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Tecnologia

Un leak su documenti riservati rivela come agiscono i terroristi dell'ISIS

Messaggi crittati, telefoni usa e getta e continue chiamate verso il Belgio.

Nel marasma mediatico causato dagli attentati di Bruxelles del 22 marzo, uno tra i moltissimi rischi è quello di ricadere nei soliti, spregiudicati errori tipici dell'assalto alle notizie che si consumano dopo questo tipo di eventi. In particolare, vicende come quelle di Parigi hanno permesso a molti di sfruttare l'accaduto come argomento "contro" la crittografia—In breve, crittografare le comunicazioni andrebbe vietato, visto che rischia di produrre conseguenze di questo tipo. Allo stesso modo, è importante tenersi in guardia anche in questo caso, e per farlo oggi abbiamo la possibilità di conoscere i retroscena dell'impianto comunicativo sfruttato dagli attentatori di Parigi dello scorso novembre.

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Quella mattina, a Saint-Denis, piovevano telefoni. Dopo le esplosioni e l'arrivo della polizia il 17 novembre 2015, erano ovunque: nelle scale, nell'appartamento, nelle macerie delle mura distrutte e nella strada fuori dalla casa in cui viveva l'assassina Hasna Aitboulahcen.

Dopo la notte di terrore, siamo infine arrivati all'arresto del criminale più ricercato, responsabile di quelle vittime—L'arresto di Salah Abdeslam ha permesso agli investigatori di ottenere molte informazioni riguardo le comunicazioni e la pianificazione della serie di attacchi. Nonostante ciò, ora le autorità si ritrovano con ancora più domande di prima. Tutto quello che sanno si trova in un report di 55 pagine, in cui approfondiscono la loro conoscenza delle comunicazioni all'interno della rete terroristica.

Senza metadati

Il resoconto mostra che gli attentatori erano molto attenti a proteggere i metadati nelle loro comunicazioni, per tutelare non solo il contenuto dei messaggi ma anche importanti dettagli sul contesto. Così sono riusciti a proteggere informazioni importanti, come chi comunica con chi e quando. Nei piani d'attacco precedenti, di volta in volta, sono sempre emerse tracce di messaggi non crittati o di conversazioni telefoniche.

Questa volta, invece, non sono state trovati SMS né tracce di email o altre comunicazioni in formato digitale—per questo gli inquirenti hanno ipotizzato che i ribelli usassero delle chiavi di crittazione. Finora, comunque, non ci sono prove certe. Anche se un messaggio in chiave PGP fosse intercettato, non si potrebbe comunque decrittarne il contenuto.

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Diventa chiaro, quindi, che la rete di terroristi dietro gli attentati di Parigi ha fatto affidamento su telefoni inattaccabili. Di sicuro acquistavano telefoni con carte prepagate per gli utilizzi a breve termine, in alcuni casi, invece, utilizzavano direttamente i telefoni delle vittime.

L'utilizzo dei telefoni degli ostaggi al Bataclan

Gli attentatori hanno lasciato i loro telefoni sparsi per le strade di Parigi. Tra le rovine dell'appartamento dei sobborghi parigini, in cui la stessa Hasna Aitboulahcen si sarebbe fatta esplodere, gli inquirenti hanno trovato dozzine di cellulari inutilizzati, ancora imballati. Nel corso degli attentati inoltre, Aitboulahcen—cugina dell'attentatore Abaaout—ha continuato a ricevere chiamate dal Belgio sul suo numero parigino.

Piuttosto che concentrarsi su un unico modus operandi, gli attentatori dell'ISIS hanno cercato di differenziare le loro modalità d'azione per aggirare le forze dell'ordine e hanno attaccato in luoghi diversi contemporaneamente. Al Bataclan, per esempio, il piano ha funzionato: ci sono volute quattro squadre di poliziotti specializzati per fermare tre uomini armati.

Il documento mostra una nuova, perfida tattica dei terroristi, che sembra il modo perfetto per fare a meno della crittazione: per tenere sotto controllo il posto, intrappolare le forze dell'ordine e coordinare le azioni, gli attentatori hanno utilizzato diversi cellulari degli ostaggi del Bataclan.

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Dopo di che, i terroristi hanno cercato di connettersi a internet, ma la connessione dati nel teatro non funzionava. In effetti, anche coloro che volevano avvisare la polizia, si sono arresi dopo l'ennesimo tentativo: la voce registrata del numero d'emergenza ("…ora premere il tasto uno") costava troppo tempo, hanno dichiarato i testimoni sopravvissuti. Alla fine uno degli attentatori è riuscito a inviare un messaggio a uno dei suoi contatti con il telefono di una vittima.

Su uno dei cellulari lanciati dagli attentatori è stata trovata una mappa del Bataclan, il che chiarisce come mai molti degli ostaggi che hanno tentato di scappare dall'uscita di sicurezza hanno trovato la morte—lì li attendeva un terzo attentatore, armato.

Nell'immondizia del Batclan gli inquirenti hanno trovato uno smartphone Samsung bianco con una SIM belga, che era stata attivata soltanto un giorno prima e che aveva tra i contatti solo un numero. Apparteneva a un belga finora sconosciuto che con il telefono aveva visitato il sito del Bataclan, e anche un sito su cui acquistare i ticket e trovare informazioni sul concerto degli Eagles of Death Metal di quella sera. Nella galleria di foto c'erano anche delle immagini della pianta del teatro.

Sempre e comunque chiamate verso il Belgio

Le tracce riconducono sempre al Belgio, dove c'è l'altro covo di terroristi: da altri telefoni, riconducibili ai terroristi, sono partite delle telefonate verso il Belgio solo pochi minuti dopo il tentativo di attacco allo Stade de France. Dallo stadio aveva telefonato il più giovane degli attentatori, Bilal Hadfi, che è rimasto al telefono per 45 minuti prima di farsi esplodere.

Nonostante la mancanza di dati sulle comunicazioni in sé, i telefoni ritrovati sono delle prove che riconducono ai terroristi arrestati qualche giorno fa a Buxelles: è stato grazie ai dati GPS trovati su uno dei cellulari che gli investigatori sono riusciti a individuare l'indirizzo di uno degli appartamenti del sobborgo di Alfortville che, come la villa di Bobigny, riconducono allo stesso nome: Saleh Abdelslam. Durante la perquisizione, sono stati ritrovati due telefoni nuovi, ancora imballati.