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Tecnologia

Tutti i problemi di controllare i 'furbetti del cartellino' con le impronte digitali

Il Ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno ha dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera di voler fermare l'assenteismo nella pubblica amministrazione grazie alle impronte digitali.

L’Italia ha un problema con la pubblica amministrazione, e questo assunto è talmente radicato nello zeitgeist del cittadino italiano anni 2000 da essersi trasformato quasi in una forma di profezia auto-avverante. Ora, il nuovo Ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno vuole provare a risolvere questo problema iniziando a far “timbrare” i dipendenti della PA attraverso le proprie impronte digitali.

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La proposta è tutto fuorché superficiale e il rischio è che eventuali misure irresponsabili possano non essere scrutinate a dovere se il peso sull’altro piatto della bilancia è l’odio e la frustrazione profondamente radicati negli italiani per la pubblica amministrazione.

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Non importa quanto, infatti, le singole esperienze personali possano discostarsi dalla credenza popolare; la realtà è che nel 2015 il video di un vigile urbano assenteista filmato mentre timbrava il proprio badge in mutande era diventato (ed è tuttora) il simbolo della stirpe dei cosiddetti “furbetti del cartellino”: ovvero una specifica sezione sociale la quale, per definizione, abusa dei privilegi della pubblica amministrazione e truffa apertamente lo Stato e i suoi cittadini dichiarando continuativamente di lavorare ben di più di quanto in realtà faccia davvero.

Il problema, sia dal punto di vista economico che sociale, non è per niente banale se si considera che (nel 2016) in Italia si contano circa 3,2 milioni di dipendenti della pubblica amministrazione — tra scuola, servizio sanitario nazionale, regioni, autonomie locali, corpi di polizia, forze armate, ministeri, agenzie, enti pubblici non economici e autorità indipendenti — per un costo (in costante calo) di circa 162 miliardi di euro all’anno. Non aiuta che una recente ricerca dell'Università di Oxford piazzi l'Italia al 27esimo posto su 32 per efficacia dell'amministrazione pubblica.

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Visto il volume di spesa, la forza lavoro impiegata e l’importanza dei servizi erogati da questo settore è evidente quindi quanto fondamentale sia mirare a riforme e politiche di amministrazione che cerchino di massimizzare l’efficienza della pubblica amministrazione.

È per questo motivo che, in un’intervista al Corriere della Sera, il Ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno ha dichiarato di voler proseguire la “guerra con i ‘furbetti del cartellino’” del precedente Ministro Marianna Madia affermando di voler lavorare sul “prevenire” del fenomeno dell’assenteismo attraverso “rilevazioni biometriche per evitare che ci sia chi strisci il tesserino per altri.”

“Cosa c’è di male? A me alla Camera le hanno prese quando c’erano i “pianisti”. E non sono rimasta traumatizzata.”

Secondo il Ministro Bongiorno il rilevamento delle impronte digitali è una misura fattibile in questo caso, “Cosa c’è di male? A me alla Camera le hanno prese quando c’erano i “pianisti” (ovvero i parlamentari che votavano per altri certificando, sempre per altri, la loro presenza in aula, ndr). E non sono rimasta traumatizzata,” continua il Ministro. Interrogata sulle eventuali implicazioni per la privacy Bongiorno non ha dubbi, “Tra i beni confliggenti deve prevalere l’interesse collettivo: che siano tutti al lavoro, al servizio del cittadino.”

La proposta del Ministro è piuttosto radicale e implicherebbe la messa in funzione di un sistema di rilevazione biometrico distribuito su tutta Italia in maniera decisamente capillare e che richiederebbe una conversazione necessaria sulla raccolta e la conservazione di questi dati. Se le impronte digitali sembrano il metodo più diretto e immediato per certificare la presenza sul posto di lavoro di un dipendente pubblico, non bisogna dimenticare che questo tipo di dati sono estremamente personali e legano quasi inequivocabilmente un'identità alla sua presenza in un luogo in un dato momento.

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Per questo motivo, sebbene per il momento si tratti soltanto di una proposta pronunciata durante un'intervista, è fondamentale sin da subito alzare l'asticella dei requisiti che verranno, eventualmente richiesti a questo sistema. Quali saranno i metadati associati alle impronte digitali? Chi produrrà i rilevatori di impronte? Come verranno conservati questi dati? E per quanto tempo?

Negli ultimi anni l'Italia non ha esattamente brillato in quanto capacità di gestire queste problematiche di privacy: nel 2016 Il Fatto Quotidiano aveva rivelato il disastro dietro l'accordo tra il Governo Renzi e IBM, che prevedeva l'utilizzo dei dati sanitari di tutti gli italiani come merce di scambio per una sessione di investimenti da parte dell'azienda informatica; nel luglio 2017 il Governo Gentiloni ha approvato un emendamento clamoroso che estendeva la conservazione dei tabulati telefonici e telematici a 6 anni; ancora, sempre lo scorso anno i totem pubblicitari della Stazione Centrale di Milano erano finiti al centro di uno scandalo legato al presunto raccoglimento a tappeto dei dati di riconoscimento facciale delle persone che vi passavano di fronte.

Considerato quanto velocemente stiano venendo normalizzate le pratiche di raccoglimenti di dati biometrici e quanto facilmente i sistemi messi a supporto di queste pratiche stiano venendo violati, è necessario che ancora prima della formulazione della proposta di Bongiorno nelle sede competenti siano tenute bene a mente le gigantesche implicazioni di privacy che un sistema del genere comporterebbe, anche e sopratutto se è lo stesso Ministro a credere che nel caso della pubblica amministrazione debba "prevalere l'interesse del cittadino."

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