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Tecnologia

​Ciao Girard, tante grazie per il capro espiatorio

Merci.
René Girard. Foto: Films 7

Il bello delle cose astratte è che sono infinitamente applicabili. Concettualizzare significa allontanarsi dalla realtà e allo stesso tempo interpretarla nella maniera più ampia possibile. L'antropologia è la disciplina che concettualizza l'umanità a partire dalle sue origini, un trapano nel muro della storia che serve a spiare cosa c'è nell'altra stanza per imparare delle cose sulla nostra.

René Girard, morto ieri all'età di 91 anni, è stato un'ottima spia della storia. A prescindere dalle critiche che sicuramente qualcuno avrà voglia di fare alle sue teorie, ha fatto luce su dei meccanismi di convivenza che possono aiutarci a capire perché alcune anime semplici odiano gli immigrati, perché nei gruppi di amici c'è sempre qualcuno che stronzeggia con qualcun altro, perché Gesù ha fondato una religione e perché i francesi della Rivoluzione hanno dovuto far volare la testa parruccata di Maria Antonietta per fondare lo stato moderno.

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Partiamo dall'imitazione. Per Girard, l'imitazione è alla base del nostro apprendimento, ed è il meccanismo su cui si fonda la cultura. Vi risparmio l'intera storia della scoperta dei neuroni specchio, basta pensare ai bambini di pochi mesi che sorridono quando tu gli sorridi, agli scimpanzè dello zoo di Fasano che ti fanno il verso quando li guardi o semplicemente alla convenzionalità del linguaggio. La storia della cultura umana è insomma una catena di persone che si imitano tra loro, di tanto in tanto qualcuno inventa qualcosa di nuovo, e tutti gli altri apprendono imitandolo.

Non che quello dell'imitazione non sia un processo creativo: scegliamo sempre chi imitare e come, costruiamo la nostra personalità su basi imitative ma rimaniamo sempre in qualche modo liberi di scegliere. Il fatto che l'imitazione fondi la cultura, però, crea un inghippo sociale. Anche il desiderio è imitativo e genera rivalità: se tutti vogliono la stessa cosa e la quantità di questa cosa è limitata, come spesso accade, allora tutti entrano in conflitto. Perfettamente logico, basta pensare ai soldi.

Il problema fondamentale che le comunità devono risolvere, dunque, è quello di arginare la rivalità e quindi la violenza che potrebbe generarsi (che funziona a sua volta per imitazione): dietro i miti antichi, i rituali religiosi e la formazione stessa delle leggi ci sarebbe esattamente questo intento — ovvero creare regole ed esempi che stigmatizzano gli atti violenti.

Dopo aver studiato l'etnologia di Eugenio Donato, la tragedia greca, Shakespeare e molto altro, nel 1972 Girard scrive il suo saggio più famoso, La violenza e il sacro, in cui espone la teoria del capro espiatorio che in qualche modo "risolve" i problemi pratici e concettuali generati dal conflitto mimetico che affligge le comunità umane. Ok le leggi e la religione che servono per dettare una condotta morale, ma emotivamente come viene veicolata la violenza?

Secondo Girard, nei momenti di crisi culturale le comunità tendono a scegliere una vittima contro cui schierarsi (vedi la crocifissione di Gesù, le streghe nel periodo della Controriforma, la testa ghigliottinata di Maria Antonietta, gli immigrati.) La vittima viene perseguitata da tutti in quanto responsabile del disordine, e la sua morte porta a una magica riconciliazione sociale: il conflitto culturale si placa perché nel perseguitarla si crea un'omogeneità tra tutti gli altri. Il capro espiatorio diventa quindi la valvola di sfogo di tutta la violenza sociale, e la comunità, che dalla sua eliminazione trae un impatto emotivo fortissimo, guarisce.

Girard evidenza che spesso il meccanismo del capro espiatorio tende a riproporsi, più che nella realtà truculenta, nell'arte e nel rituale (tanti saluti dalla messa, o dai telefilm adolescenziali in cui il protagonista è sempre la vittima).

Insomma la cosiddetta civiltà, per Girard, è tutto un fuggire dalla violenza ingiustificata attraverso le leggi, l'arte e la religione. Poi però arrivano quei momenti della storia in cui non si può proprio fare a meno di essere violenti, e allora ce la si prende con qualcuno in particolare per risparmiare tutti gli altri. Niente di sorprendente, forse, per chi a scuola ha passato il 60 percento delle ore di storia a sentir parlare di olocausto e il restante 40 percento di cattolicesimo e di Manzoni. Però ecco. Ciao Girard, e tante grazie per il capro espiatorio.