FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Perché Twitter non deve morire

Twitter ha appena compiuto 10 anni e sembra sia a un passo dal disastro. Ecco perché non deve morire.

Ieri Twitter ha compiuto 10 anni, auguri Twitter. Sul social network hanno festeggiato tutti con con l'hashtag #LoveTwitter—Fuori da esso, però, il clima non è lo stesso: sono anni che Twitter non se la passa tanto bene.

Tutto ha inizio il 7 novembre 2013, quando Twitter, debuttando in borsa, presenta la sua IPO—offerta pubblica iniziale—a 26 dollari per azione. La prima seduta si chiude in positivo, sfiorando il picco di 44.9 dollari per azione, il 73% in più rispetto alla IPO—Il sogno continua fino al 26 dicembre, quando Twitter, con una vetta di 73 dollari per azione, comincia la sua inesorabile discesa. Gli investitori giorno dopo giorno perdono fiducia; il problema è semplice: Twitter non produce introiti.

Pubblicità

Il colpo di scena si consuma l'11 giugno 2015, quando viene annunciato che Dick Costolo, CEO di Twitter, si sarebbe dimesso lasciando il posto al fondatore Jack Dorsey. Il segnale è chiaro: non sono solo gli investitori, anche nell'azienda stessa comincia a serpeggiare la sensazione che Twitter potrebbe non farcela. È qui che comincia la parabola dei cambiamenti—prima si pensa a nuove funzioni, poi a uno svecchiamento dell'interfaccia, infine l'annuncio che fa tremare gli utenti: Twitter avrebbe sposato l'economia degli algoritmi.

Si tratta di tentativi di tappare le falle di una gigantesca nave che sta prendendo acqua da ormai troppo tempo—In un certo senso, però, l'unico vero motivo per cui Twitter ha ragione di esistere sono proprio questi buchi, e tapparli significherebbe snaturare la piattaforma a tal punto da renderla inutilmente simile a quelle già esistenti.

Il sistema che regola le dinamiche di interazione all'interno di Twitter è un sogno che si avvera.

Il sistema che regola le dinamiche di interazione all'interno di Twitter è un sogno che si avvera: dalla possibilità di avere una lista di entità a cui si è interessati (i following) fino ad avere un pubblico speculare (i follower), i retweet sono la ciliegina sulla torta di un meccanismo che fa dello scambio di opinioni e idee il suo punto cardine.

In un ecosistema digitale il cui imperativo è rendere gestibile il flusso di informazioni a cui ogni giorno siamo sottoposti, il rischio è quello di sottometterci alle dinamiche di conoscenza che le piattaforme stesse mettono a disposizione per massimizzare il rapporto tra usabilità e introito. Questo processo ha un nome: è il fenomeno della filter bubble, i cui protagonisti sono i famosi 'algoritmi' che regolano sempre di più i contenuti che ci è permesso vedere su internet. Succede con Facebook, succede con Google e succede anche con Amazon. Twitter, invece, esula naturalmente dalla bolla di filtraggio, la filter bubble—Ed è proprio per questo che non produce introiti.

Pubblicità

È proprio per questo motivo che Twitter non deve morire. In un internet sempre più dominato da contenuti che "ci piacciono", è fondamentale poter sfruttare uno strumento basato sulle stesse dinamiche sociali del web semantico, ma avulso dalle sue dinamiche commerciali. Per il lavoro che faccio, per esempio, Twitter è una fonte di informazione letteralmente inestimabile: la quantità e il tipo di contenuti che riesco a recuperare con una visita da pochi minuti sulla piattaforma non è equiparabile in nessun modo ai risultati che ottengo altrove. I punti di vista, le personalità e il carattere stesso dei contenuti ma garantiscono un colpo d'occhio estremamente più ampio e arricchente di quello che potrei trovare su Facebook, naturalmente legato a dinamiche più locali ma ormai assimilato a hub informativo molto più generale.

In senso estremo, la morte di Twitter potrebbe minare le premesse stesse che permettono a uno stato democratico di manifestarsi, ovvero una cittadinanza informata. Non parlo degli strumenti offerti dalla piattaforma stessa:i Trending Topic sono spesso falsati e la magia della "social TV" non è altro che uno specchio per le allodole per nostalgici del Bagaglino—Espandere un medium passivo con un impianto comunicativo per natura immediato e mai completamente esauriente non rivoluziona il medium di partenza, ma anzi ne maschera i limiti ormai definitivamente giunti al capolinea.

Pubblicità

Quello che mi preoccupa è che un domani possa scomparire un piattaforma di queste dimensioni e con questo tipo di dinamiche: Twitter è ormai troppo grande per crollare da un momento all'altro, e le possibilità che ci fornisce sono il prezzo da pagare per essere così in perdita. L'emergere di canali di informazione geo-specifici e catalogati (gli hashtag, spesso collegati a eventi specificatamente locali) la cui potenza è enormemente amplificata dalla possibilità di fare il giro del mondo in tempo zero (grazie ai retweet) è un bene inestimabile che, per esempio, Facebook non ci può garantire.

La 'rete' concepita da Twitter è aperta e indipendente da quella che si manifesta nel mondo reale, e l'unica condizione necessaria alla sua esistenza è quella di collegare persone con interessi simili. È la semantica stessa del sito a dimostrarlo: su Twitter si diventa seguaci, non si stringe amicizia. Inoltre, le dinamiche di gestione della privacy non rendono concretamente possibile l'apparizione di ostacoli concreti a questa diffusione di informazioni—Mentre su Facebook un'opzione può interrompere inevitabilmente un flusso, su Twitter il sentiero è sempre percorribile in entrambi i sensi: dalla fonte al lettore e dal lettore alla fonte.

Benché Twitter soffra di una serie di problematiche concrete (le molestie, su tutte) e il suo futuro sia incerto (troppo grosso per morire, ma gli investitori fiduciosi un bel giorno finiranno), è necessario sfruttarlo ora e subito iscrivendosi, cercando e seguendo personalità che riteniamo interessanti, retwittando i contenuti che ci sembrano validi e, perché no, produrne direttamente di originali. Si tratta di un modo radicalmente diverso per indicizzare il web, genuinamente votato alla diffusione di contenuti degni di nota su uno spettro di argomenti potenzialmente infinito.

Per questo Twitter non deve morire, perché a differenza di altri social network ci può ancora fare un gran bene.

Segui Federico su Twitter: @nejrottif