Come le liberalizzazioni hanno cambiato l’industria italiana
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Come le liberalizzazioni hanno cambiato l’industria italiana

In poco più di 20 anni la spinta alle liberalizzazione dei mercati ha cambiato completamente il volto dell’industria italiana.

Questo post è realizzato in collaborazione con Eni Gas e Luce.

C’era una volta lo stato imprenditore, che ancora nel 1992 dava occupazione al 16% della forza lavoro, controllando l’80% del sistema bancario, ogni settore della logistica (treni, aerei, autostrade), la telefonia, le più importanti aziende siderurgiche e chimiche, la rete delle cosiddette utility (gas, elettricità, acqua) e ancora assicurazioni ed elettromeccanica, arrivando perfino a supermercati, agenzie di viaggi, alberghi e industrie del vetro.

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Negli anni ‘90, questa situazione anacronistica – che aveva consentito di creare una grande industria siderurgica e chimica, ma che aveva ormai esaurito la sua spinta – iniziò a cambiare: la nuova cornice europea (che nel giro di qualche anno avrebbe portato alla nascita dell’euro) privilegiava la libera concorrenza, l’apertura dei mercati e soprattutto imponeva all’Italia di dare una sistemata ai suoi conti, schiacciati da un debito pubblico che raggiungeva il 120% del PIL.

Da questo punto di vista, cedere al mercato le aziende statali (o almeno delle quote importanti) aveva un beneficio immediato: il reddito da privatizzazione per l’Italia nei primi dieci anni (1993-2003) è stato stimato in 110 miliardi di euro, pari a circa il 10% del prodotto interno lordo del periodo di riferimento nonché la cifra più elevata, in termini assoluti, tra le prime 15 economie europee. Inoltre, dava ai consumatori la possibilità di usufruire di servizi resi più efficienti grazie alla libera concorrenza

Fu una piccola rivoluzione, con qualche pesante ombra (basti pensare al caso Alitalia) ma anche parecchie luci: Autogrill, per fare solo un esempio, dopo la vendita da parte dello Stato si trasformò, sotto la guida di Gianmario Tondato, in uno dei leader globali del settore della ristorazione e del duty free. Tra le tante aziende privatizzate troviamo anche Enel, ENI, Telecom Italia, BNL e altre ancora.

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Lo stato, insomma, aveva deciso di farsi più piccolo e lasciare che fosse il mercato a diventare il protagonista in tutti i settori e a prendere in mano anche le società strategiche – pur mantenendo, in molti casi, delle quote importanti – allo scopo di evitare che i mutamenti tecnologici, l’esigenza continua di capitali per il finanziamento e la struttura ad alto tasso di concorrenzialità (tutti fattori che beneficiano di una gestione privata) schiacciassero aziende strategiche ma che rischiavano di non essere più competitive.

Ma se la privatizzazione è fondamentalmente una questione di politica industriale, la liberalizzazione (vale a dire l’apertura dei mercati) che ne è spesso la diretta conseguenza ha portato in molti casi numerosi benefici anche ai consumatori, creando un regime di concorrenza dove prima c’era un monopolio che, come noto, è spesso sinonimo di carrozzone. Se nel settore della telefonia, in effetti, la concorrenza ha provocato un abbassamento delle tariffe, in altri settori la situazione è più complessa: basti pensare ai treni (dove con qualche difficoltà stanno entrando adesso i primi operatori privati), alle autostrade, le poste e altro ancora.

Quest’ondata di privatizzazioni e liberalizzazioni, ovviamente, non significa che oggi lo stato italiano non abbia mantenuto un ruolo importante in alcune società di particolare rilevanza, come Enel (in cui il ministero dell’Economia e delle Finanze rimane il primo azionista con il 23% circa) ed ENI (in cui gli azionisti pubblici detengono il 30%). Partecipazioni che non hanno ostacolato la graduale liberalizzazione del mercato del gas e dell’elettricità; un lungo processo che si sta completando proprio in questi mesi, ma iniziato ormai circa vent’anni fa.

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È ormai da parecchio tempo, infatti, che i consumatori sono liberi di scegliere il loro fornitore. Per la precisione, dal 2003 per quanto riguarda il gas, e dal 2007 per quanto invece riguarda l’energia elettrica. A oggi, sono circa 12 milioni gli utenti (tra persone e piccole medie imprese) che hanno deciso di affidarsi il libero mercato, mentre ben 24 milioni di clienti sono ancora legati al mercato tutelato; in cui i prezzi dell’energia sono decisi dall’apposita autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l’organismo indipendente incaricato di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza.

A oggi, sono circa 12 milioni gli utenti che hanno deciso di affidarsi il libero mercato, mentre ben 24 milioni di clienti sono ancora legati al mercato tutelato.

Ma questa è una situazione transitoria, che si concluderà definitivamente nel luglio 2019, quando – dopo una lunga fase di passaggio – l’Italia porterà a termine il percorso che porta alla completa liberalizzazione del mercato energetico. Per accompagnare i consumatori nella fase conclusiva di questo percorso, è stato introdotto il regime di tutela simile, un programma offerto dalle 27 aziende che operano nel settore del mercato libero e che dà la possibilità ai cittadini di sottoscrivere un contratto che, per 12 mesi e senza possibilità di rinnovo, offrirà loro tutele simili (regolate per legge e quindi non modificabili) a quelle garantite dal mercato tutelato.

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Come fare, allora, per effettuare questo passaggio, approfittando anche degli importanti incentivi economici messi a punto dalle principali aziende del settore (che hanno previsto dei bonus una tantum che possono raggiungere anche i 100 euro)? Prima di tutto, va detto che per approfittare di queste condizioni agevolate, è necessario effettuare il passaggio entro il giugno 2018, mentre il processo, dal punto di vista pratico, è decisamente semplice.

Una volta eseguito l’accesso sul Portale Tutela Simile è possibile valutare in maniera molto semplice e intuitiva gli incentivi, le disponibilità e i contratti dei vari fornitori, in modo da scegliere la soluzione preferita. Una volta fatto questo primo passaggio, è sufficiente cliccare su “aderisci” e inserire codice fiscale, nome e cognome, numero POD (che potete trovare sulle vostre bollette attuali) e indirizzo email. A questo punto, riceverete un Codice Prenotazione, che rimarrà valido per 15 giorni, durante i quali potrete decidere se confermare o meno l’adesione a uno dei fornitori.

Il passaggio non comporta nessun costo e, al termine dell’anno, una volta scaduto il periodo in tutela simile, l’utente potrà decidere se proseguire con il nuovo gestore, sceglierne un altro o anche ritornare al regime di maggior tutela fino al luglio 2019, quando questo sistema verrà definitivamente abolito. Se il cliente invece non comunica la volontà di cambiare operatore, resterà automaticamente con lo stesso fornitore e gli saranno applicate le condizioni economiche del mercato libero. Chi volesse farsi consigliare nel passaggio o essere aiutato nella procedura, può fare riferimento a un ampio numero di facilitatori (trovate l’elenco a questo link), tra cui l’Associazione Consumatori Utenti, l’Adiconsum e la Casa del Consumatore.

Quella della liberalizzazione del mercato energetico italiano è una delle tappe più importanti che il nostro paese ha affrontato nel lungo percorso, non privo di ostacoli, intrapreso ormai 25 anni fa. Per i consumatori, arrivare a questo momento di svolta preparati significa soprattutto avere la possibilità di approfittare dei vantaggi economici, ma anche essere in grado di affrontare con maggiore consapevolezza un momento importante della storia economica del nostro paese.