bartender donna italia
Valeria Bassetti. Tutte le foto per gentile concessione delle intervistate 
Cibo

Com'è lavorare dietro il bancone di un bar in Italia quando sei donna

Il sessismo nel mondo della mixology è molto più diffuso di quanto si pensi. Ma quando sei una bartender hai a che fare anche con problemi strutturali e i pericoli quando torni a casa.

In inglese barlady non ha un significato, la stampa italiana lo ha coniato perché si vede che sentiva il bisogno di dare un’etichetta alla lavoratrice donna. Il bartender è colui che dirige il bar, non ha sesso, è universale.

Quando per la prima volta incontro Valeria Bassetti, guru della mixology con 25 anni di carriera alle spalle e iper nominata da tutti gli articoli in cui si parla di donne e cocktail bar, faccio subito una gaffe. La chiamo “barlady” e vedo subito l'occhio iniettarsi di sangue. È un errore da dilettante, ma lei mi perdona e mi spiega: “In inglese barlady non ha un significato, la stampa italiana lo ha coniato perché si vede che sentiva il bisogno di dare un’etichetta alla lavoratrice donna”. Il bartender è colui che dirige il bar, non ha sesso, è universale e non c'è un corrispettivo italiano perché la cocktail culture di stampo moderno è anglosassone.

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Incontro Valeria per capire meglio come funziona il mondo dei cocktail bar quando sei donna e lavori ad alti livelli in Italia. Mi rendo conto che se dei cuochi e parità di genere si inizia a parlare, fortunatamente aggiungo, il mondo del bere rimane ancora un po’ più in ombra.

“Le stesse difficoltà sono state le stesse facilitazioni: TETTE è la parola chiave. Le bartender donna vengono considerate più per un fattore estetico che qualitativo”

Come vi dicevo prima della gaffe, Valeria ha un sacco di esperienza alle spalle: è passata dal Brancaleone, centro sociale romano, all'Hotel De Russie, cinque stelle in Piazza del Popolo; praticamente un triplo salto mortale che a pochi sarebbe riuscito. Al De Russie ha capito davvero cos'è l'essenza del lusso: “Non è il bling bling, ma la sostanza; il lusso lo puoi dare anche al bar della stazione, e io l'ho appreso proprio grazie a quell'esperienza così diversa dalle mie origini”. Quando si parla di Valeria dobbiamo citare Baccano, locale della capitale aperto da mattina a notte fonda, che è ancora oggi il suo bancone del cuore; lo ha seguito fin da quando era ancora solo un disegno su carta ed “è stato il primo grande progetto che ho sviluppato e avviato secondo la mia idea di ospitalità. Soprattutto però è stato un grande esperimento di team building” mi racconta.

Chiarito questo le chiedo quali sono state le difficoltà all'inizio della sua carriera e Valeria mi spiazza subito: “Le stesse difficoltà sono state le stesse facilitazioni: TETTE è la parola chiave. Le bartender donna vengono considerate più per un fattore estetico che qualitativo.” Valeria ammette di saper benissimo che, soprattutto negli anni '90, nei club e nelle discoteche, si veniva assunte anche grazie all’aspetto fisico: “Ti impedivano di avanzare nella carriera, ma erano loro che ti facevano pagare l'affitto e le bollette”.

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“Stiamo lavorando a un manifesto di affermazione dei diritti delle donne impiegate nei settori bar e ristorazione facendo un unico fronte con i nostri colleghi”

Non a caso nelle carriere di tutte le donne al bancone ci sono stati diversi episodi che probabilmente oggi sarebbe stati denunciati “Dieci anni fa, in Costa Smeralda, il proprietario del locale che stava per aprire mi chiese di reclutare una squadra di bartender donne”, mi racconta Valeria. “Devono lavorare in bikini con stivale con tacco bianco e… Valè, non mi interessa che siano brave, l'importante che siano bone e soprattutto, la danno?”. Valeria ha lasciato immediatamente quel lavoro.

Se sorridi e sei vestita un po' sexy, mi dice Valeria, è capace che i clienti un po' agé ti passino 100 euro in mano con il numero di camera in cui li puoi raggiungere. “Le donne bartender non dovranno più sottostare a tutto questo, se un datore di lavoro le molesta va denunciato; infatti allo studio, in Senato, stiamo lavorando a un manifesto di affermazione dei diritti delle donne impiegate nei settori bar e ristorazione facendo un unico fronte con i nostri colleghi”, dice Valeria.

In sede di colloquio, anche in strutture di lusso, hotellerie e ristoranti stellati, la prima cosa che ti chiedono è se sei sposata e se vuoi avere figli.

Ma Valeria è ottimista: “Le nuove leve di bartender sono meno categorizzate secondo questi vecchi schemi, oggi c'è sempre più crossover tra i due generi, ed è quello che mi sono sempre augurata” dice Valeria. Sul fatto degli stipendi è difficile fare chiarezza. Le donne guadagnano meno anche in questo settore? La situazione contrattuale nel mondo dei bar è sempre stata un po' opaca, il lavoro nero ha fatto da padrone. Il problema non è tanto la retribuzione a pari ruolo, che si è ormai livellata, ma la difficoltà di poter raggiungere alti livelli a causa delle scelte riguardo la vita privata. In sede di colloquio, anche in strutture di lusso, hôtellerie e ristoranti stellati, la prima cosa che ti chiedono è se sei sposata e se vuoi avere figli. Un classicone.

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Ma per non farsi mancare nulla, c'è anche un altro aspetto discriminante: una donna intorno ai 40 anni, dietro un bancone, è considerata vecchia. Fa niente se Mario Lotti, 82 anni, continua a fare gin Martini in giro per l'Italia.

Le prospettive sono molto diverse tra uomo e donna: c'è una gerarchia quasi militaresca nel mondo dell'hôtellerie e ristoranti gourmet nella quale è difficile entrare, (meno nel mondo dello street bar e speakeasy). E in queste strutture rigide le donne fanno più fatica a imporsi.

I World Class Club, ovvero gli Oscar dei bartender, negli ultimi anni sono stati vinti sempre da donne

C'è chi però in questo settore una prospettiva se l'è creata da sé. Nice & Nasty è un bar senza bar. Anastasia Artamonova è russa e vive a Milano da 8 anni.

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Anastasia Artamonova. Foto per gentile concessione dell'intervistata

Si è avvicinata al mondo della mixology recentemente organizzando eventi nei locali e portando bartender da tutto il mondo in Italia e viceversa: “Nice&Nasty è un matriarcato – ride - è un progetto totalmente inclusivo. Nel collaborare con gli uomini ho sempre riscontrato una reazione molto positiva. Nella mia vita, sia professionale che personale, sono sempre stata oltre il concetto uomo-donna: per me siamo tutti umani, condividiamo le stesse emozioni, le stesse sfide e le stesse vittorie.” Diversi brand si sono interessati al suo progetto e sponsorizzano queste reunion tra professionisti occupando locali come il Dry e Officina a Milano, Mitzvah Bar e Paloma Cantina a Mosca.

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ShakHer. Foto per gentile concessione di Valeria Bassetti

Così anche ShakHer, progetto di cui Valeria fa un po' da sorella maggiore, da anni si impegna nella realizzazione di un gruppo di influenza al femminile. È una crew di ragazze che racconta cos'è oggi il bartending femminile: un mix di tecnica, competenza, accoglienza e intrattenimento. Roberta Martino e altre 5 colleghe - Denise Ruscio, Eleonora De Santis, Giorgia Francazzi, Monica Noni e Fabiana De Santis - hanno riunito, in modo goliardico e formativo, tutte le ragazze che fa questo lavoro da Bolzano a Catania. “La conquista più grande è stata quella di portare ShakHer oltre il confine italiano, creando una rete di connessione, una sinergia che non ha mai riscontrato alcun tipo di discriminazione ma bensì supporto” mi raccontano a gran voce.

Poi ci sono le competizioni internazionali fra bartender, dei veri e propri banchi di prova per chi lavora nel mondo della mixology: qui le donne che partecipano sono sempre poche e nelle giurie sono assenti completamente. Mi confessa Valeria “Spesso ci vengono delle paranoie, soprattutto quando dall'altra parte hai sempre una giuria maschile. Ritengo le competizioni fra bartender stimolanti e positive, ma purtroppo siamo spesso noi stesse a porci dei limiti. Potremmo definirlo “Mindshaming”. Rinchiudersi in uno spazio-ghetto protetto non è la soluzione, ma per potersi esporre, mettersi in gioco e ambire a vincere le proprie paure bisogna creare un modo di pensare indipendente e positivo,”. L'assurdità è che i World Class Club, ovvero gli Oscar dei bartender, negli ultimi anni sono stati vinti sempre da donne.

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Per rendere più inclusivo l'ambiente del bartending si dovrebbe anche partire dal luogo del lavoro. Tutti i piani di lavoro, ad esempio, sono ideati per un'altezza di 1,70 m - altezza a cui spesso, evidentemente, una donna non arriva.

I paradossi nel mondo dell’alcol non finiscono con le bartender che eccellono nelle gare internazionali; in Italia alcune delle migliori aziende di beverage sono trainate o fondate da donne: Montenegro, Varanelli, Nonino, Bevande Futuriste, Sister's Gin, i Giardini d'amore, Liquore delle Sirene e potrei andare avanti ancora. Antonella Bocchino di Ab Selezione è una produttrice e lavora tutti i giorni per piazzare i suoi prodotti: “Ci sono uomini normali, intelligenti, e uomini… che ti giudicano quando vedono che sei una donna: i secondi li inquadro subito e cerco il più possibile di starne alla lontana, nuocciono a loro stessi e non sono di grande utilità ai miei progetti. Ma esiste per fortuna anche la prima categoria che collabora alla pari e sa lavorare in team”.

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Per rendere più inclusivo l'ambiente del bartending si dovrebbe anche partire dal luogo del lavoro. Tutti i piani di lavoro, ad esempio, sono ideati per un'altezza di 1,70 m - altezza a cui spesso una donna non arriva. Non sarebbe possibile avere un bancone modulabile? Stesso discorso per gli attrezzi del mestiere: hanno una misura standard e sono pensati per delle mani maschili, grandi. Ne esistono di più piccoli ma costano di più.

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Ma una cosa che forse si considera poco, purtroppo, è il fattore sicurezza, sia per uomini che per donne: si lavora con l'alcool e di notte, quindi ci sono tutti gli elementi per creare delle situazioni di disagio e di pericolo per gli operatori. Dall’altra parte del mondo ci stanno già pensando: ad esempio le bartender di New Orleans sono riuscite a mettere in piedi un sistema di asili nido notturni per poter star tranquille e lasciare i figli in luoghi sicuri.

Se vogliamo alzare l'asticella e parlare di conquiste per chi lavora durante la notte, la richiesta di taxi a prezzi agevolato o navette, servizi pubblici notturni e strade illuminate nelle zone limitrofe al luogo di lavoro, sembra il minimo. Negli ultimi tre anni solo a Roma sono morti cinque bartender, uomini e donne, per aggressioni nei pressi del locale e incidenti su strada. Nessuno chiede per forza lo psicologo a fine serata, ma sarebbe interessante avere accesso, come negli Stati Uniti, a training di decompressione. Per esempio, le arti marziali non aggressive e il tai-chi sono ottimi per scaricare la tensione e rimodulare la posture, così come la meditazione. Iain Bell, fondatore di Bartenders Manifesto, ha un approccio mentale, di autoanalisi che arriva a coinvolgere anche l'alimentazione con la quale si possono controllare le emozioni sul luogo di lavoro.

Le donne che lavorano la notte, nell’industria dell’accoglienza sono tante e in futuro saranno ancora di più: se cerchiamo di diminuire i rischi e i preconcetti, sono sicura che diventerà un lavoro ancora più appagante per le donne, e anche per gli uomini.

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