L'osservatorio per neutrini sepolto nel Polo Sud che produce valanghe di dati
Questa immagine mostra uno degli scontri tra neutrini a più alta energia mai rilevati, posto in sovraimpressione a una panoramica dell'IceCube Lab nel Polo Sud. Immagine: IceCube Collaboration

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L'osservatorio per neutrini sepolto nel Polo Sud che produce valanghe di dati

Sepolto sotto i ghiacci del Polo Sud si trova il progetto IceCube, un osservatorio per neutrini da 3,5 milioni di gigabyte di dati.

Sotto le lastre gelide dell'Antartide, dei sensori sepolti da miliardi di tonnellate di ghiaccio—un chilometro cubo di H2O allo stato solido—sono alla ricerca dei neutrini. Non cercano, però, neutrini qualsiasi: l'IceCube South Pole Neutrino Observatory vuole scoprire le origini dei raggi cosmici ad altissima energia e risolvere così uno dei più antichi misteri della scienza.

C'è solo un problema. Questo tipo di neutrini sono difficilissimi da rilevare.

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Installati e lasciati a gelare nel ghiaccio ad una profondità tra 1.450 e i 2.450 metri sotto la superficie del Polo Sud, i sensori di IceCube collezionano ogni giorno decine di terabyte di raw data.

Come vengono analizzati e processati questi dati? Come spiegato da Nathan Whitehorn, ricercatore di IceCube, non è semplice.

"Dall'atmosfera rileviamo un neutrino che ci interessa ogni—circa—10 minuti, e una volta al mese riusciamo ad ottenere un neutrino proveniente da una fonte di natura astrofisica," mi ha scritto Whitehorn. "Ogni interazione particellare dura circa 4 microsecondi, quindi dobbiamo cercare in tutta la mole di dati raccolti in un anno quei 50 microsecondi che ci interessano."

"Dobbiamo cercare in tutta la mole di dati raccolti in un anno quei 50 microsecondi che ci interessano."

Visto che IceCube non può essere sempre nel campo dei satelliti in orbita geosincronizzata con il polo, la copertura internet dura solo sei ore al giorno.

I raw data vengono immagazzinati direttamente sul polo, in un cluster da 400-core che permette di snellire il carico a circa 100GB al giorno.

Uno sguardo all'interno del data center di IceCube nel Polo Sud. Immagine: IceCube Collaboration

Durante il lasso di tempo in cui internet è presente, IceCube invia 100GB al giorno attraverso il sistema satellitere TDRS della NASA, fino alla University of Winsconsin, a Madison.

I sistemi presenti nel Polo Sud stanno provando anche ad attuare un processo di monitoraggio autonomo, inviando SMS a dei telefoni satellitari quando pensano di aver trovato qualcosa di davvero interessante," mi ha spiegato Whitehorn.

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I raggi cosmici sono stati scoperti per la prima volta nel 1912 dal fisico austriaco Victor Hess, quando ha provato la loro esistenza salendo in aria con una mongolfiera durante un'eclissi solare.

Gli scienziati hanno lavorato a lungo per comprendere meglio la scoperta di Hess, da allora. I raggi cosmici tendono a rimbalzare un po' ovunque nello spazio, indi per cui non è possibile risalire facilmente alla loro fonte.

Questo è uno dei motivi per cui la loro vera origine continua ad essere un mistero—sembra però che chi genera questi raggi cosmici produca anche neutrini ad alta energia, che per fortuna tendono a viaggiare dritti. "Solo questo tipo di interazione tra raggi cosmici può produrre questo tipo di neutrini, quindi rilevare l'origine di questi neutrini significa rilevare anche quella dei raggi cosmici," scrive Whitehorn.

Problema: non è semplice rilevare i neutrini.

Qui entra in gioco IceCube.

I dati provenienti da IceCube arrivano alla UW-Madison, dove vengono ulteriormente processati, rendendoli così ancora più grandi.

"Se i dati filtrati provenienti dal Polo pesano circa 36 terabyte ogni anno, gli stessi dati, dopo essere stati processati, pesano circa 100 terabyte ogni anno." Mi ha scritto Gonzalo Merino, il computing facilities manager di IceCube presso la UW-Madison.

Questi dati vengono immagazzinati alla UW-Madison, mi ha scritto Merino, e "tutti i dati raccolti dall'installazione del rilevatori vengono tenuti su uno stesso disco, di modo da poter essere poi analizzati tutti assieme."

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In totale, il progetto IceCube raccoglie circa 3.5 petabyte di dati (circa 3.5 milioni di gigabyte, più o meno) nei data center della UW-Madison.

Un cluster da 4000 CPU macina questi numeri. Il loro sistema dati deve avere a che fare con flussi piuttosto "tipici", si parla di "1-5GB/al secondo, con migliaia di connessioni in parallelo," mi ha spiegato Merino.

"Una delle sfide più importanti di questo progetto è proprio riuscire a mentenere alti i livelli di efficienza e di sofisticazione di questi sistemi.

Visto che i dati provenienti da IceCube sono di fatto unici e insostituibili, il progetto si concentra non solo sulle performance di raccolta e di elaborazione, ma anche nel mantenere integri questi dati sul lungo periodo. E se tra vent'anni saltasse fuori qualcuno con una ottima idea per interpretarli? Quindi, l'intero database è conservato in backup da svariati petabyte mantenuti offline e posti in due diversi magazzini presenti sul Globo.

E per gli scienziati? La caccia ai raggi cosmici continua.

"Le rilevazioni sono ancora molto poche, quindi stiamo ancora lavorando sulle teoria di accelerazione e propagazione dei raggi, ma quello di IceCube è uno dei progetti esistenti più validi per la rilevazione dei raggi cosmici," dice Whitehorn. "E sono sempre di più i neutrini a saltare fuori ogni mese."