Circa un anno fa, Cassey Ho, che fa video su YouTube e post su Instagram a marchio “blogilates”, ha iniziato un “viaggio di 90 giorni” per mettersi “nella miglior forma della sua vita, una volta per tutte. Mentalmente e fisicamente”. Sembra che questo abbia colto alcuni dei suoi follower di sorpresa, perché secondo loro Ho era già in ottima forma: era una influencer di fitness ormai da anni; milioni di persone seguivano i suoi workout; di tanto in tanto postava video di “idee per un pranzo sano” eccetera eccetera. Certo alcune volte dava l’idea di avere un rapporto leggermente problematico con il cibo, raccontando fantasie di mangiarne grandi quantità, tipo “un burrito grande come un bambino” o “un piatto di spaghetti grande come una pizza famiglia”, e ammettendo di essere soggetta a fame nervosa.I video “cosa mangio in un giorno” sono un formato molto usato da vlogger, modelli, attrici e altre persone misteriosamente famose, oltre a chi veicola contenuti sul fitness; abbiamo una curiosità morbosa per l’alimentazione di questa gente.
Secondo gli esperti che ho contattato, postare quei video fa parte delle attività nella categoria “è un paese libero”, ma è anche un paese libero per i follower che vogliono rispondere, perché il post che l’influencer fa è pubblico e viene visto da molte persone. Postare contenuti che sono chiaramente comportamenti da imitare e dire che non hanno consigliato esplicitamente nulla “che non consiglierebbero a una cara amica”, come ha fatto Ho, ma poi dire alle persone di non fare come loro o chiedere di non dire che contiene comportamenti potenzialmente malsani, può confondere. A voler pensar male, sembra che l’influencer voglia la botte piena e la moglie ubriaca. “Se hai un numero di follower significativo, devi dare per scontato che una fetta di questi potrebbe trovarsi in una situazione di vulnerabilità e potrebbe rivolgersi a te per una guida, un indirizzo”, ha detto Claire Mysko, amministratrice delegata della National Eating Disorders Association, l’associazione USA contro i disturbi alimentari.Lorien Abroms, professore di prevenzione e sanità pubblica alla George Washington University, ha detto che un disclaimer non basta per scoraggiare i follower, perché l’influencer sta comunque dando un esempio. “È palesemente pericoloso nel senso che le persone modellano i propri comportamenti su quelli degli influencer o, in generale, su quelli degli altri”, ha detto. “Quindi se vedono qualcuno dire ‘ho dato solo un morso alla ciambella’ o ‘guardate quanto sono magra con questi jeans’ o ‘guardate quanto peso che ho perso’, la gente penserà che conviene fare la stessa cosa”.Non sono ancora state fatte abbastanza ricerche sull’impatto delle scelte degli influencer in materia di salute, in particolare rispetto ai follower più giovani, quindi i disclaimer non bastano per distanziarsi dall’impatto negativo dell’esempio che danno.
Si può avere la tentazione di avvicinarsi a un influencer nello stesso modo in cui ci si avvicina a un amico, e in quel caso tutto si ridurrebbe alla domanda “sta o non sta esibendo un rapporto malsano con il cibo e con il suo corpo?” Ma la risposta non importa, perché i social media non sono la realtà, anche se l’influencer dà mostra di portare i suoi adorati fan ovunque in ognuno dei suoi percorsi (va detto che nei commenti che mi ha mandato Ho dice: “Non condivido nulla che non sia fedele a ciò che sono. Per questo mostro i miei pasti salutari e i miei allenamenti, ma anche il mio amore per i dolci o il mio odio per i burpee!”). Questi post, in particolare se fatti da persone molto famose, possono arrivare a essere parziali o completa finzione, che la persona mangi di più o addirittura di meno di quanto dice nei post; che alterni abbuffate a comportamenti purgativi; o che mangi in modo del tutto normale, ma nei post si dipinga più asceta di quanto non sia perché ha una strategia social di un certo tipo e sa come far funzionare l’algoritmo in suo favore, quale post la gente salverà o manderà in DM agli amici. Al momento, si tratta di post con il piccolo adorabile pranzetto vegetale con pochissime tracce di carboidrati e una patatina fritta perché nessuno è perfetto, eh eh.Instagram e altre piattaforme social hanno algoritmi del tutto imperscrutabili per gli utenti, ma che li bersagliano con i messaggi degli influencer, le pubblicità dei prodotti e altri contenuti che le compagnie ritengono in grado di fare profitto.
Tuttavia, la domanda resta: anche se non è giusto esprimere preoccupazione per l’influencer come persona dando per scontato che il suo feed sia probabilmente ritoccato o falso in certi aspetti, non sarebbe giusto criticare l’influencer perché promuove una dieta squilibrata e magari raggiunge un tale livello di cinismo da dare una falsa immagine di quello che mangia solo per fare post a cui più gente metterà like e commenterà?Secondo gli esperti, sì, ma non è questo il punto. “I post di Cassey Ho o di altri con un messaggio simile non finiscono nel feed social delle persone per caso”, ha detto S. Bryn Austin, docente alla Harvard T.H. Chan School of Public Health. “Instagram e altre piattaforme social hanno algoritmi del tutto imperscrutabili per gli utenti, ma che li bersagliano con i messaggi degli influencer, le pubblicità dei prodotti e altri contenuti che le compagnie ritengono in grado di fare profitto”. Secondo Austin bisogna mettere sotto una luce critica l’intero sistema in cui si inseriscono i post di Ho, invece di considerarla un agente indipendente. “Da una prospettiva di salute pubblica, potrebbero esserci dei buoni motivi per criticare il messaggio di Cassey Ho, ma significherebbe anche mirare troppo in basso”, ha detto Austin. “Dovremmo guardare più in alto, alle piattaforme social stesse, che producono algoritmi volti a sfruttare e manipolare, e agli sponsor che traggono profitto dal promuovere la non-accettazione del proprio corpo e disturbi alimentari”.Dovremmo guardare più in alto, alle piattaforme social stesse, che producono algoritmi volti a sfruttare e manipolare, e agli sponsor che traggono profitto dal promuovere la non-accettazione del proprio corpo e disturbi alimentari
Un esempio che tocca più da vicino quello di cui stiamo parlando è quello di TikTok: la piattaforma ha ammesso a fine 2019 di aver penalizzato i video di persone grasse, queer e disabili. Il fatto che i suoi contenuti sembrassero prodotti solo da persone giovani, convenzionalmente belle e normodotate non era il risultato di una meritocrazia; erano le persone al timone di TikTok che imponevano i propri criteri e le proprie preferenze al pubblico.L’algoritmo di Instagram è poco considerato rispetto a quello di Facebook (che ne è proprietario) o di YouTube. Il motivo potrebbe essere che Instagram è un social focalizzato sul lifestyle, considerato un campo meno pericoloso rispetto a, per esempio, politica o affari. È difficile paragonare il culto della dieta alla alt-right. Certo, ha aperto la strada alle fasce addominali, alle tisane “pancia piatta” e al carbone vegetale, ma non sta certamente distruggendo il sistema democratico. Ma vale la pena guardare bene chi ha successo su Instagram e con che tipo di contenuti, e chiedersi se si tratta solo del libero mercato che fa il suo lavoro o di qualcosa di più calcolato che colpisce le nostre insicurezze.Forse siamo tutti e tutte prigionieri dello stesso schifoso algoritmo, e anche se sarebbe bello che gli influencer andassero controcorrente e prendessero personalmente scelte più coraggiose riguardo ai contenuti che diffondono, sarebbe ancora meglio se le piattaforme non li ricompensassero per questo.Se tu o qualcuno che conosci si trova ad affrontare un disturbo del comportamento alimentare, puoi chiamare il numero verde SOS disturbi alimentari all’800-180-969 dal lunedì al venerdì dalle 7.00 alle 21.00.Casey Johnston, autrice dell’articolo, non è un medico, una nutrizionista, una dietologa, una personal trainer, una fisioterapista, una psicoterapeuta né un avvocato; è semplicemente una persona che nella vita ha fatto (e studiato) molto sollevamento pesi. Seguila su Instagram.Vale la pena guardare bene chi ha successo su Instagram e con che tipo di contenuti, e chiedersi se si tratta solo del libero mercato che fa il suo lavoro o di qualcosa di più calcolato che colpisce le nostre insicurezze.