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Il governo si sta trasformando in una puntata delle 'Iene'

La nomina di Dino Giarrusso, ex inviato delle Iene, è solo l'ultima manifestazione di questa tendenza.
Lorenzo Fioramonti (M5S) e il suo nuovo collaboratore Dino Giarrusso. Foto via Facebook

Il 3 settembre il sottosegretario all'Istruzione Lorenzo Fioramonti ha annunciato tramite un post su Facebook che Dino Giarrusso, ex inviato de Le Iene ed ex candidato M5S alle politiche dello scorso 4 marzo, sarà il suo primo collaboratore.

Nello specifico, Giarrusso “oltre che svolgere il ruolo di manager della comunicazione e mantenere i rapporti istituzionali tra l’ufficio, il Parlamento e gli altri ministeri, dirigerà l’osservatorio sui concorsi nell’università e negli enti di ricerca.” In altre parole, Giarrusso vigilerà sui concorsi universitari.

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Sempre secondo Fioramonti, la nomina è stata guidata dalla necessità di comunicare una "cultura di trasparenza nel mondo accademico italiano" e lo stesso Giarrusso, in un’intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato che “è capitato troppo spesso che chi si è ribellato alle distorsioni del sistema abbia pagato, ma da oggi c'è una ulteriore possibilità di ascolto per chi non si piega e credo che l'esperienza delle Iene mi sarà utile.”

Nell’intervista, infatti, Giarrusso cita più volte il suo operato a Le Iene. In particolare, menziona un suo servizio su un concorso truccato a Tor Vergata, per cui a due ricercatori sarebbe stato vietato dal rettore di partecipare all’iter per diventare professori—nonostante i due possedessero i titoli necessari.

Com’era facilmente prevedibile, la notizia ha suscitato diverse polemiche e critiche—alle quali lo stesso Giarrusso ha risposto dalla sua pagina Facebook.

Ma quali sono i problemi legati alla sua nomina? Anzitutto, un problema di opportunità. Come detto, il giornalista ha provato a candidarsi come candidato del M5S nel collegio romano del Gianicolo perdendo contro Riccardo Magi di +Europa. Da lì, ha ottenuto un posto come capo della comunicazione alla Regione Lazio ma si è poi dimesso per dinamiche non del tutto chiare. Di lui si è anche parlato per un posto nel Cda della Rai, ma anche lì non ci sono stati esiti positivi. Tutto questo è successo a una persona che diceva di non avere alcun “paracadute”; bene, dal 4 marzo a oggi ne ha avuti almeno due.

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Passando alle competenze, e stando al curriculum di Giarrusso, il giornalista avrebbe insegnato “tecniche della produzione cinematografica e televisiva” all’Università di Catania. Eppure non ha mai conseguito un dottorato di ricerca né pubblicato su riviste scientifiche di nessun genere—anche se, in compenso, ha conseguito “ottimo” in canto e chitarra.

Se dunque la nomina di Giarrusso è già di per sé criticabile da un punto di vista metodologico, la questione si arricchisce di un problema di merito. Una simile scelta lascia intendere che il problema principale dell'università siano i soliti "baroni" o i "concorsi truccati." E intendiamoci: sono sicuramente dei grossi problemi, ma sono solo la punta dell’iceberg e—guarda caso—l’oggetto di innumerevoli servizi di denuncia delle Iene.

Ed è proprio qui che arriviamo al vero problema della nomina di Giarrusso: il collegamento con Le Iene. Un collegamento che non ho fatto io, ma direttamente il sottosegretario: “Chi meglio di una ex Iena” può controllare le magagne dei concorsi?

Ora, è indiscusso che Le Iene sia una delle trasmissioni più seguite e in grado di influenzare il proprio pubblico—proprio per la sua aura di “controinformazione” e per la sua capacità di fare da surrogato istantaneo alla giustizia. Allo stesso tempo, parliamo di un programma che è stato in grado di trasformare delle ipotesi in certezza, di alimentare una cultura antiscientifica e di mandare in onda servizi scandalosi come quelli su Blue Whale o Stamina.

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Pensare che un metodo del genere possa essere applicato all’amministrazione universitaria è più un incubo che una buona notizia. Dopotutto, va pure detto che la nomina di Giarrusso è totalmente in linea con un certo modo di fare politica del M5S, e si tratta della fusione definitiva dell’infotainment televisivo con la “politica pop”—che ormai è la cifra dominante del panorama italiano.

Secondo la definizione che ne hanno dato Mazzoleni e Sfardini, si tratta della "trasformazione del sistema politico e della comunicazione politica verso forme di spettacolarizzazione e personalizzazione, di cui i media sono i motori, ma di cui i politici sono attori entusiasti." Concretamente, almeno per quanto abbiamo visto in questi primi 100 giorni di governo, si traduce in una lunghissima serie di annunci—uno più mirabolante dell'altro—a cui seguono ben pochi cambiamenti concreti.

E anche in questo caso qualcosa mi dice che non basteranno i post su Facebook per risolvere i problemi dell’università italiana, e che questa nomina sarà il solito annuncio buono per i social e inutile per la realtà.

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