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Tecnologia

Verso un futuro di cybernonni

L'età media della popolazione mondiale si sta innalzando sempre di più, il futuro è dei cybernonni?
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Il grado di sostenibilità della nostra società è largamente influenzato anche dall'età media dei suoi membri. Il progressivo invecchiamento della popolazione, infatti, rappresenta una delle sfide più critiche che il mondo industrializzato dovrà affrontare in futuro.

Secondo le stime, tra 40 anni quasi il 35% degli europei avrà più di 60 anni, diventa quindi di vitale importanza fornire soluzioni che consentano a tutti di rimanere attivi e soprattutto indipendenti il più a lungo possibile.

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Se sarà sempre più difficile ricevere assistenza da parte di persone più giovani, l'unica opzione sarà quella di affidarsi alla tecnologia per soddisfare le proprie esigenze e proprio la robotica potrebbe rappresentare la soluzione ideale per garantire un welfare sostenibile.

Nicola Vitiello è una vecchia conoscenza di Motherboard, attualmente è Professore presso l'Istituto BioRobotics della Scuola Superiore Sant'Anna. Ha ricoperto la carica di segretario scientifico del settimo progetto PQ CA-RoboCom dell'Unione Europea ed è Project manager del progetto CYBERLEGS.

I suoi principali interessi di ricerca includono lo sviluppo di piattaforme robotiche per studi neuroscientifici e la progettazione di dispositivi robotici indossabili per favorire l'assistenza e la riabilitazione motoria.

Il professore terrà un talk all'interno di Wearable Tech Torino intitolato "Wearable robotics for a sustainable ageing" cogliendo anche l'occasione di presentare i seguenti dispositivi: l'esoscheletro per il gomito NEUROExos, l'esoscheletro per la mano HANDEXOS e l'Active Pelvis Orthosis per il bacino sviluppata nell'ambito del progetto CYBERLEG.

Abbiamo raggiunto telefonicamente il relatore per discutere i suoi ultimi progetti e il futuro dell'invecchiamento.

Motherboard: buongiorno Nicola, quali sono gli aspetti innovativi del vostro lavoro?

Nicola Vitiello: nel nostro Laboratorio di robotica indossabile ci occupiamo di sviluppare esoscheletri. Ultimamente l'attenzione che gravita intorno a questo genere di tecnologie è cresciuta molto grazie anche al ruolo svolto dalla cinematografia: basti pensare ad Iron Man oppure ad Edge of Tomorrow.

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Le prime ricerche in questo campo nascono, come spesso accade anche per altri ambiti, in campo militare. I primi esperimenti si sono svolti negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e Sessanta, gli eredi di questi primi prototipi sono i contemporanei Cyber Soldier.

Noi, al contrario della ricerca militare, ci dedichiamo ad un diverso ambito applicativo, quello mirato ad aiutare soggetti con disabilità miti, tali da non impedire completamente di svolgere un determinato compito. Tanto per intenderci, un paziente con una gamba amputata a cui è stata applicata una protesi o un anziano fragile conservano la capacità di camminare però si limitano a farlo lo stretto necessario a causa delle difficoltà imposte dalla loro condizione.

Per descrivere il nostro progetto spesso eseguo il parallelo con uno strumento sempre più popolare come la bicicletta a pedalata assistita. A differenza, ad esempio di un motorino, a bordo di questi mezzi non è possibile spostarsi senza effettuare uno sforzo fisico, semplicemente la pedalata viene resa più fluida.

L'uomo ha una enorme capacità di rigettare tutto ciò che non è pronto.

Possiamo dire, quindi, di essere sulla soglia di una rivoluzione cyborg?

Se guardiamo alla storia del progresso tecnologico, a un certo punto l'uomo ha sviluppato la necessità di creare un movimento meccanizzato per evitare di compiere in prima persona alcuni lavori faticosi. Per quanto riguarda la prima rivoluzione industriale la spinta innovativa è stata favorita dal telaio meccanizzato. Successivamente lo sviluppo dei motori a scoppio ha portato alle macchine alimentate a carburante per espandere le nostre capacità di spostarci nello spazio e di coprire grandi distanze. L'ultima grande ondata di innovazione, invece, ha soddisfatto il bisogno di comunicare facilmente con il resto del mondo.

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L'ingresso di queste tecnologie nella vita di tutti i giorni ha innalzato la qualità media della vita in maniera notevole, portando alla diminuzione della mortalità. Questi aspetti positivi, però, si traducono anche in un progressivo invecchiamento della popolazione, il che genera anche delle nuove esigenze. Dobbiamo associare alle tecnologie di mobilità già esistenti una serie di nuove tecnologie che favoriscano la nostra mobilità personale e la rendano più sostenibile in concomitanza con il nostro processo di invecchiamento naturale. Muovendoci maggiormente, invecchieremo in condizioni fisiche migliori e di conseguenza in uno stato di salute più favorevole.

Possiamo dire che la quarta ondata di progresso, dopo le tre rivoluzioni industriali citate precedentemente, consentirà alle persone anziane o con disabilità miti di rimanere attive fisicamente il più a lungo possibile.

Quindi quali scenari prevedi per il futuro?

Il mio sogno è quello di un mondo in cui macchine molto leggere ed essenziali dal punto di vista concettuale riescano ad assecondare la nostra necessità di movimento, siamo già super connessi da anni, la nostra prossima esigenza sarà quella di esercitare anche il corpo. Le tecnologie dell'informazione sono fondamentali ma è importante non trascurare il nostro benessere fisico. Si invecchia male chiudendosi in casa: rimanere attivi socialmente incontrandosi di persona, non soltanto attraverso i social network, è altrettanto vitale per il benessere della persona.

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In media la popolazione italiana è la più anziana del mondo. Quali sarebbero i benefici (non solamente in termini di risparmio economico sull'assistenza) di avere una popolazione più attiva, autosufficiente e produttiva grazie alla tecnologia?

Esistono molteplici implicazioni difficilmente prevedibili oltre che risvolti di carattere etico e legale. Una macchina indossabile impone la necessità di sviluppare strumenti assicurativi e legali specifici. Per quanto concerne la produttività: oggi l'età pensionabile si è innalzata alla soglia dei settanta anni e se il percorso di invecchiamento non viene facilitato da una adeguata condizione di salute, i rischi di calo della produttività personale e del sistema paese sono concreti. Ovviamente per i decision maker questi aspetti rappresentano una potenziale fonte di preoccupazione, al contrario, per il mondo dell'ingegneria costituiscono un'opportunità di sviluppo , eppure, non possiamo fare affidamento solo sulle tecnologie per risolvere tutti i nostri problemi.

La mia opinione personale è che l'aumento dell'età media della popolazione dovrebbe condurre sin da ora anche ad un cambiamento culturale. È opportuno rendersi conto che per mantenere la spesa sanitaria entro dei limiti sostenibili e per innalzare il livello di produttività bisogna sforzarsi di condurre uno stile di vita sano che dovrebbe essere favorito anche attraverso provvedimenti legislativi mirati.

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Quali sono le sfide che caratterizzano la vostra ricerca nell'ambito delle interfacce non invasive e user friendly?

Dal punto di vista scientifico le interfacce invasive sono un'enorme opportunità di ricerca sui problemi di disabilità elevata. Ad esempio, per quanto riguarda questo ambito, l'istituto di robotica può vantarsi di ospitare uno dei scienziati di riferimento a livello mondiale: il professor Micera.

Quando si parla di tecnologie, un fattore molto importante è riuscire a collocare nel tempo la loro rilevanza. Nello specifico, la fioritura della robotica wearable avverrà nel breve termine: in questo momento storico, interfacce uomo-macchina non invasive basate sull'osservazione delle capacità motorie residue come piattaforme inerziali, accelerometri e sensori di posizione rappresentano lo strumento ideale per studiare metodi di intervento efficaci sui nostri pazienti. Nei casi gravi di tetraparesi o lesioni spinali, invece, entra in gioco la tecnologia invasiva.

Quale accoglienza si aspetta da parte del pubblico per le tecnologie non-invasive?

Uno degli obiettivi più importanti delle interfacce non invasive è quello di rendere la tecnologia facilmente fruibile. Il giorno in cui prodotti come quelli su cui stiamo lavorando verranno immessi sul mercato, i potenziali clienti potranno trovarli in vendita nei grandi megastore tecnologici, all'interno di reparti dedicati agli esoscheletri. Giunta quella fase, sarà cruciale fornire device pronte da indossare che non richiedano calibrazioni complicate prima dell'utilizzo. L'uomo ha una enorme capacità di rigettare tutto ciò che non è pronto.

Pensa alla parabola degli smartphone: il telefono cellulare è nato con un interfaccia composta da schermo e tastiera, in seguito, tramite il touchscreen, si è sfruttata la propagazione delle onde meccaniche dalla mano al display e viceversa dal telefono alla mano attraverso le vibrazioni. Oggi con la gaze interface si può addirittura interagire direttamente con lo sguardo. Tutte queste innovazioni sono state diffuse solo quando hanno raggiunto un grado di maturità tale da potersi confrontare con il grande pubblico, vale a dire da quando sono state in grado di garantire un livello di efficienza elevato. Sono convinto che questo momento giungerà presto anche per la robotica wearable e, una volta che si diffonderà a livello di massa, i ricercatori disporranno di una quantità enorme di feedback da parte degli utenti che guideranno lo sviluppo di interfacce sempre più evolute.

Credo che di base non si debba mai essere timorosi nel diffondere una nuova tecnologia nel mondo. Sono un profondo sostenitore dell'innovazione e questa comprende sempre dei rischi che vanno accettati sia da chi porta la tecnologia nelle case dei consumatori quanto da parte di chi sceglie di provare un nuovo prodotto. Evitando di correre qualsiasi rischio, non si garantisce alcun tipo di progresso.