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Tecnologia

Come scegliamo i contenuti da condividere sui social?

Secondo questo nuovo studio sui meccanismi del cervello che stanno dietro ai contenuti virali, è (quasi) tutta questione di narcisismo.

Per chi lavora con i contenuti web — che a volte possono essere chiamati anche articoli, altre volte decisamente no — la viralità è una specie di nemesi: l'obiettivo di chi scrive è quasi sempre quello di suscitare più interesse possibile nel lettore e spingerlo a condividere il post con altri potenziali lettori. Noi di Motherboard ne sappiamo qualcosa, e cerchiamo da anni di studiare o anche solo intuire una formula matematica che possa rendere un contenuto virale — invano. La cosa che ci consola è che non siamo soli: i meccanismi della viralità sono da sempre una specie di mistero, c'è chi parla di meraviglia, chi di contagio emotivo, chi di divertimento e affidabilità. Ma nessuno ha ancora ottenuto una verità.

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Due studi, realizzati da due studentesse di P.h.D della Scuola di Comunicazione dell'Università della Pennsylvania, hanno cercato di chiarire una volta per tutte cosa rende un contenuto virale studiando l'attività cerebrale a esso connessa.  La prima ricerca tratta il tema dal punto di vista strettamente neurologico, l'altra, non ancora pubblicata, vuole mettere in atto i risultati della prima cercando di prevedere quali articoli diventeranno virali.

Sottoponendo un campione di 80 persone a risonanza magnetica funzionale, chiamate a scegliere tra 80 articoli a tema salute presi dalNew York Times, i ricercatori hanno monitorato cosa succede nel cervello quando qualcuno decide di condividere un articolo sui social. Analizzando gli scan, hanno riscontrato che le regioni coinvolte nella scelta sono quelle associate alla coscienza di sé e all'immedesimazione legata all'opinione che gli altri hanno di noi.

Anche se il narcisismo da social può sembrare banale, la cosa interessante è che queste stesse aree si attivavano anche quando i soggetti vengono chiamati a leggere qualcosa per il puro interesse personale. Quando scegliamo qualcosa a cui interessarci, quindi, tendiamo sempre a pensare al contesto sociale di riferimento oltre che al puro interesse personale. Probabilmente, alla base, c'è l'esigenza radicata di sentirsi accettati e integrati nella comunità.

A giudicare dai risultati della ricerca neurologica, i contenuti potenzialmente virali sono quelli che fanno sembrare intelligenti e interessanti le persone che li condividono — sempre e comunque in relazione al contesto a cui si riferiscono. Noi di Motherboard  attendiamo con ansia i risultati pubblicati nel secondo paper, per vedere se le previsioni delle due dottorande dell'università della Pennsylvania sono corrette. L'unica domanda che ci poniamo, a questo punto, è cosa differenzia un nostro articolo dall'altro in termini di viralità, visto che fanno sembrare tutti ugualmente intelligenti.