Ronzio monotono, ronzio disperato
Illustrazione: Sciandhal

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Ronzio monotono, ronzio disperato

In un mondo futuro invaso dalle cimici, non resta che chiudersi in casa e ammazzarsi di canne.

Questo racconto fa parte di Terraform, la nostra rubrica mensile di narrativa sci-fi. Racconti sul futuro dell'uomo, della Terra e dell'universo—Tra nuovi approcci alla realtà e evoluzioni distopiche del nostro presente. Ogni due giovedì una nuova puntata: se hai un'idea da proporre o un racconto da pubblicare, scrivici a itmotherboard@vice.com.

L'orologio segna le 22:33 a.m.

"..Ma quindi?"

"..Oh?!"

"…"

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Disciolto nel tepore della penisola in finta pelle color ruggine, R. ascoltò il suo grido spegnersi inascoltato.

"Vai o non vai?!", urlò di nuovo.

La testa flessa appena, in ascolto, cercava di capirci qualcosa sopra a quel ronzio monotono infernale, tanto che gli pareva di sprofondarci, ormai.

"'Spettaa che no sentoo!", ululò E., con un certo ritardo, affacciandosi di sfuggita dal pianerottolo sulle scale.

R. si sentiva lentamente scivolare lungo il palato di quel rumore abissale, caldo come il wuuu di una cappa, che pareva stesse salivandogli il cervello, per poi inghiottirselo in un flup. In quel momento, rimproverando se stesso , ammise di aver fumato un tantino troppo, per un martedì pomeriggio. Con le cuffiette in mano, sul che di rimettersele, stette ad ascoltare il ronzio che rimbombava appena nella casa.

"..Veto si o no?!" sbraitò, stavolta con un che di strillato, spazientito com'era dalla sua stessa insistenza.

"..Aspetta che scendoo.." cantilenò di nuovo E. placido dalla distanza, appena percettibile.

"Eh?" interrogò allora Ricky, drizzandosi sul divano.

"O dio caro… No te sento vecio! Adesso rivo!" fece l'eco della voce di E., che trafficava al piano di sopra, fra bagno e camere da letto.

Stizzito R. allora provò a rimettersi le cuffiette, alzando il volume al massimo. Era stata la loro scoperta della settimana: il suono di quelle ali che fremevano all'unisono come un miliardo di micro-ventilatori, aveva una frequenza che pareva infilarsi sotto qualsiasi tipo di suono.

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E. sosteneva che la cosa valesse anche per il cri-cri dei grilli. L'eco di quella vibrazione allagava la parte inferiore del mondo, come un liquido denso, udibile e pesante. Aveva inghiottito ticchetti, fruscii, scricchiolii. Un allagamento di rumore.

"..Oh."

"Oh…"

E. era entrato in soggiorno di falcata piena, dritto verso i fornelli, la testa ancora fumante, calzini coi pantaloni in acetato infilati dentro, felpa doublefas in fantasia a rombi anni '80, maniche a zampa d'elefante. In tutta la casa c'erano si e no tredici gradi scarsi.

"Bevito un the?" chiese E. in automatico, smanettando dietro ai fornelli.

"Mmh mmh.", muggì R.

"Eh?" interrogò di nuovo E., senza voltarsi.

"Si si, butta sù..", borbottò allora quell'altro, mezzo steso, gli occhi stravaccati nel laptop che teneva sul petto. I fornelli fecero woop. E. si piegò ad accendere qualcosa. Nella stanza si spanse un odore di indoor misto Badedas.

"Guarda qua, senti senti.." esordì R. alzando il volume al massimo, spianandogli incontro il Laptep come un mazzo di fiori - da seduto, stiracchiato dalla vita in sù.

"'Spetta, 'spetta.." rispose E. circumnavigando il tavolo, abbandonando il the a sé stesso.

"..We are all leading lady, you know, enthusiastic DIY broadcaster of our clunky, mashed up own personal culture, solipsistic monades that.." ronzava il coso.

"A soita..", rispose E. guardando di traverso il tizio nello schermo, con una certa aria di sufficienza "..Sempre-la-solita.".

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"Ma 'scolta no, n'attimo..", insisté R.

"..Thankfully shared from our lovely "IT's Me Planet". Now, consider Metzinger's conc.."

"A soita vecio dai.." tagliò corto quello ritraendosi in una piroetta al rallenty, tornando verso i fornelli.

L'acqua bolliva muta, sovrastata dal ronzio.

"Ne ho trovati quarantacinque, solo qua in salotto.." disse R. per cambiar discorso, ispezionando la coperta con cura."..Quaranta-cinque".

"E si che col freddo dovrebbero crepare. Invece tutta 'sta aria li aizza ..", borbottò E., scaraffando il the in una tazza bianco latte sospesa sul lavandino, "Che rottura de cojoni.."-, gorgogliò con un colpo di tosse in gola "..E anca stasera tosi, qua..".

"… Anca stasera seghe.", completò R. scrollando lo schermo "..La Tribuna comunque dice che domani notte buttano il veleno nuovo. "..Il consigliere provinciale per l'ambiente Fausto De Vido, di concerto con ARPAV e Coldiretti, ha garantito che entro il week end.." e bla bla bla..".

R. si mise seduto, a gambe incrociate sotto la coperta "..Insomma te tocca 'spetar venar pa 'ndare in figa.". E. annuì senza troppo convinzione, pensieroso, lo sguardo incantato dalla tempesta di vapore che mulinava fuori dal the.

"..Ti ha preso bene comunque, no?" aggiunse quell'altro, cercando il grinder a tentoni.

"..Cosa?" interrogò Edo a sguardo basso, le mani a coppa raccolte intorno alla tazza fumante.

"A Nina no..", bofonchiò Ricky rollando un filtro, spiando con la coda dell'occhio il profilo Instagram di una tipa con due pere così.

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"Io la ascolto, lei mi ascolta..", disse tranquillo E. "..Ci troviamo, a livello di testa ecco, età a parte direi che va bene e insom..".

"..In che senso età a parte?", interloquì R., alzando lo sguardo, incontrando quello di lui che già rideva come un cretino.

"Che non è più nel fiore degli anni.." borbottò E., abbassando la faccia "..Il fisico, dopo una certa se non..Ma che?..E no, ancora porco d..!"

Improvvisamente, E. scattò in piedi. Dalla coperta di R., si era levato un ronzio disperato, come un grido di battaglia all'ultimo sangue. Una cimice si era scagliata all'assalto del lampadario.

"..Brutta troia..", ringhiarono di concerto, mentre quella prendeva a girare in tondo di gran carriera.

E. allora poggiò la tazza, lentamente, e si mise a studiare con un ché di felino le parabole ellissoidi della sua preda intorno alla luce giallastra. La schiena appena piegata, il culo a raso della sedia, lo sguardo assatanato: aspettava il momento giusto per colpire.

E BOOOM!

Con una manata che avrebbe steso un vitello, E. sparò via la cimice a velocità tachionica, dritta dritta contro il muro. Si sentì un tuc minuscolo sul pavimento. Quella restà a gambe all'aria, le ali spezzate, sconfitta. R. con compassione divertita, disse "Che fegato, comunque..".

E., afferrandola per le zampette tutto sdegnato, non rispose nemmeno: aperta velocemente l'unica finestra con i balconi socchiusi della casa, lanciò fuori il corpo esanime, richiudendola in un baleno. Il ronzio di fuori, parve farsi ancora più forte ed intenso, quasi furioso. Il buio della notte ne era infestato. I lampioni in strada, illuminavano dense nubi di antenne e ali ronzanti fin dove arrivava la vista.

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"Sai cosa mi viene in mente quando fai così?" disse Ricky, trattenendosi a stento da una risatina "..Nel senso, quando tei stendi al volo..".

"Cosa" chiese secco E. con lo sguardo che spiava fuori, attraverso lo spiraglio del balcone tempestato da legioni di cimici.

"Attack on Titans..", rispose Ricky.

"Ah, el manga..", borbottò E., ".. Cos'era, metà Anni Dieci?", chiese voltandosi a guardarlo. "Ci avevano scritto un pacco di roba, ai tempi..", disse "..Mi viene in mente ora un articolo, 'na cosa sulla topografia culturale e la filter bubble, Baudillard e neofascismo.."

"Beh, sarà si. Però 'deso ascolta.." attaccò R., con serietà "..Pensa alle dimensioni, la lotta impari no - se si può dire così. Solo che i ruoli sono rovesciati, gli assediati siamo noi, i giganti cattivi.."

E. fece un mezzo pff e tornò a guardare fuori dalla finestra. "A se a parodia de na piaga biblica.. 'Sti contadini rintronai e i so campi de soia del cazzo.." farfugliò, infilando le mani nelle maniche stile kung fu.

"Scolta vecio, questa è industrializzazione agricola.." attaccò quell'altro "..E monocolture che incasinano tutto. Sono tre anni che stiamo barricati in casa a Ottobre. Adesso se pensi al concetto di assedio, di fortezza.." sentenziò R., indicando la casa con un gesto del braccio, "..Capisci che è la complessità, il Khaos tecnologico, le nostra stessa creazione che ci sfugge di mano. E così ci rinchiudiamo nel nostro pezzetto di mondo, sempre più piccolo, sempre più ignoranti, perché da una parte ci fa comodo.."

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E. allora, tornò a guardar fuori, assorto. Il ticchettio dello sciame contro i muri gli dava un senso di ansia. "I Giganti poi sono umani, se non ricordo male..", sospirò, tornando a sedersi "..Cioè, altri uomini che stanno vincendo una guerra vecchia di secoli, ma quelli dentro le mura - i protagonisti intendo -, hanno dimenticato. Per loro quello è solo il Male, l'Ignoto, il Nemico.."

Tracannando l'ultimo goccio di the, E. chiese "..E quelli che l'hanno scritto lo sapevano? - dico, i produttori eccetera. Sapevano di cosa parlavano?". Non si capì se l'avesse chiesto a R., o si stesse interrogando da solo.

Voltandosi a guardarlo, aggiunse, parlando a raffica "..perché sennò oh, ti dice più questo che tutta la fuffa radical-chic del tempo su ideologie neo-nazi, multicommunitarianism ghettoization e tolleranze varie..".

"..'Spetta, in che senso?" interrogò Ricky, cercando di separare due cartine incollate dall'umidità, il viso tutto concentrato.

"Nel senso che sappiamo qual'è il problema, e femo finta de pomi, se ne sbattemo el cazzo.." concluse E., ricordatosi all'improvviso di versare il the nell'altra tazza, "..Lo vuoi stò the alla fine?" chiese.

"Sisi, butteo in microonde..", rispose R., tastandosi dappertutto.

"El punto, comunque.." riprese E., imperterrito "..Se che sea femo e sea magnemo, da sempre. De cosa se stupimo?",

R. - che aveva smesso di ascoltarlo, non rispose, e anzi studiando il salotto con circospezione, chiese "..L'erba che era qua in giro l'hai vista? Che ghin giro su n'altra e se femo passare 'ste paranoie.".

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"Eh ma a cambia, e come se a cambia.." borbottò E. fra sé e sé, trattenendo un ghigno a metà fra la soddisfazione e il disgusto. "..Comunque penso sia rimasta su, in camera, ghi no fuma una prima de 'ndare in doccia."

"Ok, vado su io, ti scaldame el the che rivo.." disse R. tirandosi su, facendo oooh, con uno sforzo che parve sovrumano.

Ed ecco che proprio quando E. sta infilando la tazza nel microonde, nel momento esatto in cui R. si dirige verso le scale, un tonfo sordo, al piano di sopra, riecheggia nel salotto.

I due, si bloccano come statue di sale.

In ascolto, allora, si guardano di sfuggita, e aspettano.

"Oh.."

"..Shh."

R. è inchiodato sul divano, dritto come una mangusta.

Col dito spiaccicato sulle labbra, tiene gli occhi puntati in direzione delle scalette, e ascolta.

E. guardandolo, con gesto misurato spegne il timer del microonde. Il ronzio di fuori, attutisce l'udito come un silenzio sordo.

Di sopra, il rumore sospetto si fa strascicato, di passi trascinati, incerti.

Con un gesto della mano, E. fa segno a R.di seguirlo, e afferrato un vecchio matterello, si dirige verso le scale.

Salgono un gradino alla volta, a passati tacco-punta lenti, felpati.

Quando ormai sono sul pianerottolo, però, un cluck li fa trasalire. Qualcuno - o qualcosa, ha aperto una porta.

R. sale di soppiatto fin dietro la svolta delle scale, che da sul primo piano. A quattro zampe, poi, scivola fino alla svolta appena prima del corridoio, sgusciando fuori con la testa, altezza ginocchia.

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E., acquattato appena due scalini dietro, stritola il matterello con entrambe le mani, le nocche sbiancate.

"El riva.." sussurra in filo di voce soffocato R., ritraendosi di colpo "..El rivaelrivaelrivaelriva..".

"Chi, chi arriva?? Chi arriva?!" sibila E., gli occhi tutti crepati fuori dalla testa, facendogli ostacolo col corpo.

Ma i passi si fanno più rapidi, più vicini, tant'è che R. si divincola, inciampa nel primo gradino e rovina giù per le scale.

E. però mantiene la posizione e anzi, colto da un furore rabbioso, subito si proietta fuori, nel mezzo del corridoio urlando "..Ah va in figa! Vien fora dioo..!> e mena un fendente pauroso, una bomba nucleare ad occhi chiusi, completamente alla cieca.

Il colpo - secco e preciso, schiocca e riverbera per tutta la casa come un fuori campo.

Cinque minuti dopo..l'orologio segna le 23:10 a.m.

"..E deso?"

"..No o so."

"Come no sò?"

"..No o so."

….

E. ed R. hanno le gambe che tremano, gli occhi secchi, due pupille grosse così e le mani fredde come cotolette surgelate.

Stanno barricati nel bagno di sopra, spiaccicati contro la porta di spalle, lo sguardo fisso di fronte.

"…'Scolta.."

"..No fiatare gnanca." intimò E. a R., il matterello ancora stretto furiosamente in una mano, nell'altra la maniglia della porta.

La comunicazione fra loro si era ridotta a gruppi di due, tre parole alla volta, sussurrate in un filo di fiato fischiante.

Gli sguardi, sgranati come fari da sagra, erano puntati contro le mattonelle candide dell'angolo doccia.

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Raggomitolato lì dentro, stava un ragazzone tunisino sui tardi venti, magro come un becco, dinoccolato, un pò stempiato, cappelli corti.

Vestiva una specie di poncho cerato color bluette, pantaloni di tuta dell'adidas taroccati in cotone nero seppia.

Il tutto tempestato di cimici brulicanti, in varie tonalità di verde e giallo e arancione.

Le orme dei suoi scarponi avevano lasciato una scia chimica di cadaveri calpestati, dalla moquette in corridoio fino alla doccia.

Contro le luci dello specchio, ronzavano e ticchettavano in almeno altre cinque, di cui un paio aggrappate saldamente agli spazzolini.

E., seguendone le traiettorie disgustato, insisteva nella sua scena muta. "..Scolta", incalzò R. "..Bisogna ciamare i capei.."

"No". troncò E. "..Questo se sequestro.." sibilò appena, continuando a fissare con un misto di furia e imbarazzo il presunto ladro.

Dopo la mazzata, dopo essersene scappato in bagno come un cretino, quello non aveva fatto altro che piagnucolare.

A parte massaggiarsi il braccio, e rifiutar di spicciar parola.

"..Ara che i carabinieri des i ciamo mi! Eccome se i ciamo..!"

….

L'aveva detto? Cazzo se l'aveva detto.

E. ed R. rimasero letteralmente di pietra, trattenevano perfino il fiato, e continuavano a fissarlo così, increduli.

"Capiso si, ve capiso..", borbottò l'aspirante ladruncolo, tradendo una certa vena di sarcasmo "..'Ara che facce, ma pensa questi..", ringhiò dolorante, estraendo il telefono con il braccio buono.

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"Oh..oh!." sbottò R. "Qua i carabinieri li chiamiamo noi, capito?! Eh! Gheto capio o no?!".

Voltandosi di scatto, scansò E. dalla porta e dichiarò "Des 'demo..Andiamo da basso, andiamo, e chiamiamo..!".

Stava piazzato appena fuori dalla porta, il braccio teso che ordinava "FUORI".

E. scioccato, uscì senza fare un fiato.

Quell'altro, invece, già teneva il cellulare fra spalla e orecchio. "..Si pronto, devo denunciare un sequestro di persona.." attaccò a dire, affettatissimo, accoccolandosi dentro la doccia, quasi come a ripararsi.

R. ed E. si guardarono esterrefatti.

Nessuno dei due si sognò neppure lontanamente di aprire bocca.

"..Si, ecco è successo, mi ero..Esatto, introdotto..Lo so. Ora che..Ok..Aspetto voi. L'indirizzo è..ah..Allora..Okok..D'accordo.. senz'altro.."

Il tutto durò massimo un due minuti.

Quello allora si tiro sù, tenendosi per il soffione cadente, tutto ringalluzzito, e si fece avanti con una certa cautela spavalderina.

"..Aspettiamo giù?" chiese piano, quasi con vergogna.

Il suo sguardo, sfiorato quello di R. E., schizzò via in giro come una scheggia, evidentemente imbarazzato.

E. ed R., fermi appena fuori dalla porta si scambiarono un'occhiata vuota, abissale.

Poi si girarono a guardarlo, molto intensamente.

E. stringeva il matterello fortissimamente. Per quanto ne sapeva, gli sarebbe potuto benissimo scoppiare in mano.

Fu un istante di quelli lunghi, che pare un eternità.

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Nel silenzio, il ronzio tornò lentamente ad occupare lo spazio come una densa, alienante tensione sonora impalpabile.

Allora, il tizio dentro la doccia, sembrò afferrare il discorso.

Lì, si stava prendendo una decisione di quelle proprio cazzute, cruciali, che una volta presa, è presa.

E non si torna più indietro.

Le sue pupille divennero un paio di biglie, due buchi negli occhi. "..Mi ha detto di farlo in extremis - l'avvocato, nel senso. Che dopo paga l'assicurazione.." balbettò "..Avevo paura, tosi sul serio, so un sensa lavoro e.. no vojo casini, niente cazzate Ok? Pensavo voialtri foste assicurati, co 'sta casa da paura insomma uno pensa, pensavo..".

Improvvisamente aveva preso a tremare come una foglia, parlava tutto a vanvera, era terrorizzato.

Alché, R. ed E. ebbero come un click.

Per la prima volta da quando s'erano trovati davanti quel tipo, presero a guardarlo, e a vederlo. A vederlo sul serio.

Si voltarono in sincrono, fissandosi ben bene nelle palle degli occhi.

"..Ascolta", sussurrò R., "..Adesso andiamo giù, e facciamo.." disse con la voce che gli tremava "..E facciamo che ci calmiamo.."

"Ok.." replicò E., la voce fredda come quella di un automa "..Ci calmano e pensiamo, pensemo cosa fare.." aggiunse con lo sguardo perso alle spalle del ladro, ancora lì impalato come un povero stronzo.

R., voltandosi verso di lui, gli fece un un cenno secco col mento, in direzione delle scale. "Dai 'vanti" intimò.

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Quello, sottomesso, si avviò fuori dal bagno, incamminandosi verso le scale, scortato alle spalle da E..

Scesi in soggiorno, R. gli porse una sedia con noncuranza, si avviò verso i fornelli e mise su un caffe' da litro.

E. spostando una sedia davanti alla porta che dava sull'ingresso, si mise di guardia, in silenzio, aprendo preventivamente il cancello.

"..Come va il braccio"-, chiese freddo R., dando le spalle al tizio.

Quello allora aveva preso a guardarsi in giro, tutto raggomitolato intorno al braccio colpito

"..Penso sia rotto." mugolò sconfortato, lanciando un'occhiataccia a E., che fece finta di niente.

"..Chissà pò se li ga ciamai sul serio." questionò R., facendo finta di non aver sentito la risposta, tirando il fiato a polmoni pieni, le narici dilatate.

"..'Ghe convien." glissò E. con il petto contro lo schienale della sedia, squadrando l'intruso, strofinandosi le mani lentamente.

Quando ormai il caffè fischiava, dal balcone socchiuso balenò una sirena bluette muta, intermittente.

Il ghiaino nella corte scricchiolò vivacemente in uno scroscìo.

I carabinieri erano arrivati. Dopo un attimo, alla porta si sentirono un paio di manate pesanti, poi due scampanellate.

"Aprite, la porta, carabinieri!" tuonarono da fuori, con una certa impazienza.

"Ocio des.." borbottò E. alzandosi di scatto.

Fiondatosi nell'anticamera d'ingresso, spalancò e richiuse la porta alle spalle degli agenti, velocissimo.

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Quelli, imbacuccati in un poncho nuovo di zecca, con la scritta CARABINIERI sulle spalle, si scrollarono di dosso una manciata di cimici, che presero a ronzare verso il lampadario d'ingresso.

"Allora, dov'è il sequestrato? Lei chi è? E' solo in casa?" partirono subito in quarta all'unisono, bruschi e infastiditi.

Uno era bassetto, tarchiatello, la faccia tempestata di lentiggini.

L'altro, appena più alto, bello piazzato, era una specie di Jhon Malkovic con la faccia da stronzo.

Entrati di gran carriera in salotto, senza aspettar introduzioni, si trovarono di fronte una scena singolare.

R. ,che nel frattempo aveva servito caffè latte e biscotti, s'era accomodato di fianco al ladro con una certa aria di bontà, in silenzio.

L'intruso, squadrandoli, assunse un aria dolorante e disse un "Buonasera.." che stette sul cazzo un pò a tutti.

Ben consapevole di aver rovinato la serata a tutti quanti, il ladro partì a far gli onori di casa, così d'istinto "..Volete accomodarvi?" trillò.

A R. gli si incendiarono gli occhi, ma il corpo gli rimase disteso, sicuro. Si alzò, servì il caffè anche a loro, e tornò a sedersi.

"Allora.." attaccò il piccoletto accomodandosi col collega "..Così a pelle, direi che il furbo sei te, no?" disse con un cenno verso il ladruncolo, visibilmente offeso dal razzismo intrinseco alla supposizione.

"Si, sono.." rispose fiero, tenendosi drammaticamente il braccio lamentando che "..Mi hanno colpito e..".

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"..Partiamo dall'inizio.." lo interruppe il rosso, mescolando il caffè con calma, dopo cinque cucchiaiate di zucchero a livello "..Da dov'è entrato?" chiese ad R., ignorando E., che seguiva la conversazione con la massima attenzione, in piedi sull'attenti, appena più in la del tavolo.

"Dalla finestra in camera mia.." borbottò R., "Se volete posso..".

"Non si disturbi.." glissò il rosso, sorseggiando il caffè, aggiungendo un altro paio di cucchiaini. "..E poi, quando l'avete scoperto?"

"Ci è venuto addosso..", s'intromise E. "..El se riva, Scusate marescial..Cioè, è arrivato giù dalle scale maresciallo, noi avevamo sentito un rumore ed eravamo saliti, ce lo siamo visti correre contro e.."

"..E lui mi ha spaccato un braccio!" crepitò il ladro, fattosi forza "Era un agguato, e io non sono armato ne niente! Agenti, io avevo capito, li avevo sentiti zittirsi tutto ad un tratto, e cosi ho provato a scapparmene via, ma.." e prese di nuovo a strofinarsi il braccio significativamente.

"Quindi lei è disarmato.." chiese il rosso, senza inflessione alcuna.

"E' esatto, esatto.." chiosò l'intruso, tutto ringalluzzito.

"E perché si trova ancora qui?" interrogò di nuovo quello, voltandosi poi a guardare prima R. e poi E.

Il suo compare, che nel frattempo prendeva qualche appunto, si bloccò ad ascoltare, guardando di sottecchi.

Allora un'esitazione impercettibile guizzò nell'aria, alché il maresciallo, posando la tazzina sul tavolo chiese "..Signori?"

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"Mi hanno rinchiuso in bagno.." mormorò l'intruso, con il tono da prigioniero "..Si sono piazzati davanti alla porta e..".

"..Non voleva farsi perquisire, pensavamo fosse armato.." si giustificò prontamente R. "..Ha fatto scena muta tutto il tempo."

Pescando un paio di biscotti, il maresciallo fece un cenno insofferente con la mano, in direzione del collega.

"Comandi.." mormorò quello, sparando via i cimici dal poncho in giro per il soggiorno.

Il caffè manco l'aveva toccato.

"..Faccia un breve sopralluogo di sopra, carichi le foto nel cloud della centrale e invii tutti i documenti in prefettura.."

"Agli ordini, maresciallo." squillò il sottoposto, fiondandosi di sopra con il tablet d'ordinanza stretto in mano.

"..Scusi ma.." interloquì R. "..Ma, che documenti? Noi non abbiamo ancora sporto denuncia e.."

"Qui abbiamo un presunto sequestro di persona, se lei vuole sporgere denuncia per tentato furto può farlo ora.." disse lapidario il maresciallo "..In ogni caso ci seguirete tutti in caserma gli accertamenti del caso, ora per favore le vostre genera.."

"Maresciallo, credo siano sotto effetto di stupefacenti.."

No, no nessuno se l'era sognata.

L'aveva detto sul serio anche stavolta.

Tutti si voltarono sbigottiti a squadrare il ladro, che stava con il braccio buono teso a indicare il grinder sopra al tavolino, vicino al divano.

"..Guardi là, sono fatti, mi hanno spaccato una braccio, e sono fatti come due stronzi questi qua!" denunciò con la voce che tremava.

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Il maresciallo, fulminando con lo sguardo E. ed R., studiò attentamente i loro occhi piccoli e stretti, e le occhiaie scure.

"..Oh ma dai dio.." protestò E. stralunando gli occhi "..Adesso non vorrete mica dirmi che.."

"..Dai avanti, seduti qua, tutti e due.." ordinò subito il maresciallo, tirandosi in piedi, estraendo dal borsello due piccoli stickers.

"Appuntato!" tuonò.

"..Comandi!" squillò quell'altro dal piano di sopra, lanciandosi a passo rocambolesco giù per le scale.

"Forza, in bocca.." disse porgendo due piccoli nastrini semitrasparenti, voltandosi a guardare il sottoposto. "Metta a verbale che..Le vostre generalità'?" interrogò, tornando a guardare i due.

E. ed R. sottomessi, posarono i rispettivi smartphone sul tavolo.

Il maresciallo, rapido come una faina, ci passò sopra il suo tablet d'ordinanza, e iniziò a dettare "Che il signo Riccardo Dal Molin ed Edoardo Moresco, nel corso del presunto sequestro ivi in oggetto di accertamento, erano sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, e per questo soggetti ad aggravante, viste le nuove disposizioni del D.M 5/7/2027, riguardo reati di lesione alla persona, stante l'articolo 588 del Codice Penale. Inoltre, considerati i comma 6 e 7 del suddetto articolo, i tassi di rischio comparati verranno maggiorati fino a fine istruttoria preliminare, in via precauzionale..".

L'appuntato, dopo aver diligentemente trascritto, passò il suo tablet sopra gli smartphone di E. ed R. ."Trasmesso." confermò con sollecitudine.

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"Bene, ora.." attaccò il maresciallo, facendo cenno all'intruso di alzarsi "..Lui ora viene con noi. Voi invece date 'na sistemata qua dentro - che c'è puzza di merda, poi prendete e filate da noi, in centrale..".

Avviandosi verso la porta, si voltò di scatto, guardandoli entrambi nelle palle degli occhi, ancora li seduti come due cretini.

"Entro dieci minuti dovrebbe arrivarvi l'avviso di garanzia e le relative disposizioni precauzionali.."

"Disposizioni precauzionali?.."

"Shh.." fece E. ad R. mollandogli una gomitata.

"Ci vediamo più tardi, e mi raccomando. Che qua di rotture di coglioni stasera ne abbiamo già che basta.. A dopo." sputò fuori il maresciallo, tutto gonfio come una quaglia.

"Comandi, cioè a prest..A dopo." balbetto' E, confondendosi.

Quello non ci fece caso, diede una spintarella all'intruso e uscirono fuori tutti e tre nel mezzo dello sciame, di filato dentro la volante.

Chiusa la porta, dentro il soggiorno calò un silenzio da catacomba.

Il ronzio, prima quasi dimenticato, tornò a inondare la casa inesorabile, filtrando dentro da ogni parte.

E. ed R., stavano ancora lì seduti, come in trance.

Poi, uno dei loro smartphone s'illuminò, l'altro appena dopo. Si susseguirono tutta un ventaglio di trilli e vibrazioni varie .

Li presero in mano uno dietro l'altro, scrollando velocemente le notifiche.

"..Qua dicono che è aumentato il premio per l'auto. Guarda. Pure le bollette di luce e gas, Internet, parfin l'acqua dio caro.." mormorò E. con tono sconsolato ""le seguenti disposizioni precauzionali saranno applicate fino a indagine istruttoria conclusa". E quando finisea 'sta istruttoria?.."

"..A me hanno sospeso la borsa di studio, porca m.." ringhiò R., con la voce rotta da quel che sembrava un pianto in arrivo.

"Aspetta un attimo, 'speta n'attimo. Vecio, el tasso sulla rata d'affitto? Controlla fame un piacere.." chiese allarmato E..

R., armeggiando a due mani, velocissimo, aggiornò l'app bancaria. Il telefono mandò una vibrazione, accompagnata da uno squillo. Lui, aprì la notifica in mezzo secondo. Poi, distolse lo sguardo e stette muto un attimo, sbiancato.Giratosi a guardare E. e gli mostrò lo schermo. Quello lesse, e buttò gli occhi fuori dalla testa, tenendo una mano sulla bocca.

"E' meglio mettersi a far due conti vecio.." suggerì cupo R.. "..Senno qua restemo in braghe di tela, altro che storie.."

"'Scolta, ci pensiamo dopo.." borbottò, alzandosi con fare dolorante "Piuttosto, faghine su n'altra, vaea.." aggiunse, trascinandosi verso le scale, senza neanche voltarsi "..Che sea femo passare."

"'Ara che i ce sequestra anca la patente.."

Illustrazione di Sciandhal