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Dichiarazione di Ribellione di XR a Westminster, Londra, il 31 ottobre 2018. Immagine: Thomas Katan, per gentile concessione di Extinction Rebellion
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Gli italiani di Extinction Rebellion, il lato disobbediente della lotta per il clima

Abbiamo parlato con gli italiani che hanno unito le forze con il movimento internazionale XR nato a Londra a ottobre scorso, che sta portando la disobbedienza civile non-violenta nella lotta contro il cambiamento climatico.

“Stiamo affrontando la nostra ora più buia. L'umanità è minacciata da un evento senza precedenti nella storia.” Comincia con queste parole la Dichiarazione di Ribellione di 'Extinction Rebellion', il movimento di disobbedienza civile nato a Londra nell’ottobre scorso per denunciare l’inattività del governo britannico (e non solo) nei confronti del cambiamento climatico e delle gravi crisi ecologiche che stanno minacciando il pianeta. All’ultima manifestazione, conclusasi domenica scorsa, si è unita anche Greta Thunberg.

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Ad accendere i riflettori su XR (questa la sigla abbreviata del movimento) sono state le molteplici iniziative di disobbedienza e sovversione non-violenta organizzate dagli attivisti; prima fra tutte, la manifestazione del 17 novembre scorso nella quale migliaia di persone hanno occupato cinque ponti di Londra — Westminster, Lambeth, Waterloo, Blackfriars e Southwark — chiedendo a gran voce agli organi governativi di prendere dei provvedimenti efficaci e tempestivi per la salvaguardia del pianeta. La protesta ha portato all’arresto di oltre ottanta persone, ma Gail Bradbrook, co-fondatrice del movimento, ha spiegato che altri attivisti sono disposti a rinunciare temporaneamente alla loro libertà come strumento di lotta.

Tra le preoccupazioni principali espresse dal movimento ci sono la rapidissima perdita di biodiversità — testimoniata anche dall’ultimo Living Planet Report pubblicato dal WWF, secondo cui abbiamo di fatto sterminato il 60 percento degli animali sul pianeta — il cambiamento climatico e il rischio di estinzione della nostra stessa specie.

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Foto della manifestazione 'Rebellion Day' di XR del 17 novembre scorso. Immagine: Mark Hart, per gentile concessione di Extinction Rebellion

Alla protesta sui ponti londinesi hanno preso parte accademici, studenti, politici e cittadini comuni, pronunciando gli slogan "Stop Climate Breakdown", "Fossil Fuel Era Over", "Rebel For Life" o intonando storici inni pacifisti come ‘We shall overcome.’

Tra i manifestanti c’era anche Marco Bertaglia, ricercatore italiano che da diversi anni si occupa di sostenibilità, agroecologia, suolo e ricopre l’incarico di coordinatore di Extinction Rebellion Italy. Per lui, che è stato tra i firmatari del secondo “Avvertimento per l'umanità dagli scienziati del mondo” del 2017 (World Scientists: Second Notice), è necessario un cambiamento radicale per risolvere i problemi ambientali nel loro complesso.

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“Quando ho letto un articolo che parlava della Dichiarazione di Ribellione di XR,” ha raccontato Bertaglia a Motherboard per telefono, “ho deciso subito di entrare far parte del movimento che è nato dall’organizzazione preesistente ‘Rising Up!’. Gli attivisti inglesi hanno voluto estendere la protesta in diversi paesi (Francia, Brasile, Stati Uniti, Australia, Canada) e io ho accolto il loro invito portando XR in Italia, mosso dalla consapevolezza che siamo vicini al baratro e che sia necessario un cambiamento sistemico completo.”

Nel mese di febbraio sono stati organizzati eventi di presentazione e assemblee del movimento italiano a Milano, Torino e Bologna. Per Marco Bertaglia è importante seguire la strada tracciata dagli attivisti inglesi perché hanno posto l’accento sulla necessità di far pressione sui governi con la disobbedienza civile non-violenta, seguendo l’esempio di Gandhi e Martin Luther King. “Credo che la protesta vada affrontata con la non-violenza e che non serva individuare dei nemici,” ha spiegato il ricercatore, “ma problemi da risolvere e soluzioni da proporre. Con ciò non intendo dire che non ci siano potentati economici da contrastare, ma il principale target di XR sono i governi a cui si chiede di dichiarare l’emergenza ecologica e climatica, di cancellare le politiche contrarie, di portare a zero entro il 2025 le emissioni di CO2 e, infine, di stabilire delle assemblee cittadine.”

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Immagine: manifestazione di XR a Londra del 15 marzo scorso. Foto per gentile concessione di Extinction Rebellion

Tali richieste mirano a sensibilizzare su dei temi trasversali ma di cui ancora oggi manca una piena consapevolezza. “Bisogna fronteggiare non solo quello di cui si parla di più ovvero il cambiamento climatico,” ha sottolineato Bertaglia, “ma anche le crisi ecologiche, la perdita di biodiversità, la plastica, la perdita di materia organica del suolo e molteplici altri aspetti; oltretutto anche se considerassimo il solo clima, per cui almeno pubblicamente sono state annunciati degli interventi, in realtà nessuna nazione tra quelle che hanno firmato gli accordi di Parigi è sulla buona strada per rispettarli e ormai è stato dimostrato che anche se lo facessero non basterebbe più. Con i nuovi modelli sappiamo che pur rispettando quegli accordi si arriverebbe ad un riscaldamento di 3,3 gradi (e non di 2 gradi) sopra la base preindustriale.”

Su questo punto gli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel rapporto dell’ottobre scorso hanno lanciato un monito chiaro: c’è bisogno di un cambiamento radicale e non semplice da attuare per limitare l’innalzamento della temperatura a 1,5°C. “Ho creduto nel progetto Extinction Rebellion,” ha concluso Bertaglia, “perché serve mettersi insieme ed essere abbastanza numerosi per cambiare le cose. In Italia siamo una piccola realtà però siamo molto motivati e stiamo organizzando una serie di iniziative.” A Milano è stato organizzato un “die-in” all’interno del centro commerciale City Life in cui i manifestanti si sono stesi per terra per simboleggiare il rischio di estinzione da cui siamo minacciati, mentre a Roma un attivista di XR è salito sulla metropolitana B vestito da sub per sensibilizzare sul tema dell’innalzamento dei mari.

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L’esigenza di fare qualcosa per salvare il pianeta ha portato anche Elisa Langin, insegnante di storia in un liceo di Torino, ad entrare in contatto con il nascente movimento italiano. “Ho letto degli articoli sui fatti di Londra,” ha raccontato Langin a Motherboard per telefono, “e ho cercato se ci fosse un sito italiano. Quando li ho contattati per dare tutto il mio supporto alla causa, mi hanno risposto subito per chiedermi di partecipare. Ci ho pensato due secondi due e mi sono detta che non potevo più stare con le braccia incrociate, da circa un ventina di anni sono sensibile alla causa ambientale e mi sono resa conto che avevo il dovere morale di fare qualcosa per combattere la situazione drammatica in cui siamo.”

Per lei, mamma di due bambine di 8 e 10 anni, il rapporto IPCC di ottobre è stato un duro colpo perché è aumentata la preoccupazione di non poter lasciar loro un mondo in cui vivere. Ma allo stesso tempo è cresciuta la sua voglia di non cedere alla rassegnazione. “Bisogna rimettere le persone al centro dell’attività politica, il messaggio di XR è stato chiaro su questo punto. Ho apprezzato inoltre la scelta della non-violenza, perché credo che se vogliamo cambiare, possiamo farlo solo attraverso un dialogo aperto e pacifico. Per me non si tratta solo di una questione ecologica c’è anche un’urgenza sociale, politica, spirituale (un termine con cui faccio riferimento al rapporto che l’individuo intrattiene con il sé e con il fuori),” ha proseguito Langin.

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Eppure nonostante le crisi ecologiche e il cambiamento climatico costituiscano una minaccia reale e concreta per il futuro del pianeta, c’è ancora un diffuso scetticismo. Oppure, in molti casi, domina un sentimento di paura e impotenza. Lo testimonia anche il sondaggio sulle principali paure nel mondo del Pew Research Center, pubblicato lo scorso febbraio, nel quale è emerso che il 71% degli italiani è spaventato dalle conseguenze del cambiamento climatico.

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Immagine: graffiti realizzati durante la manifestazione di XR a Bristol, il 24 marzo scorso. Foto per gentile concessione di Extinction Rebellion

“Ho riflettuto molto sulle reazioni delle persone,” ha affermato Elisa Langin. “Comprendere quello che sta accadendo non è facile e in tanti attuano dei meccanismi di difesa perché non possono e non vogliono crederci. Per contrastare questo atteggiamento bisogna informare ed educare, praticare la non violenza, mostrare l’esempio in modo determinato, ma comunque benevolo.” L’insegnante e attivista di XR a febbraio ha organizzato una giornata di sensibilizzazione, un Friday For Future — seguendo l’esempio della giovane attivista Greta Thunberg — in cui con i suoi studenti ha parlato della crisi ecologica e ragionato su cosa sia la felicità oggi.

In una delle manifestazioni di marzo, gli attivisti inglesi hanno voluto mostrare in maniera ‘visceralmente chiara’ tutta la loro preoccupazione per il futuro dell’umanità, versando della vernice di colore rosso per simboleggiare il sangue delle generazioni future. Si è trattato di un atto preparatorio alla “Giornata di ribellione internazionale,” proclamata da XR per il 15 aprile scorso. Una giornata a cui hanno aderito anche gli attivisti del movimento italiano, mossi dalla convinzione che non sia ancora troppo tardi per salvare il pianeta e dalla speranza di risvegliare il governo italiano, che non si è ancora espresso chiaramente sui temi ambientali né ha annunciato azioni concrete.

Dopo la settimana di azioni internazionali culminata con domenica 21 — al seguito della quale XR ha dovuto lasciare alcuni dei luoghi che aveva pacificamente occupato — è stata dichiarata conclusa la “Fase 1” della ribellione. Il gruppo conta ora oltre 30.000 membri — con circa 1000 arresti — e un sistema organizzato a livello internazionale. “Siamo venuti qui non per trasformare Londra, ma per trasformare il mondo,” si legge nel comunicato di questa settimana. “Ora dobbiamo decidere cosa succederà nella Fase 2.”