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Foto di e collage di Giorgia Imbrenda.
Coronavirus

Perché gli anziani continuano a uscire durante il coronavirus?

L'abbiamo chiesto a nonni, nipoti e a uno psicoterapeuta.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

Qualche giorno fa mia madre mi ha inviato un selfie. Un selfie un po’ sgranato e dall’inquadratura storta, come tutti i selfie che mi manda, in cui indossa una mascherina e brandisce quello che, ho capito dopo un po’, fosse uno sfollagente* improvvisato fatto di carta da pacchi e nastro biadesivo. La sua divisa da buttafuori. Quella che indossa mentre presidia il suo luogo di lavoro, l’ufficio postale, dai molti anziani che all’apertura sono già assembrati fuori.

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Prima del coronavirus il ruolo di mia madre era occuparsi degli investimenti di Poste Italiane. Ora che la gente non è particolarmente interessata agli investimenti si rende utile alle colleghe stazionando fuori dalla porta (armata di mascherine e gel disinfettanti, che hanno ricevuto solo l’11 marzo) a controllare che entri, come da disposizione al personale, una sola persona per sportello. Un paio di volte ha perfino dovuto chiamare i vigili perché nessuno rispettava la distanza. A ogni persona che entra chiede: “Cosa deve fare? È improrogabile?”, perché la richiesta di Poste agli utenti è stata di recarsi in ufficio solo se necessario, rimandando al sito per le ricariche e il pagamento di bollettini, bolli e quant'altro. Le risposte che riceve in questi giorni dai suddetti anziani sono quasi sempre le stesse: pagare le bollette, prelevare dal libretto. Qualcuno è andato anche a spedire una cartolina, giura.

Sicuramente il nostro paese sconta un notevole gap tecnologico tra generazioni e un generale ritardo nella gestione dell’home banking e della domiciliazione delle utenze, e in questi giorni le notizie sulle proroga del pagamento delle bollette sono state parecchio confuse. Ma il punto non è solo quello.

In questi giorni è ricorrente imbattersi in post social che segnalano anziani in massa ai giardinetti (quelli ancora aperti), nei supermercati o a passeggio. O in amici che cercano di convincere i nonni a stare a casa. La maggior parte delle stesse risposte date a mia madre—che molti di questi anziani li conosce e si permette di redarguirli un po'—è “Io non sono malato, qual è il problema? Posso uscire” oppure “Se muoio cosa me ne frega”.

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Curiosa di capire come la fascia della popolazione più a rischio per le infezioni (e che sembra contemporaneamente un po' meno sensibile alle richieste di cautela) stia vivendo l'emergenza coronavirus, ho quindi intervistato un po' ultrasettantenni, parenti di ultrasettantenni ed esperti.

Dato che non voglio generalizzare parto da un caso virtuoso come Maria Cristina, quasi 70 anni, che vive a Milano: “Io e mio marito ci siamo messi in quarantena volontaria ben prima del decreto: io sono cardiopatica e reduce da un intervento e non volevo rischiare. Ci siamo organizzati per bene, la casa è perfettamente attrezzata, direi che possiamo sostentarci per tre mesi. Ci scambiamo ricette con gli inquilini del nostro palazzo, parlando dal bancone. Guardo le mie gerbere fiorite, c’è il sole e mi sento bene. Mi sale solo un po’ d’ansia quando sento il silenzio di sera. Mia cognata invece è una che non si rassegna, piange, non accetta l’idea di stare in casa. In questo momento è sbagliatissimo sentirsi soli ed è fondamentale tenere i contatti: i cugini che non senti mai, le zie che stanno rimbambendo. E stare a casa, non uscire come dei pirla quando non è necessario."

Norma, la nonna 94enne della mia amica Benedetta, che vive in campagna nella stessa casa della figlia, afferma di non avere ansia riguardo al coronavirus. “Tanto alla mia età…,” dice, specificando che comunque usciva poco anche prima. Quello che le dispiace è non poter condividere i pranzi con la famiglia e non poter vedere le nipoti: senza di loro le sembra di buttar via le giornate. Ma c’è una legge e le leggi, dice, vanno rispettate.

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Chi ha un coniuge, dei figli o dei nipoti è comunque fortunato. Per tutti gli altri si sono creati gruppi di sostegno per portare loro la spesa (come l'iniziativa Volontario Temporaneo della Croce Rossa o i servizi dei vari comuni), ma non è solo una questione di sostentamento.

Ho parlato con lo psicoterapeuta Lorenzo Gherli dei rischi connessi all’isolamento degli anziani: “Noi umani siamo programmati per la socialità, abbiamo una mentalità da branco. Quando siamo isolati una parte del nostro cervello va in allarme. Molti anziani sono vedovi, hanno visto morire degli amici, hanno lo spettro della morte vicino: le ricadute psicologiche possono essere notevoli. E non dimentichiamoci che uno stress a lungo termine produce cortisolo, che può abbassare il sistema immunitario.” Quanto alla loro tendenza a sottovalutare il rischio, va contestualizzata anche questa, spiega Gherli: “In passato hanno già vissuto delle epidemie, ma senza questa eco mediatica. Fanno il paragone e non capiscono perché debbano privarsi di tante cose 'solo' per un virus. E poi vengono da epoche in cui la morte, a livello culturale, veniva molto più accettata e normalizzata.”

Mia nonna ha 82 anni e vive da sola. La sua passeggiata quotidiana (una chiacchiera con le amiche in piazza, la spesa al negozio, un saluto a mia madre) era un’abitudine preziosa che le ha consentito di preservare un’ottima salute fisica e una salute mentale che invece, complice una brutta depressione, non è stata altrettanto facile mantenere. La settimana scorsa continuava imperterrita a uscire, nonostante le prediche dei miei genitori. Mercoledì 11 marzo l’ho chiamata a casa. Non ha risposto. L’ho chiamata al cellulare. Ha risposto. “Sono in bagno!” ha trillato mentre sentivo i rumori del traffico. Alla fine ha confessato che era andata al parco perché “volevo vedere un po’ di gente. Ma da lontano eh!” Dopo il decreto di quella sera ha acconsentito a stare in casa e ha iniziato a ordinare la spesa a domicilio, ma continuava a non capire perché io e mia madre non la andassimo a trovare, nonostante avessimo ripetutamente provato a spiegarle che era per la sua salute.

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Ieri mi ha telefonato. “Voi che siete giovani non dovete venirmi a trovare, hai capito? Mai. Non ci dobbiamo proprio vedere. È pericoloso!” Finalmente!, ho esclamato, siamo riusciti a convincerti?”. “No. L’ha detto Barbara D’Urso in televisione.” Mai mi sarei aspettata di ringraziare Barbara D’Urso. Ascriverò anche questo a un effetto collaterale della pandemia.

*No, i dipendenti postali non hanno davvero bisogno di uno sfollagente, era una sua scherzosa creazione. Sì, l’idea di “scherzo” di mia madre è piuttosto risibile.

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