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OMNI: la storia della migliore rivista scientifica mai pubblicata

La storia di Omni, il magazine americano che ha mischiato futuro e fantascienza con copertine psichedeliche.

La prima volta che ho visto la migliore rivista di scienza mai pubblicata ero ad una vendita immobiliare. Il defunto ex-proprietario della casa era un geek, e tra i fumetti e i libri di fantascienza sotterrati nel suo seminterrato, ho trovato una scatola piena di strane riviste. Le copertine di Omni Magazine mi hanno attirato grazie ai loro paesaggi acquerellati e a titoli come "Missing Time: Un nuovo sguardo alle abduction aliene" e "Cavalcare le comete verso le stelle." Ne ho portate un po' a casa, e l'amore è scoccato subito.

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Omni era una rivista che si occupava di futuro. Dal 1978 al 1998 (quando è diventata per intero una pubblicazione online, a metà anni '90) Omni ha periodicamente fatto impazzire chiunque portando sulle sue pagine lunghe interviste con alcuni dei più grandi scienziati del ventesimo secolo—E.O. Wilson, Francis Crick, Jonas Salk—avventure nel paranormale, e alcune delle più importanti storie fantascientifiche ad essere mai apparse su una rivista: La notte che bruciammo Chrome e Johnny Mnemonic di William Gibson, Unaccompained Sonata di Orson Scott Card, storie di Harlan Ellison e George R. R. Martin, Thanksgiving, un'avventura post-apocalittica di Joyce Carol Oates—è passato per Omni anche William S. Burroughs.

Fatemene prendere uno a caso dalla mia collezione. Qui, novembre 1978: in una sola uscita abbiamo una dipinto di H.R. Giger in copertina, il neuroscienziato enteogenitico John C. Lilly che scrive riguardo la comunicazione tra uomo e delfini, una lunga intervista all'autore di Future Shock Alvin Toffler, e una ristampa del manifesto di Ted Nelson Computer Lib. Per non menzionare un'apparizione da parte di Betty Hill, protagonista della "abduzione degli Hill," diverse riflessioni sul concetti inconscio collettivo, cyborg, reattori nucleari e un sacco di space-art. Questo era ciò che ti potevi aspettare di trovare dentro Omni.

Omni non era l'unica rivista di scienza popolare sul mercato negli anni '80. Science Digest, Science News, Scientific American, New Scientist e Discover erano tutti magazine di discreto successo—Ma Omni era qualcosa di diverso, era l'unica rivista a mischiare scienza, fantascienza, luccicanti grafiche e un occhio editoriale gonzo in un unico, splendido, pacchetto. Ben Bova, vincitore per sei volte del premio Hugo e editor di Omni per cinque anni spiega la magia così: "Omni non è una rivista di scienza, è una rivista sul futuro."

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Bova ha spiegato che mentre la scienza veniva percepita come qualcosa che faceva bene ma che era noiosa ("come gli spinaci"), il futuro è come "una meringata al limone: deliziosa e divertente." Ciò detto, Omni aggirava gli aspetti noiosi di alcune ricerche speculandovi sopra, proiettando le scoperte di oggi nel mondo di domani. Unendo la fantascienza a novità scientifiche all'avanguardia, la rivista ha creato un ecosistema di possibilità, dove anche le idee più folli sembravano avere delle premesse concrete.

"Ovviamente la maggior parte dei nostri pezzi non fantascientifici trattavano di scienza, in un modo o nell'altro," spiega Bova," ma il nostro approccio era diverso, noi volevamo parlare del futuro; i lettori si mangiavano la scienza perché noi la rendevamo appetitosa."

Sfruttando questo modus operandi per caramellare la realtà, nulla era mai fuori dai temi della rivista, nessun tema troppo estraneo: dagli astronauti spirituali fino ai bambini bioingegnerizzati. Il tono era allo stesso tempo spassoso ma erudito; la testata, farcita di nomi come Carl Sagan e Arthur C. Clarke, sembrava più una declinazione di Playboy che di National Geographic. In breve: non c'era mai stato nulla di simile prima di allora.

"Omni era una rivista sui generis," spiega Bova. "Anche se c'erano già dozzine di riviste scientifiche in giro in quegli anni… Omni era l'unica a proiettare tutti i suoi articoli verso il futuro. Era una lettura divertente ed era bellissimo da guardare."

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Quest'ultimo aspetto arrivava grazie al publisher della rivista, Bob Guccione, conosciuto meglio per essere stato l'architetto dell'impero Penthouse; sotto la supervisione di Guccione graziose androidi voluttuose riempivano le copertine di Omni, con motivi psichedelici a contorno. Questo mix tra sconceria e fantascienza non era esattamente senza precedenti; il principale competitor di Penthouse, Playboy, era, per il tempo, una piattaforma piuttosto avanguardista che talvolta ospitava capitoli fantascientifici. Un publisher nel mercato osé garantiva inoltre una sicurezza finanziaria particolarmente stabile. Rifocillato dal suo cugino più esplicito, Omni si poteva permettere di pagare i suoi autori fino a un dollaro per parola, alla fine degli anni '90.

Sex sells, even in a science magazine. Penthouse publisher Bob Guccione always made sure Omni was as sleek as it was fascinating.

La storia di Omni sarebbe incompleta se non si considerasse il mitico Guccione; la rivista è frutto dell'ingegno della moglie di Bob Guccione, Kathy Keeton, una ballerina sud africana che è passata dall'essere una delle spogliarelliste più pagate d'Europa a essere l'editor-at-large di Omni, in seguito una vera e propria autorità nel campo delle scienze della longevità. Gli editor di Omni ricordano molto bene lei e Bob, in particolare il loro occhio editoriale e la loro volontà di sembrare qualcosa di più che venditori di nudità.

La coppia aveva ovviamente i suoi problemi; condividevano una passione per le faccende paranormali che è diventata sempre più evidente e visibile nei numeri più recenti della rivista. Keith Ferreli, editor-in-chief di Omni nel 1990, sperava di spostare il target della rivista su inchieste serie sui fenomeni paranormali, ma ricorda di aver ricevuto un messaggio dal Dr. Carl Sagan durante in quel periodo, in cui lui si chiedeva se "Forse Omni non stesse diventando un po' troppo credulone nei confronti degli UFO." (Solo sulle copertine, rispose Ferrell).

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La fortuna di Omni era legata a doppio filo con il suo publisher poco convenzionale. Ciò che lo faceva risaltare sulle vetrine dei giornalai—oltre che i suoi incredibili valori di produzione—era la sua parentela con Penthouse, "una nota e duratura fontana dei soldi," come detto da Ferrell. Ben Bova, che ha guidato per sette anni il classico Analog Science Fiction and Fact prima di trovarsi al timone di Omni, ricorda bene i giorni migliori: "avevamo uno staff editoriale, uno staff marketing, uno staff per la distribuzione. Si trattava di una grande rivista, un'avanguardia nell'industria. Per me era un osngo che si avverava: una grande riviste nazionale (e anche internazionale), con tanta pubblicità e letta da milioni di persone ogni mese."

Nel corso degli anni, però, Penthouse ha cominciato a soffrire dell'ascesa del porno online che ha salvato legioni di uomini non più costretti a dover saccheggiare i giornalai delle loro preziose panacee. Assieme ad una serie di investimenti poco oculati operati negli anni Novanta—un impianto nucleare, e un casinò a tema Penthouse ad Atlantic Cityl'impero erotico di Guccione ha cominciato a tremare;

Omni, in pratica, è stata costretta a operare entro margini sempre più stretti. È una storia come infinite altre tra gli annali dell'editoria; se non altro, la profana alleanza di Omni con il mondo del sesso—relativamente a prova di recessione—ha prolungato la vita della rivista per qualche anno.

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Un altro fattore che ne ha assicurato la longevità è stato il fatto di sapersi adattare. Nel 1996, Omni è stata la prima rivista importante a passare su web. C'erano già stati contatti con il multimediale negli anni, prima con un programma televisivo durato poco, Omni: The New Frontier, presentato da Peter Ustinov all'inizio degli anni Ottanta, poi con una versione interattiva di Omni offerta agli abbonati di America Online. Nel 1993, la rivista ha costretto i suoi lettori a riflettere sul possibile futuro dell'editoria, annunciando la propria controparte web come una "opportunità senza precedenti per ampliare e potenziare le problematiche e gli argomenti che trattiamo sulle nostre pagine ogni mese." Questo tipo di retorica precorreva di anni luce i suoi tempi. "Le due versioni diverse, quella cartacea e quella su schermo del computer" profetizzava la rivista, "andranno a braccetto e cresceranno in simbiosi."

Quando è diventato completamente digitale, nel 1996, Omni sembrava nata per il medium. Per poco più di un anno, ha saputo adattarsi direttamente alle condizioni mutevoli del cyber-spazio, trattando eventi di scienza in tempo reale (facendo live-blogging prima che la parola "blog" entrasse nel nostro vocabolario), ospitando chat aperte con luminari della scienza sette notti a settimana e fungendo da sede per racconti di fantascienza a ipertesto scritti collettivamente. Omni Internet ha rappresentato l'avanguardia del nuovo medium, interpretando la nascita del web come un'opportunità per evolvere il giornalismo.

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Pamela Weintraub, l'editrice che ha curato il lancio di Omni Internet, mi racconta di "aver provato a reinventare il long-form per lo spazio digitale, aggiungendo elementi interattivi e persino sperimentando con l'organizzazione del testo, così da svelare una storia in modo temporale o associativo." Per quanto il sito fosse grezzo rispetto agli standard moderni—programmato dagli editor in HTML1—era a dir poco eccitante poter essere pionieri di qualcosa di completamente nuovo. "Era la nostra investitura," dice Weintraub, "eravamo il magazine del futuro, e in quel momento lo stavano diventando in modo definitivo."

Splash page for Omni Internet, circa 1996

Ma con la morte di Keeton nel 1997 a causa di un cancro al seno, questa presenza online senza precedenti si è arrestata di colpo; con pochi soldi, nessuno che prendesse decisioni, e il futuro—quello che Omni aveva depredato con tanto entusiasmo—che prendeva all'improvviso una piega inaspettata, la rivista non poteva sopravvivere. Eppure, il suo lascito è innegabile. "Per diciotto anni," racconta con trasporto Keith Ferrell, "Omni ha combinato il fascino per la scienza e la speculazione con la letteratura e l'arte, la filosofia e il bizzarro, la speculazione seria e quella da gonzo, la salute del pianeta e le sue culture, la nostra relazione con l'universo e le sue (possibili) civiltà, e l'idea che, in qualche modo, domani sarà diverso da oggi; tutto questo—e altro ancora—confezionato in un pacchetto affascinante e d'impatto estetico."

Weintraub dice che "reinventare e rilanciare OMNI oggi (e, ovviamente, per l'avvenire) sarebbe una cosa meravigliosa." Se non altro, è una visione che possiamo abbracciare, come insetti nel suo raggio traente, trafitti dall'accecante luce di ciò che è già stato compiuto, ben prima del nostro arrivo.