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Tecnologia

L’Unione Europea obbligherà Netflix a inserire in catalogo più serie e film italiani

“Manca solo il voto finale, ma è una mera formalità,” ha spiegato Roberto Viola, direttore generale del dipartimento reti di comunicazione, contenuti e tecnologie dell'Unione Europea.
Giulia Trincardi
Milan, IT

Servizi di streaming come Netflix e Amazon Prime Video dovranno presto garantire per legge quote precise di contenuti locali per i paesi europei in cui operano.

Il piano normativo, stabilito dell'Unione Europea e in dirittura di voto definitivo a dicembre di quest'anno, prevede che almeno il 30 percento dei cataloghi dei servizi di streaming sia composto da film e serie originali realizzati localmente — ma ogni Paese membro della UE potrà decidere di portare questa percentuale fino al 40 percento per i propri confini. Al contempo, i servizi di streaming dovranno anche assicurare visibilità ai contenuti locali sulle varie piattaforme (si sa che i cataloghi possono essere parecchio oscuri da navigare).

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La notizia del nuovo insieme di regole per i colossi dello streaming è stata commentata da Roberto Viola — capo della Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della UE — in un'intervista a Variety durante il festival di Venezia, dove ha specificato che il voto di dicembre "è una mera formalità," e che da quel momento i 28 Paesi membri dell'UE avranno 20 mesi per applicare le nuove norme. Potranno inoltre decidere, ha spiegato sempre Viola nell'intervista, "se applicare il metodo tedesco e maggiorare leggermente gli abbonamenti allo streaming per contribuire al fondo per le produzioni nazionali."

Per quanto Netflix abbia in realtà una quota vicina alle nuove regole dell'UE — per cui non si tratta di un'imposizione radicale sul servizio — la manovra mira in modo più ampio non solo a salvaguardare le produzioni locali, ma anche a incentivarle. Un'iniziativa sentita, di cui si era fatto promotore, a dicembre scorso, anche l'ex Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.

Benché non sia chiaro se queste cifre prevedano un impegno pre-produttivo da parte dei colossi dello streaming o solo di acquisto di contenuti già impacchettati — in altre parole: se si tratterà di investire in nuovi prodotti italiani o di comprare i diritti per tutte e 123 le stagioni di Cento Vetrine —, una cosa non esclude necessariamente l'altra.

Le nuove direttive per le quote pan-europee nello streaming si inseriscono nel tentativo più ampio dell'Unione Europea di venire a patti con l'economia sviluppatasi intorno alle piattaforme di condivisione e creazione di contenuti audiovisivi in internet. Parte di queste proposte non è priva di aspetti problematici — prima fra tutte, la censoria direttiva sul copyright, ostacolata a luglio scorso.

Ma l'idea di diversificare l'offerta di contenuti di servizi che — nel bene o nel male — stanno monopolizzando e rivoluzionando il modo in cui fruiamo il cinema e la nuova televisione, non suona affatto male. Poi, però, per piacere, qualcuno faccia qualcosa davvero per il geoblocking.