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Tecnologia

​#LaRepubblicaDeiLadri è la protesta degli youtuber italiani contro i media

Ieri sera Twitter è stato preso d'assalto da una marea di YouTuber infuriati perché i media italiani continuano a sfruttare abusivamente i loro contenuti.

YouTube in Italia è un affare piuttosto grosso. Nel corso degli ultimi anni la piattaforma di condivisione video di Google ha democratizzato il concetto di 'televisione' e ha permesso a chiunque di ottenere, con solo una webcam e una connessione internet, il corrispettivo digitale dei '5 minuti di celebrità' televisivi.

L'impennata del fenomeno in Italia non è stata solo evidente, ma letteralmente travolgente: si parla di cifre da capogiro e dell'apparizione di numerosi manager e agenti pronti a gestire la vita pubblica di queste novelle star dei nuovi media. Gli youtuber—o per meglio dire, i creator—hanno pervaso in maniera capillare la sfera mediatica italiana colonizzando programmi tv e teatri. Nonostante ciò, in Italia, l'approccio legale ed etico con il quale ci si relaziona ai contenuti pubblicati su YouTube continua ad essere una sorta di Far West.

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Per questo numerose testate hanno nei fatti tratto vantaggio dai contenuti virali di questi youtuber operando un processo di ripubblicazione completa dei contenuti sulle loro piattaforme: nessuna notifica allo youtuber, nessun credito, nessun vantaggio. Proprio per questo motivo ieri sera, su Twitter, numerosi creator della community hanno portato avanti una protesta in nome del diritto d'autore spingendo l'hashtag #LaRepubblicaDeiLadri.

I problemi sviluppati dall'editoria in questi ultimi anni sono piuttosto noti: con la lenta ma sostenuta migrazione dal cartaceo all'online le notizie sono diventate sempre meno costose—essendo disponibili gratuitamente e in tempo reale su siti internet accessibili da tutti—e per questo il valore percepito dell'informazione è a sua volta calato. L'economia di questa industria si è dovuta appoggiare al mercato pubblicitario, facendo dei banner e dei click l'imperativo categorico necessario per poter continuare a pagare degli stipendi. Per farla breve: più click, più soldi.

Tutelo i miei CREATOR facendo causa a TUTTI gli editori,grandi o piccoli che siano,che non rispettano i loro diritti FrancescoFacchinetti10 Dicembre 2015

L'informazione online si è quindi lentamente trasformata in una corsa alla risonanza, all'attenzione e alla viralità: è la causa dei famosi 'titoli alla Lercio' o del fenomeno del clickbaiting—in entrambi i casi l'obiettivo è veicolare quante più persone possibile su un determinato sito web per poter aumentare il prezzo di vendita degli spazi pubblicitari. Cosa c'è di meglio di ripubblicare un buon video già impacchettato e pensato (spesso) per essere virale?

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È il solito discorso riguardante i "lavori creativi": quello che diverse testate italiane operano da diverso tempo a questa parte è una vera e propria espropriazione del diritto d'autore dello youtuber, che vede il suo video sradicato dalla sua piattaforma originale (YouTube, o negli ultimi tempi Facebook) e riproposto su una proprietaria della testata di turno. Così facendo l'autore non ha possibilità di godere dei click dei lettori, regalandoli in toto alla testata. Per i creator il problema è lo stesso: meno click, meno soldi—meno soldi, meno contenuti.

"Per riuscire a risolvere il problema il primo passo è sensibilizzare in primis l'utenza stessa e poi l'opinione pubblica: non abbiamo in mano una vera e propria struttura per agire in maniera organica, disponiamo però della possibilità di comunicare con i nostri fan e con le persone che ci seguono—il nostro potere, in questo momento, è comunicativo: dobbiamo iniziare da lì," mi spiega Claudio Di Biagio, noto come Non Aprite Questo Tubo, alfiere—perlomeno in quanto risonanza mediatica—de #LaRepubblicaDeiLadri. "Non so quali possano essere i reali risultati dopo questa protesta, ma come ogni battaglia iniziata sul web a qualcosa si può arrivare, si trattasse anche solamente della presa di consapevolezza di un gruppo di utenti. Il vero problema del web riguarda il rispetto e l'etica che mancano, visto che manca un'educazione al medium," continua.

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"È come un asilo: bisogna iniziare a frequentare almeno la prima elementare, altrimenti non si va da nessuna parte. E le testate e chi viene dagli old media considerano questo asilo un luogo di bullismo in cui possono fare quello che vogliono, qui noi invece ci viviamo e ci facciamo creatività e lavoro: quindi bisogna rispettare le regole," Claudio era stato protagonista pochi giorni fa di un altro caso di "sopruso creativo," quando ha visto il proprio nome—e dunque la propria risonanza—sfruttato per pubblicizzare i Web Show Awards italiani, la kermesse che vuole premiare i "migliori YouTuber" dell'anno. Il problema è che Claudio non era stato avvisato di questa cosa, né tantomeno avrebbe partecipato ai Web Show Awards.

Il problema è la mancanza, in Italia, di tutela legale per i contenuti pubblicati su YouTube. "Credo che in generale le cose debbano cambiare, e devono farlo da entrambe le parti, ti faccio un esempio: io creo contenuti sul web, il mio canale ha spesso bisogno di musiche accattivanti o adatte alla situazione. Da un anno a questa parte esiste una folta library sulla piattaforma di YouTube con musiche fantastiche. Sfrutto quelle e non violo il diritto d'autore utilizzando colonne sonore che non mi appartengono e che non posso utilizzare. Ecco, bisogna solo guidare la propria creatività in favore della legalità, ce la possiamo fare noi, può farcela chiunque. In un mio recente video in cui ero a Londra per vedere un film per una casa cinematografica ho dovuto utilizzare una ripresa non mia: be', l'ho comprata, come è giusto che fosse," mi spiega Claudio.

ho provato a comprare questa con la visibilità ma niente Claudio Di Biagio10 Dicembre 2015

Sebbene le premesse siano definitivamente comprensibili e le circostanze evidenzino l'urgente necessità—specie considerate le folle oceaniche mosse da questi creator—di legiferare sull'argomento, forse un hashtag così auto-referenziale come #LaRepubblicaDeiLadri non è il modo giusto per sensibilizzare riguardo l'argomento, "Non credo si possa avere un dialogo con queste realtà che si tappano gli occhi e le orecchie nel momento in cui prendono e utilizzano contenuti non loro. Questo tipo di atteggiamento non è di apertura, sono realtà a cui non interessa minimamente il concetto di community, sono solo numeri e raggiungimento di sponsor. Quello che abbiamo fatto noi è stato uno slancio positivo e concreto partito dalla community, quel concetto che le testate di questo tipo ignorano e che, invece, sul web gestisce le sorti di ogni cosa," conclude.

Resta da chiedersi se le testate italiane si adopereranno per rispondere ai malumori dei creator, o se da qualche parte potrà partire un impulso che possa portare alla creazione di normative sull'argomento YouTube. Nel frattempo, anche YouTube Italia ha un grosso problema: la pubblicità.