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Jordan Wolfson

I pupazzi animatronici di Jordan Wolfson

L’artista newyorkese presenta ad Amsterdam una mostra che fa riflettere sul possibile futuro inquietante dell’intelligenza artificiale.

Per incontrarla bisogna fissare un appuntamento chiamando il museo. Non riceve tutti, si concede con riservatezza e bisogna desiderarla. Ha il sex appeal e la forza di chi à sopravvissuto a qualcosa di traumatico ed incerto. Non è una ragazza ordinaria e anche se mascherata e sporca di fango sa esattamente come sedurre e manipolare la sua audience. La incontriamo in una stanza e ci accoglie dicendo: "My mother is dead, my father is dead, I'm gay, I'd like to be a poet, this is my house."

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Jordan Wolfson, Female Figure 2014. Courtesy dell'artista e David Zwirner. Foto: Jonathan Smith

Poi inizia la musica, una canzone di Lady Gaga, lei balla ed e' subito chiaro che siamo osservati, ci segue ovunque con lo sguardo, non possiamo uscire dal suo radar perche Female figure (2014) è una creatura androide altamente sofisticata in grado di tracciare ogni minimo spostamento, anche quello delle nostre pupille, grazie alla collaborazione dell'artista con lo studio di robotica Spectral Motion di Los Angeles.

La mostra di Jordan Wolfson, disorientante artista newyorkese classe 1980, non vuole metterci alla prova con un vero e proprio test di Turing dato che, ovviamente, ci troviamo in compagnia di un animatrone, ma questa sicurezza è evidente solo perché il corpo di  Female figure è sostenuto da una barra agganciata allo specchio davanti a cui balla. I suoi sguardi insistenti e i movimenti fluidi del corpo sono spiazzanti. Poi ci chiede di chiudere gli occhi: "Close your eyes,"  ma e' difficile lasciarsi andare al comando di una macchina che cerca di controllarci. Danzando ci trascina lentamente nel tunnel di un conflitto tra il morale e il filosofico: se il processo scientifico e tecnologico sfuggirà al nostro controllo, cosa ne sarà del genere umano? Cosa potrebbe fare di noi questo demone platinato se sfuggisse al controllo del guardiano del museo?

Jordan Wolfson, Colored sculpture, 2016. Courtesy dell'artista, Sadie Coles HQ London e David Zwirner. Foto: Dan Brandica

Colored sculpture (2016) è la seconda creatura meccanica di Jordan Wolfson che nel percorso espositivo del museo innesca un rapporto ambiguo, confuso e satirico. Questo burattino gigante animato ci segue con lo sguardo mentre viene abusato da un enorme braccio meccanico. Il grande pupazzo ha capelli rossi e lentiggini, come il bambino sorridente sulla scatola di cereali che ha confortato il risveglio mattutino di generazioni di americani o il personaggio di una favola per bambini come Pinocchio e Frankenstein. Anche in questo caso Wolfson presenta un personaggio inquietante e controverso, un organismo complesso al limite dell'umano con cui e' facile identificarsi e sentirsi a disagio.

Per saperne di più sulla mostra visitate il sito del museo.