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L'ONU ha organizzato un vertice internazionale sulle droghe: ecco cosa dobbiamo aspettarci

Diplomatici da tutto il mondo si stanno riunendo a New York per decidere il futuro delle politiche internazionali in fatto di droghe.
Foto di Toby Melville/Reuters

L'ultima volta che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha convocato una sessione straordinaria sulle politiche mondiali sulla droga nel 1998, ci trovavamo nel pieno della guerra contro le droghe. Quell'anno, gli ufficiali americani se ne erano usciti con la bozza del "Piano Colombia," un pacchetto in aiuto della nazione sudamericana.

Simbolo dell'atteggiamento di Washington verso le droghe nei tardi anni Novanta, il piano si concentrava principalmente sulla distruzione dei raccolti di coca, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze disastrose delle irrorazioni aeree.

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All'epoca, i paesi più potenti del mondo si erano uniti nell'intento di ridurre l'offerta di droga, e l'attenzione raramente si rivolgeva verso quelle nazioni ricche, come gli Stati Uniti, che alimentavano la richiesta di cocaina e altri narcotici. Quell'anno, i leader mondiali riuniti a New York erano convinti che le droghe sarebbero scomparse con il giusto mix di repressione e proibizionismo, tanto da accordarsi sullo slogan comune "Un Mondo Senza Droga – Ce La Possiamo Fare!"

In molti modi, la conversazione globale sulle droghe è stata da allora rovesciata. L'ONU e molti dei poteri internazionali più forti hanno attivamente supportato misure volte a ridurre i danni, come ad esempio le terapie sostitutive a base di oppiacei e programmi per il ricambio di aghi.

Secondo una stima recente, 25 paesi hanno passato una qualche forma di legalizzazione del possesso di sostanze stupefacenti, e una, l'Uruguay, ha creato un mercato legale per la cannabis. Anche quattro stati degli Stati Uniti hanno fatto lo stesso.

Nel 2012, tre paesi latino-americani - Messico, Guatemala e Colombia - alla luce del bilancio delle vittime della guerra per la droga, hanno richiesto un nuovo incontro dell'Assemblea Generale. La sessione straordinaria sulle droghe, conosciuta come UNGASS, è stata inaugurata martedì 19 aprile.

Il tema centrale dell'UNGASS di quest'anno sarà l'adozione di un documento finalizzato a ristabilire i termini delle politiche sulla droga. Stesa per la prima volta il mese scorso alla Commissione ONU sulle Droghe Narcotiche a Vienna, la risoluzione include diversi elementi progressisti.

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In particolare, eleva il ruolo dei diritti umani in risposta alla dipendenza da droghe, e incorpora le linee guida stabilite dall'Organizzazione mondiale della sanità per la terapia per l'HIV e per i consumatori di droghe per endovena. Queste linee guide includono, notoriamente, terapie sostitutive e programmi per il ricambio degli aghi.

Ma i sostenitori del documento ritengono che potrebbe essere ancora più incisivo. I paesi conservatori, guidati dalla Russia, hanno impedito che il termine "riduzione dei danni" venisse incluso nel testo. Stati membri come Iran o Cina, che ancora prevedono la pena di morte per i crimini legati alla droga, hanno evitato che il linguaggio usato facesse riferimento alla pena capitale. E per tutto il documento sono stati ritagliati spazi per "legislazioni nazionali," dando praticamente ai paesi il diritto di proseguire con le loro politiche dure, qualora intendessero farlo.

Convocare diplomatici all'ONU per discutere nuovamente le politiche sulla droga è di vitale importanza, sia come presa di posizione sia per come le varie nazioni interpreteranno adesso i tre incontri che hanno fornito le basi delle leggi nazionale degli ultimi cinquant'anni.

Dall'approvazione del primo trattato nel 1961, i governi più potenti, inclusi gli Stati Uniti, ne avevano solitamente promosso una lettura piuttosto inflessibile. Ma negli ultimi anni, con l'aumentare dei paesi che si sono schierati contro la guerra alla droga, esperti e diplomatici sono tornati sui testi, analizzandone i contenuti per capire che cosa permettessero.

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Sebbene le convenzioni categorizzino una varietà di sostanze, incluse la cannabis, l'oppio e la cocaina, come illecite, non prevedono, come spesso si è creduto, l'incarcerazione su larga scala di delinquenti di basso livello – una tendenza che rimane forse la conseguenza più disastrosa dell'era del proibizionismo.

Leggi anche: Il governo non ha affatto depenalizzato la coltivazione della cannabis

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno condotto una leggera revisione, e i loro massimi ufficiali internazionali per la droga sottolineano adesso la "flessibilità" delle convenzioni. Se alcuni critici hanno chiesto lo smantellamento completo del sistema convenzione, gli ufficiali americani sostengono adesso che ci sia bisogno di un nuova lettura, e che i trattati garantiscono lo spazio necessario a sviluppare una più ampia gamma di modelli nazionali e locali.

Altri paesi hanno modificato il loro rapporto con l'ONU. La Bolivia, per esempio, si è ritirata dalla convenzione, prima di accedervi nuovamente, con il supporto dell'Assemblea Generale e a condizione di poter mantenere un mercato legale interno di cocaina. Da allora, la produzione di cocaina in Bolivia è praticamente crollata, mentre il Perù e la Colombia si sono contesi il titolo di maggior produttore di cocaina al mondo.

A livello internazionale, Washington non ha molta scelta al momento se non quella di predicare la flessibilità del trattato: con quattro stati che hanno già legalizzato il mercato della cannabis, e 20 altri che stanno considerando una qualche forma di legalizzazione nel 2016, gli Stati Uniti si trovano nella scomoda posizione di doversi difendere di fronte al Consiglio internazionale per il controllo narcotici (INCB), un ente semi-giuridico di supervisione istituito dalle convenzioni.

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L'INCB, da tempo bersaglio dei riformisti che ne hanno criticato la linea dura contro paesi come l'Uruguay – l'ex capo dell'INCB l'aveva accusato di essere "una nazione pirata" dopo che il paese aveva legalizzato la cannabis – si è evoluto.

L'ultimo dei suoi rapporti annuali ha sottolineato il bisogno di riflettere ampiamente sui diritti umani nelle azioni di risposta alla droga. A marzo, l'INCB ha pubblicato un rapporto straordinario incentrato sull'assenza di accesso ai medicinali per il dolore nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo. Milioni di persone muoiono ogni anno a causa di malattie dolorose, come il cancro, senza riuscire mai a ottenere niente più di un semplice ibuprofene o acetaminofene, medicinali acquistabili senza ricetta.

Ma nonostante tutte le riflessioni degli ultimi due decenni, un grandissimo numero di stati membri dell'ONU non sembrano voler cedere. Nel sud-est asiatico, i paesi stanno ancora pubblicamente combattendo per una società assolutamente senza droghe. I paesi mediorientali come Iran, Arabia Saudita e Pakistan continuano a giustiziare chi commette crimini di droga. In Russia, le misure drastiche e l'assenza di misure per limitare i danni hanno portato a un esplosione di casi di HIV e altre malattie trasmissibili.

Negli Stati Uniti, nonostante le promesse di riforma, ancora circa la metà di tutti i detenuti sono in prigione per crimini legati alla droga. Quando molti di questi detenuti vengono liberati, le leggi statali che li privano del diritto di voto impediscono che possano votare per i politici che decideranno il futuro delle leggi sulla droga.

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All'ONU, rimane incerto quanto gli stati membri considerino importante riformare le normative sulla droga. La scorsa settimana, l'ufficio del presidente dell'Assemblea Generale aveva comunicato che soltanto sei capi di stato parteciperanno all'UNGASS.

Tra quelli che non avrebbero presenziato era incluso il presidente messicano Enrique Peña Nieto. Dopo diverse proteste all'interno del paese – molti hanno fatto notare che era stato proprio il Messico a richiedere un nuovo UNGASS – Peña Nieto è tornato sui suoi passi confermando che sarebbe volato a New York.

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Gli ultimi 18 anni hanno mostrato che l'evoluzione delle politiche sulla droga viene avviata nei "laboratori" nazionali e statali, come il Portogallo, che ha depenalizzato le droghe nel 2001, e il Colorado e lo stato di Washington, i primi stati americani che hanno regolamentato i mercati della cannabis. Il Canada ha già annunciato che seguirà l'Uruguay nella legalizzazione della cannabis, e discussioni simili si stanno accendendo per tutto il continente americano.

Nonostante l'ONU sia incaricato di far rispettare le convenzioni internazionali, il dialogo tra gli stati membri è spesso tiepido e generalista, e le decisioni vengono mitigate da un processo di approvazione che è basato sul consenso. Se non altro, però, l'UNGASS potrebbe offrire ai governi che non hanno ancora preso una posizione un'ulteriore spinta verso la possibilità di modificare le proprie leggi sulla droga.


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