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Watching Anonymous Italia

L'operazione Outnumbered è servita davvero a qualcosa?

We do not forgive, we do not forget. Odio gli slogan. Si tratta quasi sempre di versi ampollosi, che perdono via via di significato ogni volta che li si ripete, ogni volta che finiscono in bocca a qualcuno che è seriamente poco capace di andare oltre lo slogan stesso. Quello di Anonymous l’ho sempre trovato particolarmente stupido, per il carattere infantilmente intimidatorio che, per dirla con Castellari, suggerisce come unica risposta “e sticazzi?”

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Però ne apprezzo al 100 percento l’operato. Soprattutto perché trovo giustissimo che un qualche movimento antagonista sfrutti, in maniera “organizzata”, mezzi equipotenti a quelli di chi si è preposto di combattere. Oltre la retorica, le identità segrete e la poesia spicciola, parliamo di gente che si adopera per l’informazione libera. Con metodi “discutibili”, si dice. Come ogni azione di una certa aggressività, incute sempre un sottile timore che molti usano per giustificare la propria apatia.

Ma la branca italiana, mi dicono amici hacker, “è una merda: piena di quindicenni che hanno visto troppi film di spionaggio,” che non avrebbero né lucidità politica né capacità tecniche all’altezza delle controparti estere. Potremmo benissimo essere davanti al solito atteggiamento per cui la “versione italiana” di qualcosa fa sempre pena rispetto al resto, così come potrebbe essere vero. Sinceramente non ne ho idea. I pochi elementi a disposizione del pubblico, fino a poco tempo fa, dicevano solo che il gruppo non aveva ancora compiuto nessun gesto eclatante. Eccetto l’oscuramento del sito di Beppe “A Noi” Grillo, ma ancora oggi non è del tutto chiara la paternità del gesto (chiunque fosse, io personalmente ho applaudito).

Fino a poco tempo fa: fino all’altro ieri. La notizia è scoppiata come la solita bomba internettiana di cui i giornali non parlano e di cui poco si capisce. A quanto pare, Anonymous Italia ha reso pubblici file sottratti al sistema informatico della polizia italiana, ottenuti crackando i database di diverse questure. Un’azione quasi più da Wikileaks che da Anonymous.

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Perché la polizia? Perché nell'attuale situazione sociale rappresentano uno degli elementi più controversi e contraddittori, in ogni Paese. Dalle nostre parti sono soprattutto gli episodi di violenza, da quelli riemersi dopo 11 anni di indagini del G8 2001, alle mattane più recenti, come i due giovanotti in borghese che hanno spaccato la faccia a un uomo di 63 anni. In generale si tratta di un mondo stranissimo, fatto sia di vittime che di carnefici, che custodiscono segreti sporchi ma, allo stesso tempo, li subiscono. Piazzati a combattere battaglie che molto spesso non sono le loro, ma che comunque portano avanti con rabbia e una certa crudeltà. Appunto, credo sia una stronzata dire che tutti i poliziotti sono dei bastardi, ma di certo la professione dello sbirro è un lavoro bastardo e poco pulito e, no, non mi sentirete mai dire che è “necessario”. Nessun elemento della nostra società è “necessario”, si tratta di un concetto idiota.

Sono due giorni che scartabello i file pubblicati sul blog di Anonymous Italia. Sulle prime non ci stavo capendo un cazzo di niente e, c’è da dirlo, qualcosa come l’80 percento di questi 3 GB di roba sono immondizia inutile: prestampati per i verbali, calendari dei corsi di addestramento, mail personali degli sbirri. L’idea che mi stavo iniziando a fare è che avessero tirato su tutto quello che trovavano senza discernere tra interessante o meno. È effettivamente così, almeno in parte, e la P. S. sostiene addirittura che non sia stato violato alcun database, ma solo le email. Fatto sta che a quel punto mi sembrava avesse avuto più importanza il gesto di spregio nei confronti della polizia che l’ottenimento di dati in sé interessanti, verità scomode e pesanti. Più che “vi abbiamo sgamati”, il messaggio sembrava “potremmo sgamarvi, quindi attenti.”

Ci sono però, un paio di questi file che, se non altro, mi hanno fatto riflettere parecchio. Anche qui non si tratta di niente di sconvolgente, ma piuttosto della conferma di un modo di lavorare che le forze dell’ordine adottano sicuramente in quasi tutto il mondo. Il primo file conteneva una schedatura dettagliata dei movimenti antagonisti, in particolar modo torinesi e in particolar modo legati alle proteste No TAV, dai centri sociali di stampo marxista a quelli più libertari-anarchici a Greenpeace, tutti trattati con una freddezza estrema e infilati in un generico calderone di “estremisti”, a dimostrare come la vita e le idee di qualcuno possano servire in poche righe a inquadrarlo in un'area “nemica”, “pericolosa”, di fatto dimenticando che si tratta solo di cittadini italiani, di esseri umani che esigono diritti, giustizia e cambiamenti sociali.

L’altro tratta del cosiddetto “agente provocatore”: purtroppo non è così goloso come ci si potrebbe aspettare, non descrive nel dettaglio il ruolo degli agenti infiltrati dall’“altra parte” degli scontri di piazza. Anzi, si limita a riportare la prassi in casi di spaccio, quando c’è uno sbirro che si finge interessato all’acquisto. Però il modo assolutamente ambiguo in cui viene descritto l’“agente provocatore”, in termini generali, sembra studiato apposta per non escludere anche l’altra eventualità, e cerca in poche parole di liquidare ogni possibile riserva etica a una strategia del genere.

Dicevo: nessuna nuova rivelazione, solo conferme. Conferme di quanto le forze dell’ordine servano anche ad alimentare un conflitto sociale, a mantenere vive le contrapposizioni tra Stato e popolazione, a istigare la violenza tramite l’ordine e viceversa, giocando a una rincorsa che si alimenta sempre di nuovi casini. E questo, sinceramente, non serviva che ce lo mostrasse Anonymous, seppure è sempre un bene che se ne parli ancora, perché questa diffidenza collettiva nei confronti della polizia serva finalmente a qualcosa.

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