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Tecnologia

Che impatto avrà il cambiamento climatico sul Natale del 2050?

Abbiamo chiesto a un esperto se nelle festività del 2050 la neve e gli abeti verranno sostituiti dalle palme.
Giulia Trincardi
Milan, IT
Immagine: Pexels

Siamo tutti legati a una certa iconografia del Natale, a prescindere da che risvolti prendano le festività per ognuno di noi nello specifico. Anni di pubblicità e favole Disney hanno scolpito nelle nostre menti un immaginario fatto di casette sepolte da coltri di neve bianca e immacolata, sui cui tetti scivola un Babbo Natale dalle guance rubizze di freddo, seduto sulla sua slitta trainata da renne volanti. Senza contare che, anche tralasciando il folklore, l'arrivo del Natale—che segue di poco il solstizio d'inverno—evoca ricordi o immagini di sciate in montagna, abbondanza di cibo e litri di vino per gestire al meglio i ritrovi familiari.

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Ma a forza di leggere notizie sul cambiamento climatico, su come l'uomo stia fondamentalmente portando alla deriva il pianeta su cui abita, sul neo-eletto presidente degli USA Donald Trump che cambia idea ogni cinque sull'argomento, mentre le renne delle Svalbard muoiono di fame, mi sono chiesta: il Natale del 2050 avrà lo stesso aspetto che ha quello di oggi? Esisterà ancora la neve? O saremo sommersi dalle acque di un ghiacciaio dell'Antartide disciolto? Nessuno mangerà più pesce alla vigilia perché si saranno estinti tutti? Ci faremo gli auguri indossando maschere anti-gas?

Nel tentativo di chiarirmi le idee, ho contattato il dottor Silvio Gualdi del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, geofisico responsabile della divisione CSP (Climate Simulation and Predition), che si occupa di produrre previsioni climatiche relative alla prossima stagione, come al prossimo decennio. "Cerchiamo di capire quali siano i meccanismi responsabili della variabilità climatica e di prevedere i suoi sviluppi nel futuro," mi ha spiegato per telefono Gualdi.

Immaginate un futuro in cui i vini tipici italiani non sono più coltivati in Italia

Qualsiasi ipotesi sulle conseguenze del cambiamento climatico si basa sui metodi con cui affrontiamo il fenomeno adesso; il Natale 2050 potrebbe differire da quello che conosciamo solo un po', o radicalmente, a seconda di quanto rapidamente agiamo oggi. "Molti scienziati ambientali concordano sul fatto che un aumento della temperatura media della superficie del pianeta di circa 2°C rispetto alle temperatura media del periodo pre-industriale (cioè antecedente al 1860) sia il limite entro il quale gli impatti del cambiamento climatico in molti ambiti sarebbero in qualche modo gestibili senza conseguenza catastrofiche," mi ha spiegato Gualdi. Per catastrofico, ha specificato, si intende quel genere di fenomeno che non si sviluppa in modo lineare, ma imprevedibile, e che è impossibile da calcolare sulla base del suo comportamento precedente.

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Nel caso dei ghiacciai della Groenlandia e dell'Antartide, si teme proprio questo: il superamento delle soglie di temperatura dei 2°C potrebbe portare a una dinamica di fusione del ghiaccio che non siamo in grado di immaginare o prevedere ora, e parliamo di una mole di ghiaccio tale da far salire il livello del mare di svariati metri, non centimetri. In questo scenario, non sarebbe solo Venezia a passare il Natale 2050 sott'acqua, ma "tutta la costa dell'alto Adriatico dell'Italia sarebbe seriamente minacciata, così come i Paesi Bassi, la Florida e altre zone della costa orientale degli Stati Uniti e le isole del Pacifico," ha spiegato Gualdi, facendo solo qualche—poco rassicurante—esempio.

Ma determinati effetti del cambiamento climatico in Italia sono visibili già oggi: l'aumento delle temperature è il primo esempio; sono state registrate variazioni "sia in termini di temperature medie mensili e stagionali che in termini di eventi estremi," ha spiegato Gualdi—come, per esempio, i picchi di calore infernale delle ultime estati. "L'aumento delle temperature sta facendo sì, per esempio, che si possano già riconoscere importanti cambiamenti nei cicli fenologici in agricoltura," ha detto.

Inoltre, "nelle regioni dell'arco Alpino si è registrato un notevole cambiamento nelle caratteristiche del ciclo idrologico, con cambiamenti nei periodi di picco delle portate dei fiumi." Se vi state chiedendo cosa c'entri tutto questo con il Natale, pensate al pesce che plausibilmente mangiate la sera della Vigilia. Nei mari italiani, infatti, si trovano sempre più specie aliene, il cui ciclo vitale confligge con quello delle specie autoctone. Queste specie, mi spiega Gualdi, "non sono arrivate grazie al cambiamento climatico in senso stretto (piuttosto per altre cause, come il commercio marittimo), ma il cambiamento climatico ha permesso che trovassero habitat favorevoli. Cosa che non succedeva in passato."

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Ipotizzando uno scenario natalizio futuro semi-catastrofico—uno in cui, insomma, le politiche internazionali non fossero riuscite ad arrestare l'andamento attuale del riscaldamento globale, intervenendo sui suoi fattori antropogenici—, nessuno degli elementi tipici del Natale può considerarsi salvo, secondo la previsione di Gualdi. "Sicuramente tra 30-35 anni avremmo natali molto più caldi di quelli ai quali eravamo abituati fino a un recente passato. I paesaggi innevati diventerebbero molto, molto più eccezionali, anche in regioni dove a tutt'oggi sono una normalità ed una risorsa anche economica," ha detto.

"Le proiezioni di cambiamento climatico ci suggeriscono che potrebbero crearsi condizioni di aumentata stabilità atmosferica, il che implica un minore rimescolamento, soprattutto negli strati più bassi e quindi maggiori problemi di qualità dell'aria (se l'emissione di inquinanti rimanesse quella di oggi)." Parlando poi del livello del mare, Gualdi ha ribadito come sia difficile prevedere la quantità esatta del suo aumento, essendo legato a un evento di cui abbiamo una cognizione incerta—la fusione dei ghiacciai terrestri di Groenlandia e Antartide. Ciò che è già noto, però, è che "molte aree costiere del nostro pianeta subirebbero gravi conseguenze con aumenti anche di poche decine di centimetri," ha detto. Figuriamoci se parliamo di metri di acqua.

"Se vogliamo rimanere al di sotto di questa soglia, dobbiamo implementare delle politiche di mitigazione"

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Il Natale del 2050 potrebbe dunque avere un'altra faccia anche da un punto di vista economico: basta pensare al turismo invernale, basato in tante zone d'Italia sulla stagione sciistica. Molti impianti dell'appennino tosco-emiliano, per esempio, sono destinati alla sofferenza economica, mi ha spiegato Gualdi, perché non nevica più abbastanza per poterli mantenere in servizio. "In Svizzera, per esempio, sono diversi anni che lo stato non sovvenziona più gli impianti che si trovano a meno di 2000 metri di altitudine," ha detto, perché non fa abbastanza freddo ed è un investimento a perdere.

Un problema simile si sta presentando da qualche anno ai produttori di vino: "così come i grandi produttori di champagne francesi stanno acquistando da un po' di tempo appezzamenti di terra di Inghilterra—Cornovaglia nello specifico—, perché ritengono che in futuro offriranno condizioni migliori per la coltivazione delle viti," mi ha raccontato Gualdi, possiamo prospettare un futuro in cui a Natale si berranno vini tipici italiani che non sono più coltivati in Italia, perché le condizioni climatiche del nostro paese non saranno più quelle ideali. Il fenomeno, in realtà, sta già mostrando i primi segnali.

Gualdi stesso ha detto di aver incontrato viticoltori preoccupati perché la stagione della vendemmia sta mutando, arrivando in anticipo di 15 giorni netti rispetto a quanto facesse 20 anni fa. "Il problema è che un anticipo sulla vendemmia influenza l'acidità dell'uva e quindi le caratteristiche organolettiche e la qualità generale del vino prodotto." I produttori di vino potrebbero essere costretti in tempi brevi a spostare le proprie coltivazioni in zone più d'altura, in cerca di temperature più rigide e stagioni di vendemmia più tardive, ma, ha detto Gualdi, non c'è da escludere che nei prossimi decenni il trasferimento diventi più radicale, sul modello delle produzioni di champagne francese.

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Dove sarà prodotto il prosecco con cui brinderemo a Natale 2050? Forse non in Italia.

In definitiva, Gualdi ha detto che, considerate le latitudini a cui si trova l'Italia e le dinamiche climatiche relative, il Natale del 2050 non sarà un tropicale in senso stretto, ma, sicuramente, sarà più piovoso che nevoso e la neve che vedremo sarà quasi tutta artificiale.

Per evitare che il futuro del Natale faccia così incredibilmente schifo, senza neve, senza renne delle Svalbard, senza vino e senza frittura di pesce, è necessario restare sotto la soglia dei 2°C di aumento delle temperature medie.

"Se vogliamo rimanere al di sotto di questa soglia, dobbiamo molto, molto rapidamente implementare delle politiche di mitigazione—cioè, di riduzione di quei forzanti del clima di natura antropogenica, come per esempio l'emissione di gas serra prodotti dall'utilizzo dei combustibili fossili—piuttosto incisive, se non proprio aggressive." ha concluso Gualdi. "Continuare a tergiversare e a indulgere su atteggiamenti negazionisti ci fa perdere tempo preziosissimo."

Godetevi il Natale 2016, che per quanto infelice possa sembrare, tra pochi anni sarà plausibilmente oggetto di amari rimpianti.