Molto meno, invece, si sono indagate le distorsioni informative causate da Google, che si è trovato al riparo dalle polemiche anche per il fatto di essere uno strumento "non social": usato dall'utente in solitudine e non sulla pubblica piazza di Facebook.La questione è tutta semantica: quanto avvenuto a Charlotte, è stato battezzato negli Stati Uniti principalmente in due modi; "Charlotte protests" o "Charlotte riots".
GOOGLE E LA SEMANTICA
Viceversa, chi ha usato il più neutro "protests" ha trovato tra i primi risultati la CNN, il The New York Times e il The Guardian. Il punto, quindi, è uno solo: cercare con un termine invece che con un altro spalanca due mondi informativi completamente diversi. E il fatto che le testate più prestigiose evitino determinati termini in nome del politically correct – preferendo cioè definizioni più neutre e sobrie (come "protests") e che non abbiano evidenti connotazioni negative (com'è il caso di "riots", termine sicuramente più forte) – può in questi ultimi tempi ritorcersi contro la qualità dell'informazione, soprattutto quando questi termini circolano comunque ampiamente."Nella gamma di suggerimenti che Google pensava volessi c'era: 'gli ebrei sono una razza?', 'gli ebrei sono bianchi?', 'gli ebrei sono cristiani?' e, infine, 'gli ebrei sono cattivi?'"
L'ORACOLO GOOGLE
Nonostante questi "particolari" suggerimenti siano presenti solamente a causa della frequenza delle ricerche (e Google accetta malvolentieri di intervenire editorialmente sotto questo aspetto, nonostante esistano software progettati appositamente per influenzare, anche a scopi di marketing, i suggerimenti del motore di ricerca), questo genere di domande — poste magari con ingenuità — spalanca le porte a un certo tipo di informazione politicamente molto schierata, che approfitta delle tecniche SEO per posizionare articoli in cui conferma i sospetti, diciamo così, di chi sta compiendo quelle ricerche.E infatti i titoli scovati dal Guardian cercando "are jews evil" sono di questo calibro: "Le 10 ragioni per cui le persone odiano gli ebrei", "Perché gli ebrei sono cattivi", "L'ebraismo è satanico"; tra le fonti, compare anche il sito neonazi Storm Front. Nonostante, in seguito all'inchiesta, Google sia intervenuta tra le polemiche per ripulire i suggerimenti (ragion per cui il motore di ricerca non ne offre più su alcune categorie sensibili), lo stesso problema continua a essere presente per molte altre categorie.Il primo suggerimento per "i gay sono" è "i gay sono malati".
In sintesi, quando un ragazzino pone a Google le domande di cui sopra, la probabilità che incappi in articoli che confermano la tesi che "le donne sono stronze" o che "i gay sono malati" è molto, molto elevata. In Italia, comunque, la situazione è meno seria che nei paesi anglofoni e la maggior parte dei risultati riguarda notizie di preti che hanno sproloquiato contro gli omosessuali o di utenti di Yahoo Answer infuriati con l'universo femminile. Ma, in mezzo a tutto ciò, qualche risultato inquietante fa comunque capolino in primissimo piano.Un discorso a parte lo meritano le note vicende italiane riguardanti i "cognomi ebrei" o gli "ebrei italiani famosi". La dinamica è la stessa che abbiamo analizzato in merito ai paesi anglofoni, ma questa volta riguarda il nostro paese: ricerche e curiosità legittime riguardanti i cognomi delle famiglie ebraiche italiane — o le personalità ebree più note — si trasformano in un'occasione per fare propaganda neofascista e cospirazionista contro la "lobby giudaica".Ricerche e curiosità legittime riguardanti i cognomi delle famiglie ebraiche italiane si trasformano in un'occasione per fare propaganda neofascista e cospirazionista contro la "lobby giudaica".
LA FINE DELL'IMMOBILISMO
Quello esposto nello studio ha le sembianze di un network organizzato — come si può vedere in questa immagine — che consente a una miriade di siti (tra cui spiccano nomi come Black Genocide o Illuminati News, ma l'elenco completo si può trovare qui) di accerchiare l'internet mainstream e di propagare notizie bufala — concepite a fini sia economici, sia ideologici — e teorie riconducibili al mondo cospirazionista e di estrema destra.Un network che fa ampio uso di traffico acquistato attraverso le normali sponsorizzazioni su Facebook e su Google, di molteplici canali tradizionali (chat, email, rss feed e quant'altro), ma che utilizza con sapienza le tecniche SEO per riuscire, per esempio, a far ottenere al noto complottista di destra Alex Jones il primo posto tra le ricerche su Google per l'importantissima chiave di ricerca, in inglese, "Perché ha vinto la Brexit".Non è tutto: dal momento che questo network di siti è ben collegato al suo interno, e gli articoli che produce ottengono una marea di visite da molteplici canali diversi, conquista grande autorevolezza agli "occhi" degli algoritmi, che lo premia con ottimi posizionamenti su Google. Un circolo vizioso che si può sintetizzare così: più gli utenti, in seguito alle loro ricerche, trovano articoli SEO su determinati siti, più li cliccano e li condividono, più questi siti conquistano traffico e link, più autorevoli appariranno all'algoritmo che continuerà a premiarli con posizionamenti estremamente visibili.Quello esposto nello studio ha le sembianze di un network organizzato che consente a una miriade di siti di accerchiare l'internet mainstream e di propagare notizie bufala.
Una delle conseguenze, per esempio, è che per lungo tempo chi ha cercato su Google chi avesse preso più voti tra Donald Trump e Hillary Clinton (al di là della vittoria del primo nei collegi elettorali e quindi nelle elezioni) avrebbe "scoperto" che Trump aveva conquistato più voti della Clinton, come riportava l'articolo che appariva al primo posto su Google cercando in inglese "conteggio finale elezioni 2016" (la Clinton, in verità, ha ottenuto quasi tre milioni di voti in più).Le tecniche SEO che consentono di ottenere questi risultati sono lecite e utilizzate da tutti gli esperti del settore per conquistare traffico, ma diventano un grosso problema nel momento in cui, come sembra essere, una sola parte politica, estrema, si appropria di una grossa fetta del web per diffondere la sua ideologia. Così come è sbagliato sovrastimare il ruolo delle fake news nella vittoria di Donald Trump, altrettanto sbagliato è sottostimare l'efficacia che una macchina della propaganda di destra perfettamente oliata può avere nel diffondere la sua ideologia.E anche se l'estrema destra nostrana non sembra ancora intenzionata a sfruttare le potenzialità offerte da Google, è da tempo che si indagano gli altri strumenti offerti dal mondo del web che, in Italia, stanno sempre più spesso diventando un ricettacolo di ideologie dell'odio: dalle pagine cittadine di Facebook che si stanno trasformando in un mezzo di propaganda dei movimento neofascisti italiani; ai gruppi complottisti o legati alla destra più radicale che, ormai da anni, intervengono in modo coordinato sulle voci di Wikipedia; senza dimenticare l'incessante attività del mondo neofascista su Facebook, in cui una miriade di pagine (classificate in questa mappa) ha preso la forma, più che di un network, di una vera e propria galassia che, almeno nella forma, ricorda da vicino proprio lo studio di Albright.Non per questo si deve arrivare a censurare preventivamente o a posteriori alcune pagine, ricerche o risultati, soprattutto perché in questo modo si aprirebbero le porte a rischi ancora maggiori. Quel che serve, probabilmente, è una maggiore consapevolezza e conoscenza delle dinamiche attraverso le quali l'informazione circola in rete; una consapevolezza che consenta a tutti gli utenti del web di comprendere chi ha prodotto cosa e per quale ragione, evitando l'automatismo per cui "il primo risultato di Google" diventa il portatore del verbo a cui tutti fanno affidamento.Così come è sbagliato sovrastimare il ruolo delle fake news nella vittoria di Donald Trump, altrettanto sbagliato è sottostimare l'efficacia che una macchina della propaganda di destra perfettamente oliata può avere nel diffondere la sua ideologia.