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Tecnologia

Guarda un atomo di stronzio fotografato con una reflex digitale

Un ricercatore ha appena dimostrato che si può fotografare un atomo utilizzando una comune reflex, un poco di fisica e tanta pazienza.

Nonostante nel 2015 il numero di morti per selfie abbia superato quello per uccisioni da squali, rendendo il narcisismo umano uno dei predatori più letali della Terra, c’è ancora qualcuno che prende la fotografia sul serio — fortunatamente. Esiste, infatti, una vera e propria competizione organizzata dall’Engineering and Physical Sciences Research Council (EPSRC) per premiare la migliore foto a tema scientifico dell’anno.

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Il vincitore della Science Photography Competition di quest’anno è 'Single atom in a ion trap' (letteralmente, ‘Singolo atomo in una trappola ionica’) di David Nadlinger, un ricercatore dell'Università di Oxford.

Lo scatto, che gli è valso il podio, ritrae un atomo di stronzio (numero atomico 38), mantenuto in sospensione grazie ai campi elettromagnetici provenienti da degli elettrodi metallici (a forma di grandi matite appuntite) che ha ai suoi lati a circa 2mm di distanza e che costituiscono la trappola ionica. Nonostante la levitazione magnetica sia sempre affascinante, non è abbastanza per colpire il cuore scientifico della giuria, che vanta tra i membri il professore Dame Ann Dowlin, presidente della Royal Academy of Engineering.

Immagine: Wikipedia

La peculiarità dell’immagine sta nella macchina fotografica utilizzata: nessuno strano aggeggio futuristico come potremmo immaginarci, ma una semplice macchina fotografica commerciale (una reflex digitale Canon 5D Mark II con obiettivo EF 50mm f / 1.8 Canon). Lo stronzio infatti, illuminato con un laser tra il blu e il viola (verso la fine dello spettro visibile), assorbe i fotoni in arrivo e si eccita.

Questo stato di eccitazione ha un tempo di vita limitato, per cui tenderà a diseccitarsi rilasciando l’energia acquisita ancora sotto forma di fotoni: la peculiarità di questo atomo è che il processo è talmente tanto veloce da permettere di acquisire un’immagine semplicemente con la lunga esposizione della fotocamera.

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La peculiarità dell’immagine sta nella macchina fotografica utilizzata: nessuno strano aggeggio futuristico come potremmo immaginarci, ma una semplice macchina fotografica commerciale.

Per chi non fosse familiare con le fotografie a lunga esposizione facciamo un piccolo ripasso: i sensori digitali della fotocamera alla fine non sono altro che dei condensatori, nello specifico sono delle CCD — dall'inglese charge-coupled device —, circuiti integrati formati da una griglia di elementi semiconduttori in grado di accumulare e trasferire all'elemento adiacente una carica elettrica proporzionale all'intensità della radiazione elettromagnetica che li colpisce.

I condensatori sono dei componenti elettrici in grado di immagazzinare l'energia in un campo elettrico. Senza entrare troppo nei dettagli, è facile capire che più esponiamo questo dispositivo ad un campo elettrico, più questo tenderà ad immagazzinare energia. È così che funziona la fotografia a lunga esposizione: esponiamo per più tempo i sensori della fotocamera alla luce, accumulando più luce (e quindi più informazioni) di quella che normalmente tratteniamo con uno scatto semplice. Il rischio è che, muovendo la fotocamera durante l’acquisizione, si vengano a sovrapporre le immagini nella maniera sbagliata, come mi è successo qualche tempo fa cercando di immortalare la Luna:

Questo sono io che cerco di fotografare la Luna. Immagine: raffaele Farinaro

Ma tornando alla foto dell’atomo di stronzio: è stata scattata attraverso la finestra di una camera in ultra-high vacuum (ultra alto vuoto, cioè una pressione più bassa di 10^−7 pascal) che ospitava l’atomo intrappolato.

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Una volta intrappolato, l’atomo viene “immobilizzato” grazie ad una tecnica nota come laser cooling, che permette di raffreddare atomi e molecole a temperature prossime allo zero assoluto utilizzando dei fasci laser; in questo modo è possibile studiare gli effetti prettamente quantistici della materia, creando terreno fertile per lo studio di sensori quantistici e rendendo possibile l’implementazione (almeno teorica) di computer quantistici che utilizzano come qubit gli stati elettronici di questi atomi intrappolati.

L’autore della foto ha spiegato come lo affascinasse l’idea di essere in grado di osservare un singolo atomo ad occhio nudo, quindi la possibilità di creare un ponte tra il mondo microscopico dei quanti e quello macroscopico della realtà classica. “Sono stato premiato per questa particolare immagine di un piccolo, pallido puntino azzurro,” continua citando Carl Sagan e la foto scattata dalla sonda Voyager 1 nel 1990, quando una creazione umana raggiunse per la prima volta i confini del sistema solare.

Tra le altre immagini vincenti che si possono trovare sul sito ufficiale della competizione, troviamo l’elettroencefalografia di un anziano registrata sul ponte George IV mentre faceva esperienza dell’ambiente circostante, e “Microbubble for drug delivery”, l’immagine di micro-bolle ricoperte di nano-liposomi contenenti un farmaco, utilizzate a scopo terapeutico per andare a colpire ad esempio tumori.

Segui Raffaele su Twitter: @lozioraf

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