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Tecnologia

Questo designer sta componendo la propria autobiografia come mod di 'Doom II'

Un uomo che deve la propria vita a 'Doom' ha deciso di ricostruirla sul motore grafico del gioco.
Immagine: JP LeBreton.

Un cadavere che cammina, un ghoul sputa fuoco, un demone ragno cibernetico e persino la testa di un luminare sviluppatore di videogiochi impalata: ecco qualche esempio di ciò che è normale incontrare quando si gioca a Doom II, il seguito del 1994 di uno dei giochi più importanti della storia del settore, nonché gioco stellare di per sé. Una bicicletta BMX da periferia, un parcheggio del Circle K e una copia funzionante di Doom II caricata su un computer fisso sono invece esempi di cose che è molto meno facile trovare dentro Doom II; appartengono alla vita di JP LeBreton, che ha deciso di plasmare la propria autobiografia sottoforma di mod di Doom.

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Da quando Doom è uscito all'inizio degli anni Novanta, e in particolare da quando è poi diventato open source, ha finito per essere uno dei giochi con più mod della storia, la maggior parte delle quali sono mappe personalizzate o cose del genere. Nel frattempo, i giochi autobiografici e di scrittura hanno preso sempre più piede: pensate a giochi come Cibele di Nina Freeman, That Dragon, Cancer di Ryan Green, o The Beginner's Guide di Davey Wreden; mentre le mod di Doom legate alla storia o alle componenti più astratte di Doom non sono tanto lontane dall'ordinario, il progetto di LeBreton, che si intitola Autobiographical Architecture, promette una qualità poetica di tutt'altro livello.

Scene tratte dalla serie di Doom si mescolano e completano ambienti e momenti della vita di LeBreton, la vita di un level designer. Dietro ogni porta scorrevole potrebbe trovarsi un ricordo di infanzia genuino, o un repellente Cacodemon. Come se il film su Doom del 2005 fosse stato sceneggiato da Charlie Kaufman invece che dal tizio che ha diretto Romeo deve morire.

"Doom ha lasciato un segno forte su di me a quei tempi" ha detto LeBreton a Motherboard via email. "Ha continuato a spuntare fuori in diversi momenti della mia vita, attraversando le città dove vivevo e le persone con cui condividevo la mia vita."

LeBreton mi ha detto che l'idea di Autobiographical Architecture è arrivata quando ha capito non solo quanto Doom fosse stato importante per la sua vita, ma che proprio grazie a quella strana connessione, si sentiva a proprio agio a raccontarsi attraverso il gioco. Ha lavorato come designer per Double Fine e Irrational, e al momento realizza giochi indipendenti. Le sue capacità professionali sembrano in sintonia perfetta con la sua conoscenza di Doom. Nel 2010 ha persino progettato da capo un livello che aveva realizzato per Bioshock come mod di Doom II.

"La semplicità del motore grafico di Doom e la bassa definizione sono vincoli preziosi per un creatore solitario come me," ha detto LeBreton. "Con questo paradigma di costruzione livelli, posso allestire e riempire di dettagli uno spazio in una frazione del tempo che mi servirebbe per costruire qualcosa con un motore grafico più avanzato. Il ritorno della pixel art negli ultimi 5-10 anni dimostra che le persone sono assolutamente capaci di realizzare grafiche piacevoli anche in bassa definizione… Il modding ha trasformato in una tela bianca molto più Doom che altri giochi degli anni Novanta, e questa apertura implica che il gioco è cambiato insieme a me, in certa misura."

Doom sembra aver dato tanto a JP LeBreton, e ora il designer ha deciso di installare la propria vita dentro al gioco. Il primo volume uscirà nei prossimi mesi, e comprenderà il racconto dell'infanzia di LeBreton in Texas e dell'ossessione per il gioco stesso. Gli episodi futuri documenteranno la sua vita adulta e altre peripezie.