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Il movimento per il boicottaggio di Israele sta funzionando?

Stando ai risultati ottenuti negli ultimi mesi, le azioni dei gruppi aderenti al Movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni sembrano avere disturbato parecchio il governo israeliano e i suoi sostenitori.

Foto via Flickr/Takver.

Esprimere supporto per Israele è una delle cose meno controverse che un personaggio pubblico americano possa fare. La maggioranza degli americani simpatizza per Israele, l'AIPAC è forse la lobby più influente di Washington e le critiche allo Stato Ebraico hanno sempre rappresentato un terreno minato, tanto per i Democratici quanto per i Repubblicani.

Negli ultimi mesi, però, le azioni di vari gruppi di attivisti hanno fatto breccia nel mondo dell'informazione mainstream, e i sostenitori di Israele negli Stati Uniti e altrove sono stati costretti a fare i conti col Movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS), che aderendo all'appello della società civile palestinese del 2005 promuove campagne e iniziative di pressione politica, economica e sociale nei confronti di Israele.

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ll mese scorso si è parlato molto di Scarlett Johansson come nuovo volto di SodaStream, un'azienda che opera in un insediamento israeliano illegale in Cisgiordania, ma una questione più carica di implicazioni politiche era emersa già a dicembre, quando l'Associazione per gli Studi Americani (ASA), un gruppo di accademici che studiano la storia e la cultura statunitensi, ha votato a favore del boicottaggio delle università israeliane perché "sostenitrici di politiche statali che violano i diritti umani."

I legislatori dello Stato di New York e del Maryland hanno risposto a febbraio proponendo delle leggi per escludere dai finanziamenti pubblici le associazioni accademiche che boicottano Israele. (Nessuna delle due proposte si è nemmeno avvicinata a diventare legge). Allo stesso tempo, una misura simile—chiamata "Atto di Protezione delle Libertà Accademiche"—è stata presentata alla House of Representatives dopo che 134 parlamentari repubblicani e democratici hanno firmato una lettera in cui si condannava la decisione dell'ASA e si accusava l'organizzazione di una "velata bigotteria e faziosità nei confronti dello Stato Ebraico."

Tuttavia, l'Atto di Protezione delle Libertà Accademiche si è arenato dopo che un fronte di studenti, attivisti e organizzazioni per i diritti civili ha protestato contro la legge, che violerebbe il Primo Emendamento. La legge è così poco convincente che un analista politico democratico e filoisraeliano ha dichiarato a BuzzFeed che nemmeno gruppi ebrei come l'AIPAC la supporterebbero.

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Omar Barghouti, attivista palestinese per i diritti umani e uno dei fondatori del movimento BDS, trova positivo che i legislatori filoisraeliani stiano ricorrendo a metodi tanto estremi. "Il fatto che provino a far passare al Congresso delle leggi volte a delegittimare il supporto al boicottaggio contro Israele la dice lunga," mi ha scritto in una email. "Mostra la grande frustrazione e l'angoscia di Israele di fronte ai suoi fallimentari tentativi di migliorare la sua immagine e vincere la battaglia per i cuori e le menti dell'opinione pubblica."

Il movimento BDS è nato nel 2005 con l'obiettivo di isolare economicamente Israele e protestare contro l'occupazione dei territori confiscati durante la guerra arabo-israeliana del 1967. Lo scopo finale è costringere Israele a cambiare la direzione della sua politica estera, proprio come il boicottaggio contro il Sudafrica negli anni Ottanta ha aiutato a velocizzare la fine dell'apartheid. L'opinione del movimento per cui Israele sarebbe un stato colonialista e oppressivo è stata rafforzata, negli ultimi anni, dal fatto che il governo israeliano si è spostato sempre più a destra (uno slittamento ideologico che si è riflesso anche nell'attività dell'AIPAC), e dal fatto che gli ispettori dell'ONU abbiano accusato Israele di violazioni dei diritti umani contro i palestinesi a Gaza.

In Europa—dove le opinioni negative riguardo a Israele sono molto più comuni che negli Stati Uniti—gli sforzi delle organizzazioni per i diritti umani hanno convinto molti investitori a smettere di investire in aziende israeliane che traggono profitto da stabilimenti situati nei territori palestinesi occupati. A gennaio, la più grande compagnia di gestione di fondi pensionistici olandese ha interrotto le sue relazioni economiche con cinque banche israeliane a causa dei loro investimenti negli insediamenti illegali; in seguito, la principale banca danese ha deciso di mettere sulla sua lista nera Bank Hapoalim, la maggiore banca israeliana, e il governo del Lussemburgo ha presentato una proposta di legge per escludere varie compagnie israeliane dalla gestione dei suoi fondi pensionistici. Nello stesso periodo, la Norvegia ha annunciato che il suo fondo di investimenti statale non avrebbe investito in due imprese edili israeliane a causa del loro coinvolgimento nella costruzione di insediamenti illegali a Gerusalemme Est.

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"Il maggiore ostacolo alle trattative di pace e a una soluzione politica della questione palestinese è il diffondersi degli insediamenti illegali," mi ha detto Liv Tørres, segretario generale di Norwegian People's Aid, l'organizzazione umanitaria che ha fatto pressioni per ottenere il boicottaggio da parte della Norvegia. "Si tratta di rispettare il diritto internazionale e trovare una soluzione politica a un conflitto che è rimasto irrisolto e resta un punto caldo per il resto del mondo."

Shahar Azani, responsabile dei rapporti con la stampa presso il consolato israeliano a New York, mi ha detto che la questione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est "deve essere risolta," ma ha sottolineato come tale questione venga spesso usata per nascondere il vero problema, ossia l'ostilità palestinese nei confronti di Israele.

"Purtroppo ci sono stati molti attacchi da parte dei palestinesi e del mondo arabo contro Israele," ha detto, facendo notare come Hamas abbia preso il controllo della Striscia di Gaza dopo il ritiro degli insediamenti israeliani dalla zona nel 2005. "Di conseguenza, l'israeliano medio pensa che ogni volta che ritiriamo i nostri coloni senza che siano stati firmati accordi al riguardo, ci esponiamo a un grandissimo rischio."

Ben lontano dal ritirare alcunché, il governo israeliano ha di recente annunciato un piano che prevede la costruzione di 1.400 nuove case per i coloni nel territorio palestinese, nonostante le proteste di molti leader mondiali secondo i quali questi nuovi insediamenti metterebbero in pericolo i negoziati di pace attualmente in corso tra Israele e Palestina. Comunque sia, per i rappresentanti delle istituzioni americane non è ancora sicuro esprimere opinioni a sfavore dello Stato Ebraico. All'inizio di febbraio, il Segretario di Stato John Kerry ha dichiarato che Israele si sarebbe potuto trovare a dover fronteggiare ulteriori boicottaggi nel caso in cui non si fosse trovato un accordo con la Palestina durante i negoziati, attirandosi immediatamente le critiche dei politici israeliani e delle organizzazione ebraiche americane, che hanno insinuato che Kerry stesse incoraggiando i palestinesi a preferire il boicottaggio alle negoziazioni. Proprio in questa settimana, intervenendo a una conferenza organizzata dall'AIPAC, Kerry ha ribadito di non sostenere il movimento BDS, dicendo, "Per più di 30 anni mi sono opposto in modo chiaro, fermo e senza condizioni ai boicottaggi contro Israele."

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Nel frattempo pare che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nei giorni immediatamente successivi alle dichiarazioni di Kerry, abbia organizzato una riunione del consiglio dei ministri per discutere dei modi in cui combattere la crescente minaccia rappresentata dai boicottaggi, tra i quali fare causa alle aziende che boicottano quelle che operano nei territori occupati e incoraggiare l'introduzione di leggi anti-boicottaggio in nazioni "amiche". (Organizzare boicottaggi contro Israele è già illegale per la legge israeliana, grazie a una norma approvata nel 2011.)

Anche se le proposte di legge mirate a contrastare i boicottaggi accademici sono troppo vicine a una violazione della libertà di parola per poter essere davvero approvate, il famoso avvocato e attivista filoisraeliano Alan Dershowitz sostiene che la Costituzione americana non protegge i boicottaggi economici. Mi ha detto che il Congresso potrebbe, in teoria, approvare una legge che impedisca alle aziende che partecipano al boicottaggio di Israele di fare affari negli Stati Uniti.

"Tecnicamente è possibile rendere illegali, anzi criminali, i boicottaggi portati avanti da aziende americane: poniamo per esempio che in Arizona passi una legge che consenta alle aziende di boicottare gli omosessuali. Il governo federale potrebbe renderla illegale," mi ha detto. "Per quanto mi riguarda, questo caso è analogo a quello di una legge che boicotti gli omosessuali, o i neri, o qualsiasi altra minoranza protetta."

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Ma gli Stati Uniti hanno già delle leggi anti-boicottaggio. Nel 1977, Jimmy Carter rese illegale per le aziende americane la partecipazione al boicottaggio contro Israele organizzato dalla Lega Araba (anche se molte aziende continuarono comunque a fare affari nel mondo arabo pagando una semplice multa). Anche se quel boicottaggio si è ormai quasi concluso—la Siria e il Libano sono le uniche due nazioni che continuano a portarlo avanti—si tratta comunque di un precedente.

Dima Khalidi, direttrice del gruppo di attivisti Palestinian Solidarity Legal Support, non è d'accordo. Mi ha detto che i boicottaggi finalizzati all'ottenimento di un cambiamento politico sono senza alcun dubbio protetti dal Primo Emendamento.

"Come nel caso della campagne per il boicottaggio delle leggi di segregazione razziale Jim Crow nel sud degli Stati Uniti, o contro l'apartheid in Sudafrica, il movimento BDS è formato da persone normali che portano avanti una protesta non violenta volta a fare pressioni sui governi perché pongano fine a una situazione di grave ingiustizia, " mi ha scritto in una email.

Come dimostra l'impatto che ha avuto su SodaStream, il movimento BDS sta crescendo sempre più. La brutta figura fatta da Scarlett Johansson, già ambasciatrice dell'organizzazione di beneficienza inglese Oxfam, ha portato un sacco di cattiva pubblicità all'azienda israeliana produttrice di apparecchi gasatori SodaStream, tanto che il mese scorso il valore dei titoli è crollato raggiungendo il suo punto più basso da vari anni a questa parte, come risultato della controversia e della minaccia di continui boicottaggi.

"Il messaggio che è passato da tutta quella storia, almeno in Gran Bretagna, è stato che una celebrità è stata forzata a scegliere tra una rispettata organizzazione non governativa e un'azienda israeliana. E l'idea che queste due entità siano incompatibili," ha detto l'autore inglese e attivista filopalestinese Ben White. "E questo significa che ora le persone ci penseranno due volte prima di esporre le proprie attività a quel tipo di rischio."

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