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Tecnologia

L'afantasia è la strana malattia che impedisce di formarsi immagini mentali

Chi è affetto da questa malattia sperimenta una sorta di cecità psichica: non riesce a rappresentarsi un luogo, una persona, una scena, se non si trova fisicamente davanti ai suoi occhi.
Illustrazione : E K/Flickr

Se pensate che i giornalisti scientifici siano bravi solo a tirare fuori titoli a effetto sui risultati degli ultimi studi in merito ai benefici forniti dal cioccolato, il vino rosso o la dieta vegetariana, vi sbagliate di grosso. Sappiate che a volte, certi articoli di divulgazione scientifica possono anche sconvolgere la vita di qualcuno.

Ed è qui che entra in gioco Blake Ross, una delle menti dietro al browser Mozilla Firefox. In un post su Facebook pubblicato la scorsa settimana, Ross ha spiegato l'impatto che l'articolo del giornalista Carl Zimmer pubblicato dal New York Times nel giugno 2015 ha esercitato su di lui. Zimmer ha scritto del misterioso fenomeno noto come afantasia, battezzato nel 2010 da un team di ricercatori di psicologia e neuroscienze cognitive dell'Università di Exeter guidato da Adam Zeman.

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L'afantasia, come suggerisce il nome, identifica una "mancanza di immaginazione, vale a dire 'l'incapacità di formare immagini mentali'. Chi è affetto da questa malattia sperimenta una sorta di cecità psichica: non riesce a rappresentarsi un luogo, una persona, una scena, se non si trova fisicamente davanti ai suoi occhi."

Le rappresentazioni mentali giocano un ruolo chiave nella memoria, nei sogni e nella creatività. Si tratta del genere di abilità a cui si ricorre nei casi per risponder a richieste del tipo: "mi disegni una pecora?", "mi descriva l'aggressore", "ti ricordi se hai spento il gas?", "domattina voglio il tuo lavoro pronto sulla mia scrivania," oppure "ti ricordi di quella volta in cui hai vomitato sui tuoi vestiti davanti a tutta la famiglia?" In effetti, le immagini mentali aiutano ci a fissare le idee e i concetti per esaminarli in ogni loro parte, a risolvere problemi o a ricordare dei dettagli. È un processo scontato per la maggior parte di noi. Ma non per tutti.

Ross si è spinto a comunicare questo problema sui social network semplicemente perché non si era mai reso conto di soffrire di afantasia. Per cominciare, non conosceva il termine (che comprende varie carenze ancora poco definite dal punto di vista clinico), ma soprattutto non sapeva dell'esistenza di un qualcosa come le "immagini mentali." In assenza di stimoli visivi, Ross non può visualizzare o immaginare nulla. E nemmeno sognare. Una sera, dopo aver letto l'articolo sul caso di un uomo di 65 anni che aveva perso la capacità di creare rappresentazioni mentali dopo essere stato sottoposto ad angioplastica coronarica, Ross voleva capire se soffriva davvero di un problema simile. Per farlo, ha disturbato un suo amico sulla chat di Facebook alle 2 del mattino.

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Se ti chiedo di immaginare una spiaggia, come descriveresti quello che visualizzi nella tua mente?
- Beh, vedo una spiaggia, cos'altro dovrei vedere?
- Intendi solo il concetto di spiaggia?
- Ci sono le onde, la sabbia, gli ombrelloni… insomma una scena rilassante.
- Va bene, ma non riesci a darmi qualche dettaglio in più?
- Dove vuoi arrivare?
- È a colori?
- Si… ti capita spesso di visualizzare i tuoi pensieri in questa maniera?
- Be' certo… tipo… centinaia di volte al giorno?
- Oh mio Dio…

Scoprire improvvisamente che gli altri esseri umani sono in grado di visualizzare le idee, è una notizia sconvolgente, un po' come scoprire che "tutti hanno le branchie, tranne te" o qualcosa del genere. Negli anni precedenti (30 per la precisione), Ross ha sempre creduto che quanto si intende con il termine immagine mentale corrispondesse ad una metafora, un modo di dire e che nessuno fosse realmente in grado di "vedere" un amante lontano o contare le pecore prima di dormire. Il suo rapporto con l'arte, la letteratura e la creatività si basavano su un grande equivoco. Ross aveva perso del tutto una dimensione essenziale dell'esistenza umana.

L'informatico ha spiegato di essere incapace di formarsi mentalmente l'immagine di un volto familiare. La sua memoria gli permette di richiamare alla mente una serie di caratteristiche associate a una determinata persona, come il colore degli occhi, l'altezza, le lentiggini o il fatto che arrossisca più o meno spesso per la timidezza. Tuttavia non riesce ad immaginare queste caratteristiche, le può solo memorizzare. Lui non apprende altro che una serie di concetti che assembla e scompone sotto forma di fatti. "Quando chiudo gli occhi, è tutto nero. Un nero totale, assoluto, che riempie ogni angolo del mio cervello" ha raccontato Ross.

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E il suo deficit non riguarda soltanto le sensazioni visive. L'ingegnere è anche incapace di ricordarsi una melodia, una sensazione tattile o l'atmosfera di un luogo particolare. Questo è probabilmente il motivo per cui non sogna. "In generale, non ho esperienze sensoriali mentali. Pensare a una spiaggia assolata non mi rilassa; immaginare un ragno gigante non mi dà i brividi. Non riesco a ricordare il profumo della pizza, la trama di un tessuto o l'odore di Ghirardelli Square […]. La mia attività mentale consiste in una narrazione continua eseguita da una voce monotona."

Non esistono persone in grado di creare rappresentazioni mentali e altre totalmente incapaci di farlo, piuttosto c'è una sorta di gradiente nella nitidezza delle immagini mentali che ognuno è in grado di formarsi da solo.

Il funzionamento della mente di Blake Ross è molto difficile da comprendere per chi è dotato di una fervida immaginazione. Cosa significa che non riesce a immaginare un cavallo? Una giungla? Un castello? Ecco come fa quando vuole rappresentarsi qualcosa con precisione: Ross pensa per prima cosa ad un concetto, dopo a un aggettivo e poi a un verbo. Facciamo un esempio: un lama peloso che salta. Dato che non è in grado di visualizzarsi da solo l'affascinante animale, Ross dovrà prima imparare la frase "un lama peloso che salta" per riuscire a ricordarla. L'aspetto probabilmente più sorprendente della vicenda è che, nonostante la sua afantasia, è in grado di esercitare una professione che richiede uno sforzo creativo costante per inventare e migliorare i software. Per raggiungere questi obiettivi, l'informatica si posta in maniera razionale attraverso una fitta rete di concetti e ragionamenti da lui costruita.

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"Leggere l'articolo di Carl Zimmer è stato come rivivere la pubertà. Mettere in discussione tutta la mia identità," ha spiegato Blake Ross.

Forse, oggi per la prima volta, sarete finalmente contenti di possedere la capacità di ricordare i momenti brutti della vostra giornata senza la necessità di mandarli a memoria sotto forma di frasi complete. A meno che non scopriate anche voi di soffrire di afantasia.

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Da dove viene l'afantasia? Si tratta di un difetto neurologico, una malattia degenerativa, un problema funzionale o strutturale? Una combinazione di fattori psicologici e neuropatologici? Èuna forma innata o acquisita? Al momento i ricercatori hanno dei problemi a pronunciarsi con precisione, perché manca un numero sufficiente di soggetti da studiare. C'è da dire che chi soffre di afantasia ha la tendenza a non prendere coscienza della sua condizione perché, apparentemente, può vivere una vita perfettamente normale. Nel 2009, uno studio condotto su 2.500 soggetti ha rilevato che il 2,1/2,7 percento delle persone non possiede un'immaginazione visiva, ma per averne la certezza dovremo attendere degli studi più rigorosi.

La diagnosi di una "incapacità a visualizzare" esiste da molto tempo; le prime tracce si trovano nelle descrizioni di Galton nell'opera Statistics of mental imagery pubblicata nel 1880. Inoltre, i medici sono tutti d'accordo su un fatto: non esistono persone che possiedono un "occhio mentale" e altre no. Più probabilmente, esiste un gradiente nella nettezza delle immagini mentali che siamo in grado di formarci. Alcuni possono far scorrere dei veri e propri film in HD nel loro cervello, mentre altri vedono delle immagini diffuse, nebbiose, evanescenti. Nel caso dell'afantasia, evidentemente, non si vede assolutamente niente.

Blake Ross non è stato il primo a rimanere sconvolto dalla rivelazione schiacciante dei limiti della sua immaginazione. Il primo articolo divulgativo sulla faccenda, scritto da Carl Zimmer, ha spinto decine di persone a scrivere al magazine Discover per dire che anche loro erano mentalmente cieche. In quel momento, il ruolo da mediatore del giornalista ha acquistato senso: Zimmer li ha indirizzati verso gli scienziati competenti che così sono riusciti a ottenere un numero sufficiente di soggetti per poter pubblicare uno studio significativo nel 2010.

I soggetti hanno quindi risposto a un questionario (Vividness of visual imagery questionnaire) che chiedeva loro di rispondere a questioni tipo: "visualizzate un amico o un parente che vedete spesso. A che punto il contorno del suo viso, della sua testa, delle sue spalle e del suo corpo sono precisi?" "Visualizzate un'alba ed esaminate con cura i dettagli delle vostre immagini mentali. Quanto è definita la rappresentazione del sole che sorge?" Anche se non è sufficiente a diagnosticare un'afantasia e le sue caratteristiche eziologiche ed epidemiologiche, le risposte del soggetto ci ricordano un fatto essenziale: abbiamo la tendenza a pensare che il nostro modo di pensare, di ragionare e di percepire sia universale. In caso contrario, non conta niente. E invece dietro ogni paio di lenti si nasconde un immaginario che nessuno può comprendere.

Non esitate a compilare questo questionario. Potrete contribuire all'avanzamento della ricerca.