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Tecnologia

Non ho capito perché firmare l'appello di Laura Boldrini fermerà le bufale

A cosa porterà #BastaBufale l'iniziativa contro le fake news promossa dalla Presidente della Camera?

Nella giornata di ieri, la presidente della Camera Laura Boldrini ha lanciato l'appello #BastaBufale, un'iniziativa contro le fake news pensata per promuovere il diritto a una corretta informazione sul web. L'appello è rivolto al mondo della scuola e delle università, all'informazione, ai social network, alle imprese e ai protagonisti della cultura e dello sport. Tra le prime star ad aderire all'appello ci sono: Francesco Totti, Fiorello, Carlo Verdone, Ferzan Ozpetek, Gianni Morandi.

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"Le bufale non sono goliardate, provocano danni reali alle persone, basti pensare a quelle sui vaccini pediatrici, alle terapie mediche improvvisate o alle truffe online,"spiega il presidente nell'intervista rilasciata a BuzzFeed per il lancio. "E chi compie questa operazione spesso ne trae anche vantaggi economici guadagnando dalla pubblicità che i click delle bufale attirano', continua la Boldrini.

Tra le prime star ad aderire all'appello ci sono: Francesco Totti, Fiorello, Carlo Verdone, Ferzan Ozpetek, Gianni Morandi.

Pur non trattandosi di un appello politico, per rendere partecipi i lettori internazionali del clima di sfiducia verso la politica e i media tradizionali che caratterizza l'Italia in questo periodo, oltre alla proposta surreale portata avanti dal M5S di istituire un tribunale del popolo per giudicare le notizie pubblicate dai media, l'autore dell'articolo ricorda i dati secondo cui nel periodo precedente al referendum la notizia più diffusa, in Italia, è stata proprio una bufala.

Il sito dell'AGI in collaborazione con PagellaPolitica ha infatti condotto un'analisi sui post in italiano che hanno avuto il  maggiore coinvolgimento su Facebook e più condivisioni su Twitter, Linkedin e Google+ tra il primo ottobre e il 30 novembre 2016. Nella classifica dei primi dieci link, le notizie false o con titoli fuorvianti erano cinque. La notizia con l'engagement più alto su Facebook — 233 mila reazioni tra Facebook, LinkedIn, Twitter e Google+ — era il presunto ritrovamento, nel paese fittizio di "Rignano sul Membro", di 500.000 schede elettorali "con il SI già segnato".

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Nell'intervista, la Boldrini ha ricordato il caso in cui la proliferazione di contenuti falsi ha condotto a conseguenze drammatiche ed estreme come la morte della deputata laburista Jo Cox uccisa da un estremista favorevole alla Brexit, in questi casi, "il confine tra violenza online e offline si fa sempre più labile," ha sottolineato. Inoltre, viene citato anche l'episodio in cui la Presidente si è occupata personalmente di portare all'attenzione del grande pubblico il caso di una ragazza bannata temporaneamente da Facebook per avere segnalato un gruppo chiuso in cui gli utenti commentavano, in modo poco edificante, le foto di altre utenti prelevate dal social, insomma, l'impegno della Boldrini non si mette in discussione.

Screengrab dal sito di alcuni testimonial della campagna.

Tuttavia, sono passate 24 ore, e nonostante tutte queste buone intenzioni non mi sono ancora deciso a sottoscrivere l'appello. Ed è strano: di solito non esiterei neanche per un secondo a firmare un documento approvato anche da Gianni Morandi, da Verdone e da Totti.

Il fatto è che non capisco a cosa possa servire questo appello oltre a diffondere l'idea che le bufale non sono delle semplici goliardate ma spesso sono studiate ad arte per danneggiare qualcuno.

Come spiega la Boldrini nell'intervista "Un numero crescente di persone tende a non fidarsi delle fonti tradizionali di notizie. On line, molti cercano conferma delle loro posizioni [il cosiddetto bias], spesso ignorando i fatti oggettivi. Tutto questo conduce ad un dibattito sempre più polarizzato e a camere di eco dove tutti gridano e e nessuno ascolta i punti di vista degli altri." Tuttavia, tenendo conto proprio di queste camere di risonanza, le parole della Presidente possono applicarsi anche a questa petizione — Le camere di risonanza sono strettamente connesse al concetto di filter bubble, ovvero a tutta quella serie di meccanismi su cui per n ragioni di convenienza ed economia finiscono per essere basati i social network come Facebook e che ci impediscono di entrare in contatto con contenuti che secondo l'algoritmo che decide cosa proporci nella newsfeed non dovrebbero interessarci, condannandoci a fruire solo di quanto è in linea con la nostra visione del mondo o le nostre idee politiche.

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Proprio per questo motivo, è probabile che un appello come quello della Boldrini non raggiungerà chi non è a conoscenza del problema e non sa (o non ha intenzione di) distinguere una notizia sottoposta a fact checking da una bufala. Come si potranno coinvolgere queste persone?

Un altro screengrab di altri testimonial della stessa campagna preso sempre dallo stesso sito.

Quella della Boldrini non è di certo la prima voce ad essersi levata in Italia riguardo la questione fake news.  PagellaPolitica per esempio, parte dell'International Fact-Checking Network, hanno firmato una lettere aperta a Mark Zuckerberg per invitarlo a "un dialogo aperto e collaborativo su questi temi." Anche il presidente dell'Antitrust italiano Giovanni Pitruzzella, in un'intervista al Financial Times, ha chiesto all'UE di dotarsi di una rete di agenzie pubbliche per combattere la diffusione di notizie-bufale. Persino il celebre "blastatore dei webeti" Enrico Mentana ha proposto in un'intervista al Fatto Quotidiano di vietare l'anonimato per risolvere la questione delle bufale sul web.

La Boldrini, invece, dopo la raccolta di firme dovrebbe contattare i rappresentanti del mondo della scuola e dell'università, dell'informazione, delle aziende e dei social network per "coinvolgere tutti questi settori a collaborare in maniera progettuale e concreta per arginare il fenomeno." Vorrei conoscere le sue proposte più concrete, visto sopratutto che si tratta di una presa di posizione arrivata da una personalità istituzionale così autorevole, e il problema principale del fenomeno è da ritrovarsi nel fatto che spesso e volentieri le soluzioni proposte risultano miopi e paradossali e ignorano un cruciale problema di fonda: chi si beve le fake news il più delle volte non ha problemi ad accedere ai canali di informazione tradizionali, ma semplicemente non ha alcuna fiducia in essi.

Nel frattempo, però resto indeciso se allinearmi a Ozpetek & co, per ora.