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Tecnologia

Cosa significa essere bambini plusdotati in Italia

Nel nostro paese avere otto anni e un quoziente intellettivo di 150 punti è tutt'altro che semplice.
Bambini durante un campo estivo di Stepnet. Foto di Attilio Biffi

Giacomo (nome fittizio) ha iniziato a parlare e camminare a otto mesi. A un anno e mezzo riconosceva già i numeri e oggi, a otto anni, è in grado di memorizzare perfettamente tomi di storia romana, suonare alla chitarra una canzone appena ascoltata (ha l'orecchio assoluto) e descrivere nitidamente immagini di quando era ancora in fasce. Anche se già lo sospettava, la mamma Lucia (altro nome fittizio) lo ha saputo con certezza solo a dicembre: Giacomo è un bambino plusdotato, cioè ha un quoziente intellettivo eccezionalmente al di sopra della media.

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Per scoprirlo ci sono voluti test specifici e colloqui con psicologi, al termine dei quali è emerso che il bimbo presenta un'intelligenza non comune, con un QI di 150 punti contro i 100 della media. Generalmente, con un punteggio oltre i 140 si viene considerati "geni" (Einstein si dice avesse 160). La famiglia di Giacomo ha accolto la notizia con preoccupazione: "Cosa fare?". Perché, contrariamente a quanto si possa pensare, essere genitori di un bambino ad alto potenziale cognitivo è tutt'altro che semplice, tanto più se si vive in Italia.

Suo figlio è un gifted kid

"Ci eravamo accorti fin dai primi anni di vita che Giacomo era un bimbo particolarmente sveglio, ma non ci siamo mai posti troppe domande", racconta Lucia. "I segnali d'allarme sono stati i primi problemi a scuola, in terza elementare; la maestra ci convocò per dirci che Giacomo si distraeva spesso e che la correggeva continuamente durante le spiegazioni, creando confusione in classe". A quel punto Lucia, insospettita, ha scoperto il mondo della plusdotazione attraverso la onlus Stepnet, un interlocutore per insegnanti e famiglie specializzato in "giftedness" (QI oltre i 120 punti). "È stata Viviana Castelli, presidente dell'associazione, a indicarmi come procedere per capire se Giacomo era plusdotato", continua la mamma, confidandomi che tra i banchi di scuola nessuno aveva saputo identificare con chiarezza l'alto potenziale del bambino.

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Ma Giacomo sa di essere diverso dai suoi coetanei? "Recentemente mi ha raccontato un suo sogno: si guarda allo specchio, ma non si vede riflesso. Quindi probabilmente sì, sta chiedendosi chi è, ma fa ancora fatica a riconoscersi e a capire in che modo sia fuori dal comune", risponde Lucia.

Oltre alla memoria di ferro e alla precocità nell'iniziare a parlare e a leggere, i gifted kid si contraddistinguono per la personalità molto articolata. "Non rispettano alcuna autorità, odiano sentirsi dire cosa fare, non sanno mettersi in gioco perché hanno il terrore di perdere. Sono straordinariamente acuti, creativi, empatici e ricettivi. Ipersensibili, provano emozioni sempre amplificate", spiega la presidente di Stepnet (e mamma di due gifted). La loro è un'intelligenza ramificata, cioè si sviluppa di continuo in nuove direzioni, proprio come i rami di un albero. Tentare di contenerla è un'impresa.

Istruzioni per l'uso

Dato che, come ci ha spiegato il presidente di Mensa Italia, Pierluigi Lenoci, il test del QI del Mensa è accessibile solo una volta compiuti i sedici anni, per valutare il livello di intelligenza dei bambini come Giacomo—ma anche di quelli che presentano disturbi dell'apprendimento—li si sottopone di norma al test WISC-IV (Wechsler Intelligence Scale for Children), sotto lo sguardo di uno psicologo. Si tratta di una batteria di quesiti divisa in tredici subtest distinti in una parte verbale (ragionamento, somiglianze, vocabolario etc) e in una di performance (completamento di figure, disegno con i cubi, cifrario etc). Il problema è che, una volta scoperta l'eventuale plusdotazione, non c'è molto da fare. Il sistema scolastico italiano infatti non prevede ancora alcun programma didattico alternativo per gli alunni ad alto potenziale cognitivo. E inoltre gli insegnanti non ricevono alcun tipo di formazione a riguardo, a meno che decidano di partecipare spontaneamente a corsi di aggiornamento sul tema, non imposti dal Ministero, ma organizzati da associazioni come Stepnet.

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"La scelta di rivelare agli insegnanti che il proprio figlio è ad alto potenziale fa paura perché spesso si viene scambiati per genitori che vogliono esaltare i figli"

La situazione in Italia: il vuoto normativo

In Italia infatti, la realtà dei bambini plusdotati—circa il 5% della popolazione scolastica, ovvero una media di uno per classe—per quanto significativa a livello numerico, passa ancora quasi inosservata. Mentre negli altri paesi europei il fenomeno dei gifted kid è più o meno noto e accettato, nella penisola c'è ancora molta ignoranza in materia. In particolare, questa asimmetria è dovuta in gran parte all'assenza di una normativa nazionale specifica che permetta di regolare l'identificazione degli allievi ad alto potenziale e di sviluppare piani didattici ad hoc. La situazione è tale, nonostante già nel 1994 l'UE—con la raccomandazione n.1248 del Consiglio d'Europa—avesse esortato gli Stati membri ad adottare misure a favore dei bisogni di questa categoria di alunni.

In questo quadro, l'unico ponte tra gli enti scolastici e le famiglie è costituito dalle associazioni ONLUS del territorio specializzate su questa tematica, come la citata Stepnet e Aistap. Le famiglie si sentono sole: "A scuola la plusdotazione è ancora un argomento tabù. La scelta di rivelare agli insegnanti che il proprio figlio è ad alto potenziale fa paura perché spesso si viene scambiati per genitori che vogliono esaltare i figli e giustificare così alcuni atteggiamenti 'poco consoni' alla vita tra i banchi", spiega la Castelli.

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A scuola: risultati brillanti, livellamento o underachievement

Il principale risvolto di questi ventidue anni di vuoto normativo si osserva nelle scuole dove, fatta eccezione per il Veneto, mancano ancora percorsi didattici specifici per gli alunni plusdotati. Come spiega Lucia, "il risultato è che spesso questi bambini non vengono riconosciuti e finiscono per essere livellati, isolati, scambiati per ragazzi con Dsa (Disturbi Specifici di Apprendimento) o iperattivi (a cui viene prescritto il Ritalin)". Non individuare una plusdotazione può indurre spesso all'abbandono scolastico oltre a portare a un rendimento scarso.

Infatti, chi l'ha detto che intelligenza è sinonimo di ottimi voti? Al contrario, "spesso i ragazzi plusdotati hanno problemi sui banchi", ha raccontato Viviana Castelli. "Sono abituati a capire le cose al volo, senza studiare. Quindi, quando serve avere metodo per raggiungere un risultato, non ne sono capaci e vanno male". Infatti, come si legge sul sito di Stepnet, "Un aspetto piuttosto critico è la difficoltà ad autodisciplinarsi: poiché sperimentano sin da piccoli una relativa facilità nell'apprendimento e nella soluzione dei problemi, possono convincersi che a garantire il successo non sia tanto lo sforzo personale, quanto la loro innata abilità". Atteggiamento questo controproducente perché, in caso di fallimento, i gifted rischieranno di mettere in gioco la propria autostima e non il proprio metodo, con effetti molto più dannosi.

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Un disegno di Giacomo

Consigli (e speranze) per il futuro

Lucia, oltre a essere la mamma di Giacomo, è anche un'insegnante di lettere in un liceo della Brianza. Come professoressa, si sta dando da fare per sensibilizzare i suoi colleghi riguardo l'argomento plusdotazione mettendoli in contatto con Stepnet e cercando di sviluppare piani didattici alternativi. "Purtroppo in Italia si accetta la diversità solo se è ipodotazione", dichiara la prof. "Esistono già i piani didattici per i BES (Bisogno Educativo Speciale). Ma come mai nei BES non rientra anche la plusdotazione, ma solo i Dsa? I gifted kids dovrebbero poter disporre di una linea didattica più vivace che li aiuti a sviluppare le loro capacità". Secondo Viviana Castelli ne deriverebbero solo effetti positivi. "Oltre a formare persone con alto potenziale che rimarrebbero al servizio del paese, si abbasserebbero anche i costi sociali, dal momento che la plusdotazione, se non seguita a dovere, può condurre allo sviluppo più frequente di disturbi psichici".

Il primo passo verso il supporto reale e la valorizzazione dell'intelligenza di questi bambini rimane il riconoscimento istituzionale della plusdotazione. Da lì si spera che, tra le varie vicissitudini, tra qualche tempo Giacomo riesca a vedere il suo riflesso ben distinto nello specchio del sogno.

Ho utilizzato nomi fittizi perché la famiglia mi ha chiesto di rimanere anonima, dato che non ha ancora rivelato alla scuola la plusdotazione del figlio. «La paura è quella di non trovare negli insegnanti interlocutori aperti, informati e pronti all'ascolto e al confronto e finire per essere giudicati genitori che vogliono solo esaltare il proprio figlio», ha dichiarato "Lucia".