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Tecnologia

Perché è troppo facile dare la colpa a un hacker quando scrivi una cazzata

Dopo uno spot e dei messaggi razzisti che hanno fatto saltare la sfilata in Cina, Gabbana ha accusato un hacker di essere entrato nel suo profilo Instagram.
Giulia Trincardi
Milan, IT
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Immagine: screenshot via Instagram, Wikimedia Commons 

Questa settimana, per promuovere la propria imminente sfilata a Shanghai, in Cina, il marchio di moda italiano Dolce & Gabbana ha pubblicato sui propri canali Instagram un video promozionale, in cui una modella cinese cerca di mangiare con le bacchette un gigantesco cannolo siciliano, mentre la voce fuori campo le dà istruzioni in cinese.

Il video è stato ripubblicato con i sottotitoli in inglese dal popolare account Instagram Diet Prada, che ha accusato il marchio di ritrarre in modo razzista la cultura e società cinese — dalle decorazioni sullo sfondo stereotipate, alla descrizione di una ragazza cinese come incapace di mangiare cibi di altre culture, fino al testo allusivo sul cannolo che è “troppo grande” per la modella.

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Stefano Gabbana ha risposto alle accuse via messaggio privato a Michaela Tranova, collaboratrice di Diet Prada, prima sostenendo che il contenuto in questione non era razzista ma un “tributo” sincero al paese, poi che “se i cinesi si sentono offesi da una ragazza che mangia la pizza o la pasta con le bacchette è perché si sentono inferiori,” e sfociando in uno sfogo sul fatto che “il mondo intero sa che [in Cina] si mangiano i cani,” mentre “noi celebriamo i cani che non possiamo mangiare ma che amiamo e con cui viviamo.” Gabbana ha poi concluso lo scambio con Tranova scrivendo in inglese sgrammaticato che “da ora in poi in tutte le interviste che farò dirò che il paese della merda [dove il concetto “merda” è espresso con cinque emoji a forma di cacca, ndr] è la Cina.”

Subito dopo, sull’account personale di Gabbana è comparso un post con le parole “not me” in rosso e uno screenshot della conversazione — nel frattempo riportata pubblicamente sia sull’account personale di Tranova che su quello di Diet Prada. Gabbana ha dunque preso le distanze dall’accaduto, incolpando un hacker di essere entrato nel suo account e in quello ufficiale del marchio, e informando il pubblico di aver avviato un’indagine legale sull’incidente.

Ora. Non sappiamo se l’account di Gabbana sia stato effettivamente manomesso da un hacker il cui unico intento sembra essere litigare online e far passare Gabbana per un razzista. Se così fosse, ovviamente, si tratterebbe di un problema molto spiacevole.

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Da diversi anni a questa parte, però, scaricare la colpa su un misterioso hacker rappresenta una strategia molto comune per le personalità di rilievo, possibilmente per rimangiarsi qualcosa di detto che ha scatenato una reazione negativa e violenta e che potrebbe, quindi, rappresentare un danno economico.

Si tratta, in un certo senso, di una forma di negazione plausibile, per cui il vertice di una gerarchia (economica, politica o militare) può affermare in buona fede di essere estraneo alle azioni scorrette commesse da suoi sottoposti. Un profilo virtuale è per noi una sorta di sottoposto/simulacro, perché, come vuole la filosofia di internet, è impossibile sapere davvero chi c’è dietro. In questo mondo di nuove negazioni plausibili, stagisti e hacker diventano capri espiatori perfetti per smorzare incidenti diplomatici.

Per quanto hackerare un profilo Instagram sia assolutamente possibile — e rappresenti un rischio concreto per gli utenti che utilizzano il social come mezzo di guadagno e che possono essere ricattati economicamente —, dare la colpa a un hacker per uno scivolone fatto sui social media è diverso e fin troppo facile per due ragioni. La prima è che non è possibile confermare la veridicità delle accuse esternamente — a meno che l’hacker in questione non rivendichi su altre piattaforme la paternità dell’azione o Instagram rilasci un qualche tipo di dichiarazione. La seconda è che fa leva sulla scarsa conoscenza che le persone hanno dell’informatica: sfrutta a proprio vantaggio il terrore mistico e la superstizione che molti provano nei confronti della tecnologia e degli hacker in particolare — stregoni capaci di tutto grazie alla magia del codice.

Al momento, il ritorno di fiamma delle parole di Gabbana è stato tale che, oltre alle centinaia di commenti negativi su Instagram, ha portato alla rimozione del video pubblicitario da Weibo (l’equivalente cinese di Twitter), il duo di stilisti sarebbe stato trattenuto dalle autorità del paese, la sfilata di Shanghai è stata cancellata, e i prodotti del marchio sono spariti dai siti di e-commerce cinesi.