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Tecnologia

La burocrazia in Italia è tutt'altro che digitale

Un attivista del settore ci ha raccontato i casi più eclatanti di arretratezza italiana.
Quando la burocrazia è un labirinto. Immagine via

Qui a Motherboard abbiamo a cuore le sorti della burocrazia digitale italiana. Giorni fa, navigando su Reddit, mi sono imbattuto nel racconto paradossale di tutte le difficoltà che devono affrontare le aziende alle prese con il Sistema di Certificazione Antimafia. Procedure complesse, requisiti di sistema obsoleti e utilizzo di tecnologie proprietarie come ActiveX, incompatibili con quasi tutti i sistemi operativi successivi a Windows 7. In pratica inaccessibile a "chiunque abbia acquistato un PC dopo il 2012."

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"Si stima che la percentuale di utenti di internet che oggi utilizzano quelle versioni di Internet Explorer non superi il 13% (Fonte)." Verrebbe la tentazione di comprarsi un vecchio pc da dedicare appositamente allo scopo, non esattamente un esempio di interoperabilità.

Qualche tempo fa vi abbiamo raccontato di come il progetto LibreDifesa sia riuscito a convertire all'Open Source il Ministero della Difesa. Oggi torniamo a parlarvi di LibreItalia, in particolare di Marco Alici, vice-presidente del Fermo Linux Users Group e autore di una serie di articoli per Techeconomy che segnalano casi di incongruenze e "cattive abitudini" che appesantiscono la nostra burocrazia con sommo disappunto dell'attivista.

Ho contattato Alici per farmi segnalare qualche altro caso eclatante di arretratezza: "una delle vicende che ha destato più scalpore nell'ambiente è la storia della contro-migrazione operata dal Comune di Pesaro: in pratica hanno ricominciato a utilizzare Microsoft Office dopo una deludente—e mai completata—migrazione ad OpenOffice," insomma, Microsoft ha di che sfregarsi le mani.

"A Palazzo Chigi la prassi è quella di stampare i file e scansionarli nuovamente per ottenere dei PDF."

Spesso i problemi sono causati da una scarsa flessibilità da parte delle istituzioni e da una certa pigrizia nell'adottare le innovazioni: "ci sono uffici che mantengono licenze di sistemi operativi proprietari obsoleti solo per poterci lavorare comodamente, con tutti i rischi del caso riguardo alla sicurezza" racconta Alici, la situazione si fa paradossale quando a farci le spese è la garanzia di massima accessibilità "sono numerosi i casi di pubblicazione di documenti e modulistica in formati proprietari e standard non aperti." A volte il problema è la semplice conversione al digitale, infatti sopravvive "tutta una parte di pubblica amministrazione 'analogica', che trasmette ancora le informazioni spostando fisicamente dei fogli di carta da un punto all'altro dello stivale."

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Una gaffe che risale a pochi giorni fa "il sito del governo ha pubblicato la bozza di revisione del CAD: i file PDF inizialmente allegati erano palesemente delle scansioni da originale cartaceo—in seguito è stato sostituito, probabilmente in seguito alle lamentele diffuse sui social network. Evidentemente a Palazzo Chigi la prassi è quella di stampare i file e scansionarli nuovamente per ottenere dei file PDF." Un metodo scomodo non c'è che dire.

"La Pubblica Amministrazione dovrebbe mantenere il controllo sui dati dei cittadini, sui programmi che li manipolano e sui formati utilizzati per i documenti."

Ma quanto denaro pubblico viene sperperato per via di certe mancanze? Ho chiesto all'esperto se esiste un metodo per quantificarlo "l'art.68 del CAD, richiede espressamente una valutazione comparativa," eppure, "in pratica questa norma viene disattesa spesso e volentieri." Tuttavia Alici, sottolinea quanto l'impatto economico non rappresenti la sua prima preoccupazione, la sicurezza ha maggiore priorità "una Pubblica Amministrazione deve mantenere il controllo sui dati dei cittadini che detiene, sui programmi che li manipolano e sui formati utilizzati per i documenti."

Ho colto anche l'occasione di capire come lui venga a conoscenza di tutti i problemi denunciati attraverso i suoi articoli "sono quasi sempre loro che trovano me. A volte si tratta di esperienze personali, come quando ho scoperto che i contenuti multimediali inclusi in alcuni testi scolastici dei miei figli sono utilizzabili solo con sistemi operativi proprietari; altre volte di informazioni che circolano in rete, magari diffuse su blog e social network; più spesso sono segnalazioni che mi giungono da amici e conoscenti, oppure direttamente da cittadini sensibili al problema che ci contattano."

Alici, nonostante tutto, sembra fiducioso sulle ricadute positive delle loro attività "i processi di innovazione sono sempre lunghi, soprattutto in certi ambienti dove la resistenza al cambiamento è molto forte. Se vedremo qualche risultato credo che sarà nel medio-lungo periodo." Resta da capire come evitare di incappare nuovamente in questi errori "un buon punto di partenza potrebbe essere andare a vedere cosa fanno i migliori e cominciare a farlo anche noi," ha concluso Alici "oppure, molto più semplicemente… rispettare le leggi già esistenti, come il CAD."