La prima partita a calcio della mia vita l'ho fatta su FIFA 18

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La prima partita a calcio della mia vita l'ho fatta su FIFA 18

Poteva andare peggio.

Quando mi è stato chiesto se volevo partecipare all'anteprima del gioco di calcio FIFA 18, svoltasi lo scorso 26 maggio a Milano (in vista della presentazione ufficiale al prossimo E3 di Los Angeles), per poi parlarne in un pezzo, ho esitato qualche minuto prima di accettare: avevo il sospetto che nessuno nella redazione di Motherboard volesse occuparsi di un titolo di questa portata commerciale, perché tutti troppo impegnati a recensire i loro giochi indie artsy per avvicinarsi all'ultimo erede di uno dei più floridi franchise del momento.

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Purtroppo io per primo non sono esattamente un ultras: credo di essere uno dei pochi al mondo a poter affermare di "non aver mai giocato a calcio." Non solo nei videogiochi, dico proprio nella vita.

Alla fine, nella speranza di produrre il peggior pezzo possibile al solo scopo di fare un dispetto alla testata, mi sono imbarcato in questa avventura con il pensiero di essere — se non altro — un grande appassionato di videogiochi, e ho lasciato a casa tutti i miei pregiudizi.

L'atmosfera che si respirava durante la presentazione era piuttosto concitata

Purtroppo, il "trend" comune a molti giocatori di denigrare i franchise particolarmente produttivi quando questi ultimi non riescono a innovare i propri titoli in modo efficace, si sta ormai facendo sempre più pressante: basti considerare la lenta discesa di Assassin's Creed verso i bassissimi dati di vendita di Syndicate, il capitolo più recente della saga targata Ubisoft, molto lontano dalla gloria esplosiva del primo.

Ma lamentarsi del continuo proliferare del mercato dei videogiochi calcistici in particolare sembra essere diventato proprio uno sport ( oh, the irony!), che festeggia annualmente in contemporanea al rilascio dell'ennesimo titolo di FIFA: se ne leggono di tutti i colori, dalle critiche becere e anti-calcistiche ("Ma che me ne frega di 4 scemi che corrono dietro ad un pallone") fino a quelle sicuramente più costruttive che prendono in esame più che altro i tentativi di innovazione fatti di capitolo in capitolo, che sembrano però risultare sempre meno efficienti e degni di nota.

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L'ultima volta che un FIFA è stato pubblicato, ha venduto 40 volte di più del suo diretto competitor PES e il 18 percento in più dell'edizione del 2016. È impossibile non rimanere impressionati da questi dati. Anche per questo motivo, l'atmosfera che si respirava durante la presentazione era piuttosto concitata: di fronte a una platea di un paio di dozzine di persone, gli sforzi del produttore associato di FIFA Sam Rivera nel presentare i cambiamenti e le novità del titolo, sembravano cercare di giustificare l'hype e l'attesa del nuovo capitolo, anche quando era chiaro che non avrebbero potuto essere poi così incisivi.

Il problema degli eventi in anteprima è che non puoi fotografare niente.

Mi è apparso evidente per la prima volta il dramma dello sviluppatore EA, che, circondato da animatori e rigger, deve concentrarsi sul numero di passi che compie un giocatore basso rispetto ad uno alto per percorrere la stessa distanza, o all'intelligenza artificiale che governa i movimenti della folla sugli spalti, per poter dire di offrire qualcosa di concretamente innovativo.

Si tratta di un dramma comprensibile, dato appunto il peso delle responsabilità nei confronti degli utenti che ogni anno rimangono fedeli al franchise, e visti anche i tentativi a partire dall'edizione dell'anno scorso di conferire spessore all'esperienza di gioco sulla lunga distanza, inserendo addirittura uno story mode — ovvero una modalità in cui si segue una trama tra una partita e l'altra del campionato — con un protagonista fisso sul quale si può concentrare il giocatore.

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Quando l'ho visto — ignaro del fatto che fosse già presente nell'edizione precedente — ho subito pensato: "uno story mode in un gioco di calcio? Che cosa bizzarra, sarebbe come mettere un gioco di pallanuoto spaziale in un Final Fantasy!"

Tutto ciò tralasciando l'importanza quasi grottesca che è stata data alla figura di Christiano Ronaldo per quanto riguarda il lavoro fatto sull'edizione 18: non solo è stato il punto cardine di tutta l'attività di promozione, ma parte della presentazione è stata dedicata specificatamente al fatto che adesso il personaggio di Ronaldo corre, calcia, bestemmia in panchina in maniera IDENTICA alla sua controparte reale. E non è l'unico ad essere stato riprodotto con lo stampino digitale all'interno del gioco.

Molti titoli sportivi EA si confermano il miglior modo che un giocatore qualunque avrebbe di essere parte al mondo del calcio internazionale

Malgrado le mie perplessità, l'esperienza dell'anteprima è stata comunque positiva, complice anche le tartarine di tonno servite come rinfresco per il pranzo.

Il problema vero, a parte i miei dubbi relativi all'anteprima di FIFA 18, è che ci troviamo di fronte ad un'operazione commerciale incredibilmente longeva e redditizia, ma che è concretamente basata esclusivamente sulla concessione di licenze, di sponsorship e di pubblicità all'interno dello stesso mondo del calcio.

E lo stesso accade in molti altri titoli sportivi EA, che vendono quantità imbarazzanti di copie sicuramente perché sono degli ottimi giochi, ma soprattutto perché si confermano il miglior modo che un giocatore qualunque avrebbe di essere parte al mondo del calcio internazionale, come a quello dell'NBA americana, in maniera più realisticamente pertinente possibile, grazie appunto alle licenze ufficiali.

Ma non tutto il male viene per nuocere, e qualsiasi sia il metodo con cui FIFA fa girare soldi, non può che giovare al mercato dei giochi tripla A, in costante discesa: è comune vedere grosse produzioni che optano per un remake di un qualche loro titolo della precedente generazione per racimolare un po' di soldi "sicuri" e mandare avanti i futuri blockbuster.

Il caso più eclatante è appunto quello di Ubisoft con la serie di Assassin's Creed: è parere comune che aver annualizzato le uscite della serie abbia stroncato le vendite, costringendo la produzione a rendere discontinuo l'intervallo annuo. Questo significa perdita, e quando un colosso come la Ubisoft non riesce a rientrare, è un problema per tutto il mercato. FIFA non fa remake e ha il merito di non mancare l'appuntamento annuale da praticamente 20 anni, incassando e sfondando i record dell'anno precedente ogni volta.

E questo non può che far bene a tutta l'industria.

Certo, va detto che EA, se escludiamo i giochi sportivi, sforna praticamente solo moviegame e altra spazzatura, ma questo è un altro discorso, di cui spero non mi chiedano mai di scrivere.