeCon l'art director di Doom Hugo Martin, giocare al nuovo Doom è come essere "Bruce Lee con un'arma da fuoco sopra ad uno skateboard".

Il produttore esecutivo di Doom Marty Stratton è fiero del suo prodotto. Vuole che diventi il nuovo, vero Doom, fatto su misura per una nuova generazione senza nessun tributo da rendere alle precedenti versioni, questo è il motivo per cui il team lo ha battezzato semplicemente "Doom" invece di "Doom 4".

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E`anche irriverentemente violento, anche il Doom originale lo era, ma il prossimo gioco del 2016 riprende quella sensibilità e la reinventa attraverso la verisimiglianza ottenibile con la tecnologia contemporanea. Non è concepito per spaventare come lo era Doom 3 piuttosto Stratton sostiene che la chiave per comprendere l'ultraviolenza del nuovo Doom risiede nella brutalità esageratissima di un film come "La casa" di Sam Raimi.

Il demo del multiplayer è quasi moderato, ma il trailer del terzo episodio di Doom ha sollevato una marea di critiche come fece l'originale del 1993. Nel giro di un minuto e mezzo, si vedono busti che esplodono sotto i colpi d'arma da fuoco, braccia che volano per aria e una motosega attraversare un demone dalle spalle alle budella. Il sangue schizza sui muri come la vernice in un dipinto di Pollock e ad un certo punto il Doomguy, il personaggio che controllate nel gioco, balza sulla testa di un demone caduto a terra facendola esplodere come un palloncino pieno di salsa di pomodoro.

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Le crtiche non scuotono Stratton.

"La brutalità intrinseca è parte di Doom", dice sogghinando, "inutile negarlo, è inscritta nel DNA del gioco". La violenza eccessiva è stata sin da subito uno dei punti fissi emersi sin dai primi brainstorming durante la progettazione, ricorda, e sottolinea che comunque i giocatori commettono tutte questi atti orribili su dei demoni.La giustificazione è sensata dato che la violenza nel multiplayer è piuttosto sfumata.

Immagine courtesy di Bethesda Softworks

Al contrario, Stratton sembra piuttosto turbato quando cita la grande quantità di videogame in cui i giocatori "sterminano persone su persone sopra campi di battaglia o in qualsiasi altro tipo di situazione". L'obiettivo dei loro sviluppatori invece, dice, era di immettere nell'uccisione dei demoni una dose di "follia fumettosa e sopra le righe" ispirata appunto al film "La casa" per rendere tutto più divertente.

"La nostra cartina al tornasole per capire come ci stiamo muovendo è osservare le nostre reazioni o quelle degli altri mentre si gioca, se quando succede qualcosa di spaventoso o di splatter ridacchiamo, sappiamo di essere sulla strada giusta".

Se qualche elemento ci fa distogliere lo sguardo o ci disturba, aggiunge, è meglio lasciar perdere.

Nel bel mezzo di una delle mie partite con il multiplayer, un giocatore dall'altro lato del tavolo ha iniziato ad urlare "Brutal Doom! Brutal Doom!" mentre un altro dei miei compagni di squadra cadeva sotto uno dei suoi colpi d'arma da fuoco. E`un riferimento allla ben noto mod del gioco originale creato da Sergeant_Mark_IV. Definito "esilerante" da John Romero uno degli sviluppatori originali di Doom, il mod rispetto all'originale è pieno di parti del corpo che volano per aria e sangue che schizza da tutte le parti, praticamente lo stesso tipo di cose presenti nel trailer del terzo episodio, anche se Stratton non si è sbilanciato così tanto da dire che il mod ha rappresentato un'influenza.

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"Siamo al lavoro su questa versione di Doom da un po' di tempo quindi sarebbe meglio dire che ci siamo mossi su binari simili", dice Stratton, sostenendo che non si ricorda neanche la prima volta in cui ha visto il mod. "La violenza è parte di Doom. Non mi sorprende che abbiamo seguito percorsi simili".

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Brutal Doom è nato nella community di fan dei mod ed è un buon segno che i giocatori che mi circondavano durante le partite multiplayer parlassero già dei mod che avrebbero voluto vedere della prossima versione. La cosa che li eccita più di tutte sono i contenuti generati dagli utenti attraverso SnapMap, il sistema di design che permette anche ai principianti di creare i loro scenari. Per testare l'efficenza di SnapMap, dice Stratton, lo ha provato lui stesso che, dopo vent'anni nell'industria dei videogame, non utilizza ancora gli strumenti che gli sviluppatori adottano per creare i giochi.

"Mi metto seduto e inizio a creare contenuti con SnapMap: le mie modalità di gioco o piccole esperienze per giocatori singoli e multipli", rivela, "quando crei qualcosa da te sopravviene sempre un senso di orgoglio. Credo che sia piuttosto popolare ora e sono contento che sia una parte importante di Doom".

Infatti, i contenuti generati dagli utenti sono una delle idee alla base del nuovo Doom, sin dall'inizio del suo sviluppo assieme alla caratteristica violenza.

Tornando alla mia partita multiplayer, Ana, l'unica donna nella mia squadra (e dell'intero tavolo) si è messa a urlare e ha sbattuto le mani sul mousepad. "Pezzo di stronzo maledetto", ha esclamato, "mi ha uccisa di nuovo!".

Mi ha fatto ridere e ho riso ancora di più quando un altro giocatore mi ha inferto una coltellata alla schiena durante il mio momento di disattenzione. Ana si era eccitata e l'aggressione sembrava averla resa più forte e allora boom: tre nemici fatti fuori con un solo colpo di lanciarazzi. Il suo attacco mi ha fatto realizzare che si stava comportando come un uomo proprio come il resto di noi. Più tardi, ho chiesto a Stratton se il suo team avesse mai considerato l'ipotesi di creare una versione femminile del "Doomguy" o comunque di renderla disponibile tra le opzioni di scelta.

"Sai, abbiamo sempre pensato al "Doomguy' come al giocatore", spiega, "il modello è un personaggio maschile, ma non abbiamo imposto apertamente nel gioco la sua mascolinità". Il Doomguy resta in silenzio per la maggior parte del tempo e Stratton sostiene che questo ha aiutato il team a non forzare i giocatori a pensare o sentirsi in una qualche determinata maniera.

"I giocatori pensano, 'mi faccio una partita a Doom per fare macello e ammazzare un po' di demoni" e noi abbiamo utilizzato questo come motivazione".

E`una buona motivazione. Il tempo che ho passato a giocare a questa versione di Doom avrebbe potuto concentrarsi su altri giocatori più che sui demoni, ma ho ammirato il suo aspetto casinista rispetto ad altri sparatutto più complicati in cui bisogna guardarsi le spalle l'un altro. Un promemoria graditoche ci ricorda che per quanto una grafica di un gioco possa diventare sempre più realistica è sempre bello fornire delle mosse ispirate ai giochi più vecchi come salti altissimi o movimenti a velocità disumane. Quasi tutti i giocatori, quasi senza eccezzioni, sorridevano a fine demo ed io ero tra di loro. Nella sua mancanza di pretese e nel suo evitare le "innovazioni" in favore di ciò che funzionava bene anche vent'anni fa, mi è sembrato quasi rivoluzionario.