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Tecnologia

I chemical tweet di Nurit Bar-Shai sono pura bioarte

La biologia dei batteri può rivelarsi una cosa bellissima, soprattutto quando li vedi parlare tra di loro.

Objectivity [tentative] è un progetto dell'artista israeliana Nurit Bar-Shai, ispirato dalle ricerche biochimiche di Eshel Ben-Jacob dell'Università di Tel Aviv, che nasce con l'intento di celebrare la convergenza tra arte, scienza e tecnologia. L'artista mette in mostra delle splendide immagini dei “chemical tweets”, i messaggi che i microorganismi si scambiano quando vengono posizionati in ambienti diversi. L'ultima esposizione di Bar-Shai, Sound to Shape, consiste in un'installazione in cui gli stimoli sonori fungono da catalizzatori per queste forme d'arte “viventi.”

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L'anno scorso, la mostra è stata ospitata in numerose gallerie internazionali, come la Dublin Science Gallery, e in università come il Colorado College. Ma è anche passata per luoghi meno formali, tipo il West Café a Brooklyn, a dicembre.

Mentre con una siringa inietta il batterio Paenibaciullus vortex nell'agar (un polisaccaride ricavato dalle alghe rosse, usato come gelificante naturale e come terreno di coltura per la riproduzione dei batteri), Bar-Shai stimola il microorganismo con diverse frequenze sonore. Questo segnale sinestetico, che combina input audio e visivi, induce il batterio a svilupparsi in modi sempre diversi e affascinanti.

Questo particolare tipo di batterio, in grado di comunicare con gli altri esemplari creando singolari conformazioni, è noto alla comunità scientifica per le sue proprietà di “motilità cooperativa” e le capacità di colonizzazione. Queste caratteristiche “smart” hanno fatto di P. vortex una prima scelta per la sintesi di prodotti in ambito industriale, agricolo e medico, che vanno dai cosmetici ai biocarburanti.

Cio che rende davvero possibile l'interpretazione artistica di questo processo biologico è la sensibilità del batterio, che produce risultati complessi e sempre differenti, anche quando le condizioni ambientali variano di poco. Questa forte adattabilità sembra pertinente col fatto che, in natura, P. vortex è presente negli ambienti più disparati: terra, acqua, materiali vegetali, erba, radici e larve di insetto.

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Bar-Shai considera le sue colonie di batteri “ad ampio spettro” delle “rappresentazioni visive dei sistemi di comunicazione.” Guarda caso, queste rappresentazioni dello scambio di messaggi tra cellule sono stupende e quasi ipnotiche. Le immagini dell'artista israeliana ricordano un po' la recente esposizione fotografica di Sarah Schoenfeld, All You Can Feel!, che mette in mostra delle immagini di sostanze chimiche (droghe pesanti per la cronaca) al microscopio, rivelando una sorprendente varietà di forme e colori.

Bar-Shai non lavora con la tecnologia e i microorganismi solo in senso artistico, ma è anche cofondatore e direttore del Culture Program di Genspace, un'organizzazione con sede a Brooklyn nata per stimolare la gente a cimentarsi nelle biotecnologie. Oltre ad avere una biblioteca aperta al pubblico, il centro organizza dei corsi intensivi in laboratorio, che producono risultati alquanto bizzarri.

Uno degli obiettivi di Bar-Shai è quello di stimolare il dibattito sui problemi etici legati al fatto che le sperimentazioni chimiche DIY e la manipolazione genetica stanno diventando sempre più alla portata di tutti. Comunque, le sperimentazioni in questo campo spesso producono risultati che forzano la linea di demarcazione tra scienza ed estetica finché queste non diventano una cosa sola; una serie indefinita di fenomeni miracolosi che sono un piacere sia per gli occhi che per la mente.

Questo post è apparso originariamente sulla pagina The Creator's Project.