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Una chef mi ha detto se la serie tv sui ristoranti, The Bear, è realistica o meno

The Bear è una nuova serie sulla ristorazione abbastanza particolare. Ma quanto della serie è realistica secondo chi lavora in cucina?
Giorgia Cannarella
Bologna, IT
the bear serie tv chef
Immagine via FX

Questo contenuto è in collaborazione con FeST, il Festival delle Serie TV che si terrà il 23, 24 e 25 settembre in Triennale a Milano. Ci saremo anche noi! Maggiori informazioni le troverai presto qui.

In generale lavorare in cucina è stressante, non si può negare. L’urgenza e la pressione sono quelle che vedi. Non è una serie romanzata come altre sulla cucina

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The Bear è uscita il 23 giugno sulla piattaforma streaming Hulu e sarà disponibile in Italia su Disney+ a partire dal 5 ottobre. La serie tv di Christopher Storer ha avuto un successo immediato di pubblico e critica al punto da aver raggiunto il leggendario 100% sul sito aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes.

Il protagonista è Carmy, giovane chef di talento che abbandona le cucine di un misterioso “miglior ristorante d’America” per gestire il piccolo ristorante del fratello, morto suicida senza lasciare spiegazioni. Al The original beef of Chicagoland, il cui piatto forte è proprio l’italian beef sandwich, si trova in mezzo a problemi economici e di gestione del personale.

The Bear è una serie bellissima. E non solo per chi come me bazzica il mondo della ristorazione e può trovare esilarante che in più episodi venga citato il Noma. Il ritmo è incalzante e trascinante, il registro della serie si alterna splendidamente tra comico e drammatico, Jeremy Allen White, oltre che un attore bravissimo, è di una sensualità dirompente (anche se, come fa notare The Cut, nella serie non si vede nemmeno una scena di sesso. Dopo avere visto tutti gli episodi, “Yes chef” diventa improvvisamente la frase più sexy che potete sentirvi dire.)

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Il suo Carmy, però, è tutto tranne che lo chef stereotipato che siamo abituati a vedere in tv. E più in generale si discosta molto dal classico genio maledetto delle serie televisive. The Bear, incredibilmente, non cade vittima di alcun cliché, sicuramente non di quelli che siamo abituati a vedere quando in televisione si parla di ristorazione. Lo chef che maltratta i suoi sottoposti non è affascinante: è uno stronzo. Lavorare in cucina non è tutta creatività e guizzi di genio: per la maggior parte è affettare cipolle, inciampare nelle postazioni degli altri, sollevare pentoloni. E possedere il ristorante non è il sogno che qualunque ragazzino coccola dopo aver visto Masterchef: è un incubo di bollette da pagare e conti da saldare con i fornitori. E poche ore di sonno.

Ogni episodio di The Bear è terribilmente stressante. Certo, ci sono lutti da elaborare e personaggi dolci e strampalati per cui tifare, ma c’è soprattutto l’ansia di sapere se il ristorante riuscirà ad aprire di nuovo il giorno dopo e se riusciranno a servire tutti i panini durante il servizio.

A questo punto per capire se la serie tv, oltre che degli appassionati, avrebbe catturato anche l’attenzione degli addetti ai lavori, ho chiesto a una chef di guardare The Bear e darmi il suo parere. Luna Ferrari è una delle ragazze dietro Fòla, una delle aperture di maggior successo dell’anno scorso a Milano, un po’ bistrot, un po’ pasticceria, un po’ bottega di quartiere. Prima di intraprendere la sua prima avventura da solista, o meglio corista con le due socie e amiche, Luna ha lavorato in diverse cucine professionali.

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“Ho sentito racconti di ragazzi che si sono accoltellati in cucina. E poi moltissimi vengono bullizzati.”

La prima cosa che mi dice è che “sì, i ritmi e il livello di stress sono esattamente questi. Ovviamente dipende dal tipo di ristorante in cui lavori, ma in generale lavorare in cucina è stressante, non si può negare. L’urgenza e la pressione sono quelle che vedi. Non è una serie romanzata come altre sulla cucina.” Uno dei temi principali della serie è quanto a volte lavorare in cucina di fine dining sia un’esperienza brutale, in cui si viene sottoposti ai maltrattamenti di uno chef dall’ego spropositato, perdendo il senso di squadra e il legame più concreto e viscerale con il cibo che si produce. È davvero così? Luna ha lavorato in tre cucine: “in una ho avuto un’esperienza pessima, in una indifferente, nell’altra buona.”

L’episodio della passata di pomodoro [ovviamente non vi faremo nessuno spoiler, NdR]. Ecco quello non mi è mai successo

E proprio per questo può dire che “sicuramente situazioni come quelle dipinte in passato esistono. Forse in passato erano la regola, ora spero che siano l’eccezione, anche grazie alle nuove generazioni che sono più consapevoli di quanto certe dinamiche siano tossiche e alzano l’asticella dell’accettabilità.” Luna ha sentito racconti di “alcuni ragazzi che si sono accoltellati in cucina. Moltissimi che vengono bullizzati. O ancora, uno chef che tirava calci sotto il tavolo ai suoi sottoposti, così gli ospiti non lo vedevano — aveva la cucina a vista. Un altro ha messo un ragazzo che lavorava per lui, con indosso un cappello di carta, con la testa sotto la brasiera per ‘punirlo’ di un errore.”

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L’unica cosa veramente surreale di quella serie? Ride: “L’episodio della passata di pomodoro [ovviamente non vi faremo nessuno spoiler, NdR]. Ecco quello non mi è mai successo.”  The Bear è una serie straordinaria. Visto che la seconda stagione è già stata confermata, recuperate gli otto episodi della prima: durano solo mezz’ora e sono un concentrato di adrenalina, lacrime, tensione e sì, anche un po’ di occasionale e libidinoso food porn. Quanto l’avrete finita non potrete fare a meno di urlare.

Questo contenuto è in collaborazione con FeST, il Festival delle Serie TV che si terrà il 23, 24 e 25 settembre in Triennale a Milano. Ci saremo anche noi! Maggiori informazioni le troverai presto qui.

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