Musica

Jacob Anderson di Game of Thrones ha fatto un disco R&B sulla salute mentale

Se lo conoscete come Grey Worm non dovete farvene una colpa, però dietro l'attore c'è un musicista dalla voce fantastica e dal cuore incerto—lo abbiamo intervistato per parlare di 'Andy'.
Raleigh Ritchie

Esattamente, quanti eroi della serialità contemporanea hanno fatto breccia nei vostri cuori? Se siete come la maggior parte della popolazione mondiale, e in particolare occidentale, è probabile siate ricolmi di figure indimenticabili scolpite a viva forza nella roccia morbida del vostro cervello

Tuttavia, pochi tra questi personaggi hanno tra le proprie caratteristiche principali quella di essere stati mutilati alla nascita, e in particolare castrati. La percentuale, però, si alza notevolmente se siete tra i milioni di persone che si sono guardati Game of Thrones, visto che qui la pratica sembrava proprio andare per la maggiore.

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Tra gli indimenticabili di cui sopra, figura di sicuro Grey Worm, leader eletto dell’esercito di schiavi castrati—appunto, ve l’avevamo detto—degli Unsullied. La sua è una storia ricolma di riscatto e rivalsa, tristezza e frammenti d’anima calpestati dalla ferocia del mondo, per cui, essendo anime fragili, non ve la racconteremo.

Vi racconteremo piuttosto quello che si cela dietro all’attore che interpreta il personaggio, un trentenne inglese che si chiama Jacob Basil Anderson e, a fianco della carriera televisiva, teatrale e cinematografica, si dedica professionalmente alla musica ormai da quasi quindici anni.

Sotto il nome di Raleigh Ritchie, Jacob Anderson ha pubblicato due dischi, entrambi piuttosto splendidi.
Sotto il nome di Raleigh Ritchie—un moniker mischione che gli arriva da I Tenenbaum di Wes Anderson—, Jacob ha pubblicato due dischi, entrambi piuttosto splendidi. Il primo You're a Man Now, Boy, mostra un artista del tutto inatteso, in grado di riscrivere la grammatica R&B moderna con una fresca dose di soul, elettronica e un piglio orchestrale da colonna sonora che mischia garage, hip hop e, per dire, del trip hop meno fissato con i bassi più profondi.

Ma è con il recente Andy che arriva la stralunata, solidissima conferma: il disco rimane sulle stesse coordinate sonore ma è ancora più personale, emotivamente incisivo e musicalmente potente. Una vera e propria combinazione di magie liriche e cuore messo totalmente a nudo, supportati da una musica eterea e leggera ma piena di beat, produzione, arrangiamenti e synth di primissimo livello.

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Raleigh Ritchie Andy

La copertina di 'Andy', cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify

Un oggetto di pura introspezione dedicato alla salute mentale, all’ansia sociale e al bisogno di sentirsi meglio, con se stessi e con gli altri. Un disco mediamente alquanto drammatico—e con linee tipo “I ragazzi non piangono mai, ma io piango tutto il tempo”, oppure, “Vivo nella mia stessa testa / E non mi ci sento a casa” e “Ma il dolore senza fine / è nel mio cervello”, e ancora “Non aiuterebbe restarsene a letto tutto il giorno / Quindi dovrei trovare un aiuto professionale in maniera da prendermi cura di me stesso” non potrebbe andare diversamente—che però ha l’intelligenza di essere super ascoltabile, leggiadro, pop e stranamente solare, come la luce malinconica dell’alba che invita alle sue porte un nuovo giorno e rinnovate possibilità.

Abbiamo voluto quindi contattarlo e parlarne con lui, con un uomo di poche parole che, proprio come dimostrato dalla sua musica, tende molto a chiudersi in se stesso e a mettere in discussione ogni cosa, umile e desideroso di piazzare sul piatto il suo cuore. Una seconda bella sorpresa, e un musicista che, non a caso, si accende soprattutto quando si trova a parlare dei suoi colleghi e partner, non di se stesso. Per quello, c’è Andy.

“Il mio unico vero obiettivo è quello di essere mentalmente in pace e in salute.”

Noisey: Ti ci è voluto molto tempo per completare questo disco. Il primo singolo "Time in a Tree" è uscito in effetti più di due anni fa. Cosa è successo?
Jacob: Perché affrettare le cose? Non sarò mai quel tipo di persona che pubblica un album all'anno solo per il gusto di farlo. In questo tempo ho dovuto capire cosa avevo bisogno di dire e poi ho passato questi mesi a capire quale fosse il modo migliore in cui dirlo. Ho messo molta pressione su me stesso per assicurarmi l'album suonasse esattamente come mi sentivo. E ci sono riuscito. Quindi è valsa la pena spendere il tempo necessario. Ma, a dirla tutta, ho scritto su quel processo in modo più dettagliato sui miei social media, se a qualcuno interessa leggerlo…

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Quanto pensi siano cambiati i tuoi obiettivi nel tempo, e quanto il successo ha impattato su di te?
Se ho degli obiettivi, questi non sono orientati ai risultati: non credo di considerare più alcun obiettivo in ​​questo modo. Non mi sento a mio agio con l'ambizione vissuta in questi termini. Voglio solo sentire di aver realizzato qualcosa a cui tengo e di essere stato onesto quando l'ho fatto. Il mio cosiddetto "successo" ha senso solo in modi che soltanto per me sono definibili.

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Quando avevo vent'anni diverse persone mi hanno fatto sentire un fallito perché non stavo facendo le cose che volevano io facessi e non le stavo facendo nel modo in cui volevano loro. Ma ora sto migliorando nel rendermi conto che non stanno vivendo la mia vita, e quindi non è compito loro quello di definirla. Il mio unico vero obiettivo è quello di essere mentalmente in pace e in salute.

Il tuo lavoro sembra il frutto di un perfezionista. Come impatta questo sulla tua vita?
Sono un perfezionista, ma sarebbe decisamente più facile se non lo fossi. Le persone possono infatti ascoltare solo quello che io pubblico… però in realtà ho centinaia e centinaia di canzoni non finite nel mio archivio. Tuttavia, non mi pento affatto di averle cominciate solo perché ora non le considero perfette e non le ho quindi pubblicate.

“Idealmente mi piacerebbe fare la mia musica, pubblicarla e poi sparire completamente dalla scena fino all'uscita successiva.”

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Ad ogni modo, credo che parlare di qualcosa sia più difficile rispetto a realizzarlo. La fase della realizzazione concreta è la mia preferita, mi fa sentire nel mio elemento naturale. In effetti, idealmente mi piacerebbe fare la mia musica, pubblicarla e poi sparire completamente dalla scena fino all'uscita successiva.

Se è possibile chiederlo: quanto della tua vita c'è in questi testi e musiche? Non hai mai l'impressione di scavare troppo a fondo, in questioni personali e intime che dovrebbero riguardare solo la tua famiglia o gli affetti?
È tutta la mia vita. Ed è tutto estremamente personale. Non ho mai pubblicato una canzone che non riguardasse qualcosa che ho sperimentato in prima persona o un sentimento che ho provato in fase di scrittura: è l'unico modo in cui so scrivere canzoni.

Mi rende più vulnerabile, questo è vero, e rende il processo un po' crudo e mi spinge a prendere le cose sul personale… ma se non mi esprimo con il cuore, qual è il punto? Ogni volta che ho provato a scrivere di qualcos'altro suona forzato e stridente. Questo è probabilmente il motivo per cui non tendo a fare molti featuring.

Questa tua musica è uno strumento di catarsi psicoanalitica, ti fa stare meglio?
Al 100%. Ma dipende molto dalla canzone se è un effetto momentaneo o più stabile. Dopo mi sento sempre un po' meglio, ma questo tipo di roba richiede molto tempo. Vado anche in terapia. È tutto parte di un processo. Non puoi semplicemente premere un interruttore e sentirti meglio. Ogni cosa richiede lavoro. Questo è quello di cui tratta la mia musica, sono io che elaboro qualcosa nel modo a me più congeniale.

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“Se non mi esprimo con il cuore, qual è il punto?”

È molto interessante il modo in cui hai collaborato con Chris Loco e Chad The Polymath Edwards. Come li hai incontrati e come avete lavorato insieme?
Ho incontrato Chris circa 6 anni fa, quando ho firmato per la Columbia, abbiamo scritto molta musica ma solo due canzoni sono state poi inserite nel primo album. Chris è il produttore con cui mi sento più a mio agio di tutti. Non c'è mai un limite a ciò che potremmo provare a fare ed è sempre stato così. Questo è lo spirito con cui volevo approcciare ed entrare anche in questo album, quindi ci siamo praticamente rinchiusi in studio e abbiamo provato a capire dove saremmo finiti strada facendo.

Chad invece suona le tastiere nella mia band ed è una persona instancabilmente creativa ed energica. Penso che la cosa che ammiro di lui sia che quando siamo in tour trova sempre il modo per far sembrare nuove le nostre vecchie canzoni. Non è mai soddisfatto dal limitarsi a suonare qualcosa in modo ovvio, e c'è sempre una sorpresa da parte sua; è sembrato adattarsi così bene a tutto che alla fine non è mai tornato a casa davvero. È diventato un'estensione della dinamica che io e Chris avevamo già collaudato.

Raleigh Ritchie

In termini di processo, le relazioni tra gli artisti e i produttori sono difficili da definire, ma ne abbiamo parlato proprio l'altro giorno e penso dipenda molto dall'ambiente che viene a crearsi con la collaborazione di tutti. Ci siamo dati reciprocamente lo spazio per provare e sperimentare, per spingerci l'un l'altro e poi tirarci indietro se qualcosa non funzionava. Non c'erano risposte sbagliate.

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In generale, tendiamo a fare jam e provare accordi, lanciare idee o andare avanti se qualcosa non funziona. Poi però, quando la musica inizia a prendere slancio ed entra in sintonia con qualcosa che sto provando, e trovo la melodia, allora vado da qualche parte fuori dalla stanza e scrivo il testo della canzone. Solo a quel punto torno e registriamo, e da questa base poi continuo a costruire.

“Sto cercando di tenere lontane le cose e le persone tossiche e sto cercando di evitare di essere tossico io stesso. È il meglio che posso fare. Ci sto lavorando.”

Dentro a Andy la musica assume davvero tante forme e sfumature diverse. Lo avevi stabilito sin dall'inizio?
L'unica cosa che mi sforzo veramente di fare nei miei dischi è quella di assicurarmi che ogni elemento stia esprimendo la stessa voce, per assicurarmi che una canzone esprima al meglio la sensazione a lei associata. L'unico modo per farlo è mettere molta cura nei dettagli, quindi entrano in gioco molti elementi diversi.

Io tra l’altro ascolto molti e diversi tipi di musica, non mi sono mai limitato ad ascoltare un solo genere, quindi questo è ovviamente ciò di cui è pieno il mio cervello. Dunque ha perfettamente senso che un piccolo pezzo di tutte queste cose entri nella musica che compongo. Comunque sì, ovviamente richiede un'enorme quantità di lavoro di squadra. Ma se hai i giusti collaboratori sembra che tutto provenga da una singola fonte. Diventi una specie di mente collettiva.

"Sono una menzogna, sono una frode" canti in "Club 27". Se penso a questa e altre frasi, contengono così tanto dolore. Da dove ti arriva? Verrà mai dissolto?
Questa è una domanda grande e difficile. Da dove proviene non è il genere di informazione di cui parlerò in un'intervista. Ma sono un essere umano e credo di poter essere più sano e di poter sentirmi meglio in futuro. Faccio quello che posso, quando posso, per riuscirci. Sto cercando di tenere lontane le cose e le persone tossiche e sto cercando di evitare di essere tossico io stesso. È il meglio che posso fare. Ci sto lavorando.

Ultimo ma non meno importante: come vivi la sovrapposizione tra la tua carriera di attore e la tua musica? È un problema per te essere considerato soprattutto per il tuo ruolo in Game of Thrones?
No, e non posso farci niente. Un tempo pensavo di dover dimostrare qualcosa, ma richiede davvero troppa energia. Finché faccio del mio meglio per fare cose che mi fanno sentire bene, non posso controllare come le altre persone definiscono il mio lavoro.

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