In Thailandia, i monaci buddisti cercano il senso dei videogiochi
Tutte le foto per gentile concessione di Robert Rath 

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

In Thailandia, i monaci buddisti cercano il senso dei videogiochi

I videogiochi sono una distrazione pericolosa, o la perfetta simulazione della reincarnazione? Ne abbiamo parlato con i monaci del Wat Chedi Luang, a Chiang Mai.

Uno zombie si alza dalla sua tomba. Le braccia avvizzite si intrecciano con i cavi di tastiere e computer portatili, ancorandolo a terra. Occhi infossati e denti ingialliti fissano l’osservatore.

Lo zombie è solo parte di un poster nella Pagoda del Pilastro Unico, un tempio buddhista ad Hanoi. Diviso in vignette come un fumetto, lo striscione rappresenta le conseguenze karmiche di varie azioni. Le persone che si fanno beffa di Buddha impazziscono. Chi lavora diligentemente rinasce in migliori circostanze.

Pubblicità

E lo zombie? È accoppiato a un gruppo di giocatori, sbraitanti contro schermi di computer, in un internet caffè.

“Perdere tempo giocando,” il poster avverte, “A malapena fa rinascere in un altra vita umana.”

Il poster in questione.

I giornalisti di settore hanno approfonditamente studiato come il cristianesimo reagisce ai giochi, dagli sviluppatori religiosi che cooptano il medium, fino ai gruppi evangelici che lo condannano come uno strumento di Satana. Tuttavia, c’è sempre stata poca attenzione su come le altre fedi si confrontano — e occasionalmente si scontrano — con i videogiochi.

Il chè è strano. I giochi, dopo tutto, sono un fenomeno globale. Avendo viaggiato ampiamente in Asia, devo ancora trovare un paese dove i giochi non si sono affermati. Ho parlato di Overwatch con operatori turistici in Vietnam, e guardato monaci novizi giocare a Candy Crush in Thailandia. A Namche Bazaar, un paese mercato a 3.440 metri di altitudine nelle regione di Khumbu in Nepal, ho incontrato un ragazzo che giocava a Clash of Clans. I titoli mobile ben si adattano a una vita spesa camminando tra villaggi di montagna.

Vuoi restare sempre aggiornato sulle cose più belle pubblicate da MOTHERBOARD e gli altri canali? Iscriviti alla nostra newsletter settimanale.

Tuttavia, questo poster vietnamita è stata la prima volta in cui ho notato una reazione religiosa negativa ai videogiochi. Affascinato, ho cominciato a scavare più a fondo, leggendo commenti su internet a riguardo di monaci dipendenti dal telefono. Ho studiato interviste con il Karmapa Lama, il secondo Lama di rango più elevato nel buddismo tibetano — e un appassionato giocatore di FPS.

Pubblicità

Eppure niente di tutto questo mi ha fornito una discussione sul campo su come i videogiochi interagiscono con il buddismo. Quanto sono state pesanti le reazioni negative? C’è stata davvero un epidemia di monaci dipendenti dai giochi? L’esperienza da giocatore ha cambiato il modo in cui questi studiosi religiosi in erba guardano al Nobile Ottuplice Sentiero?

Per avere risposte, sono andato al Wat Chedi Luang a Chiang Mai in Thailandia.

Il Wat, o tempio, è un luogo storico di 700 anni fa. La pietra angolare per la svettante e piramidale struttura che fu eretta nel 1300, ma che un terremoto nel 1545 privò della parte superiore della struttura, lasciando ciò che rimaneva come una pittoresca rovina.

Nonostante i suoi giorni di gloria appartengano al passato, il Wat Chedi Luang rimane uno dei templi più grandi, situato nella seconda città più popolosa della Thailandia. Le sue strutture più recenti sono un centro per il culto, lo studio e la diffusione dell’insegnamento buddista.

Tutti i giorni il tempio ospita un programma di “Conversazione con il monaco,” dove gli stranieri possono porre domande sul buddismo, in modo da permettere ai monaci di esercitarsi nell’inglese con un madrelingua.

Nei seguenti due giorni, ho parlato con tre uomini in differenti fasi del loro monacato — un monaco, un novizio e un ex monaco — su come i giochi si intersecano con uno stile di vita dedicato al buddismo.

Pubblicità

Sebbene mi aspettassi un po’ di riluttanza nel parlare di videogiochi, ho invece trovato tre uomini con profonde e ponderate opinioni su quale posto abbiano gli insegnamenti del Buddha in un mondo tecnologico — e su come la nostra era interconnessa impatta sul loro tentativo di vivere una vita piena di meditazione e consapevolezza.

“I videogiochi distraggono i monaci più giovani, causano problemi,” mi ha risposto Veerayuth Pongsiri, un ex monaco che ha continuato a servire il tempio come laico. Sottolinea che chi gioca si trova soprattutto tra i monaci novizi, il chè ha senso, dal momento che i novizi spesso abbracciano una vita monastica da bambini. I novizi oscillano tra i sette e i diciannove anni, e come molte persone giovani possono avere problemi a controllare i propri impulsi. “Alcuni hanno dieci anni e la loro maturità non è abbastanza sviluppata.”

"I videogiochi distraggono i monaci più giovani, causano problemi"

Secondo Pongsiri, l’epidemia di novizi che giocano troppo è un fatto reale. Tuttavia piuttosto che vederci il rischio di una punizione karmica, come rappresentato nel poster vietnamita, egli li vede come una minaccia agli studi dei giovani monaci.

“Questo [periodo del monacato] è il loro momento per allenarsi nella meditazione,” dice, “Se i giovani monaci prestano attenzione ai giochi dalle due alle cinque ore al giorno, tolgono tempo all’imparare gli insegnamenti buddisti. Non riescono a gestire il proprio tempo.”

Pubblicità

Però Pongsiri sottolinea anche che è un problema di convinzione personale. In Thailandia il monacato non è un impegno a vita. Difatti molti novizi alla fine abbandonano il monacato. Una grande parte — particolarmente i ragazzi dai villaggi rurali — entra in monastero perché è una possibilità di ricevere un’educazione. Per gli studenti talentuosi, il monacato può condurre a un master o al dottorato, non solo negli studi sul buddismo ma anche in inglese. Questi novizi inclini all’educazione, dice, sono più interessati nei benefici pratici della vita al tempio, piuttosto che a qualsiasi tipo di viaggio religioso.

“Studiano il Buddha solo un po’. Usano la religione buddista come porta di ingresso ad altri tipi di educazione,” dice. “Cantano e siedono per meditare, ma non comprendono.”

Questi novizi, afferma, sono più disposti a cadere in tentazione e giocare a Realm of Valor tra le lezioni.

Ma Pongsiri non è anti-gioco. In realtà pensa che è perfettamente normale per un monaco giocare. Può essere rilassante, e può persino essere salutare dal momento che permette ai giovani di monaci di entrare in contatto con altri giovani al di fuori del monacato.

“Secondo me se uno gioca un’ora al giorno, va bene,” dice. “Ma solo un’ora. Cosa ne pensi?”

Triphop Suttarchai

Attorno al tavolo, Triphop Suttarchai — un monaco novizio con una tunica color ciano — scuote la testa dubbioso. “Un’ora e mezza,” controbatte.

Suttarchai è entrato nel tempio a 14 anni, quando sua madre notò il suo interesse verso il buddismo. Dopo il periodo standard di tre mesi - un servizio, si dice, che tutti gli uomini thailandesi devono fare - ha deciso di rimanere in modo da guadagnare una maggiore consapevolezza e limitare la sua natura giudicatoria. Ora, a 21 anni, potrebbe essere ordinato come monaco a tutti gli effetti, ma ha deciso di aspettare finché non avrà passato una serie di duri esami religiosi. Farlo, però, lo premierà di un raro onore — un’ordinazione da parte del re stesso, una figura che in Thailandia è ancora molto riverita.

Pubblicità

Infatti, mentre discutiamo di videogiochi, è possibile sentire il brusio dei canti dal tempio principale. I monaci stanno preparando un rituale per commemorare il primo anniversario della morte del precedente re, Bhumibol. Un anno dopo, ritratti alti sei metri e bandierine di cordoglio continuano ad adornare ogni edificio pubblico.

Secondo Suttarchai non è inusuale vedere monaci giocare sul telefono cellulare, computer portatili, o persino con un gamepad dedicato. Un suo amico, dice, ha trascurato gli studi a causa del troppo tempo passato con i videogiochi di calcio, invece di studiare.

In realtà Suttarchai stesso era un fan del RPG online Dragon Nest, prima di smettere poiché il gioco stava interferendo con i suoi studi.

Esercizio di conversazione in inglese.

“È un gioco di combattimento,” mi dice. “Distruggi per ottenere più livelli. Ma ormai ho smesso di giocare da tre o quattro anni. Per quanto voglia giocarlo, sprecherei il mio tempo. Vorrei essere il numero uno, ma non posso lasciare che il gioco controlli la mia vita.”

“Questo non significa che non possiamo giocare,” chiarifica. “Giocare va bene per rilassarsi.” Tuttavia molti esagerano, afferma. “Uno dei miei amici ha fatto una relazione su quante ore i monaci spendono su Facebook e attaccati agli smartphone. Mi ha detto che sono davvero tante.”

Tuttavia Suttarchai osserva che, persino per i monaci, le regole buddiste non sono per forza dei divieti assoluti sui comportamenti. Una proibizione del bere riguarda meno lo stare lontano dall’alcol, e più l’assicurarsi che una persona possa mantenere la propria consapevolezza e il controllo delle proprie azioni. Un monaco supera il limite, tuttavia, quando non riesce a smettere di giocare, o comincia a trarre la sua felicità da un gioco. “La tua felicità non dipende da nulla di esterno. Non bisogna dare la chiave della propria felicità a nessuno.”

Pubblicità

Pongsiri, l’ex monaco, è d’accordo. Il pericolo del giocare non sta nel gioco stesso, ma nel desiderio che esso può causare — dal momento che nel pensiero buddista il desiderio è la causa della sofferenza. “Sia che tu vinca o perda, tu vuoi giocare ancora e ancora. Pensi solo al gioco. Se si indulge in una mentalità del genere, si può soffrire mentalmente e fisicamente.”

Questo pericolo della competitività e del desiderio è il motivo per il quale ai monaci è solitamente non permesso praticare sport. (Nonostante, ad essere onesti, ho visto più di un novizio giocare di nascosto a giochi di calcio.) Gli sport offrono molti benefici, entrambi sono d’accordo, ma se si dà troppa importanza al vincere, arrivando a cattivi sentimenti, si possono compromettere i tentativi di raggiungere l’illuminazione.

In realtà Buddha stesso rifiutò i giochi per la stessa identica ragione, facendo una lista di giochi da non fare poiché considerati una perdita di tempo che sarebbe stato meglio impiegare alla ricerca dell’illuminazione.

Anche se curiosamente i monaci a cui ho parlato non ne avevano mai sentito parlare, o perlomeno lo conoscevano con un nome diverso da quello comune in Occidente di "Lista dei giochi di Buddha."

Tuttavia sia Pongsiri che Suttarchai hanno affermato che il dovere di un monaco non è di isolarsi, ma di vivere il proprio mondo in modo da essere in grado di diffondere il messaggio di Buddha. Molte persone, dopo tutto, non vivono come i monaci, e il clero buddista deve andargli incontro ai loro termini. Perciò conoscere i giochi può aiutare un monaco a stabilire un legame con le persone più giovani e a creare un messaggio che aiuti a diffondere gli insegnamenti di Buddha.

Pubblicità

Mentre discutevamo, li ho sottoposti a una mia piccola teoria — che il respawn in un FPS multiplayer rispecchi il ciclo buddista della morte e della rinascita. Si inizia una partita abitando un avatar, e non importa quante volte quell’avatar possa morire, il giocatore — o in termini buddisti, la coscienza — rinasce in un altra forma, pur mantenendo la conoscenza guadagnata prima di morire.

“Se vai per di qua, gli altri ti sparano,” dice Pongsiri indicando una direzione con la mano. “Così dopo la rinascita scegli un’altra strada, un ottimo insegnamento. Questo è il giovamento che si trae dal gioco, si può imparare.”

Suttarchai concorda che potrebbe, teoricamente, essere un modo per insegnare la reincarnazione. “Il gioco è una simulazione, allena la tua mente. Nella tua ultima vita hai sbagliato, così devi correggere i tuoi errori e scegliere un altro percorso.”

Ovviamente, una cosa del genere vorrebbe dire usare un gioco violento per insegnare una religione non-violenta — tuttavia sembra che potrebbe non essere affatto una barriera. Come detto, la seconda più importante autorità del buddismo tibetano, il Karmapa Lama, crede che i giochi FPS siano un metodo sicuro per sfogare la violenza senza fare del male a nessuno.

Ma quando ho chiesto ai monaci se uccidere nel gioco causi un danno karmico al giocatore, i monaci mi hanno risposto in modo articolato.

“Dipende dalle tue intenzioni,” dice Suttarchai. Spiega che per avere delle conseguenze karmiche per un omicidio, l’atto deve possedere una serie prerequisiti. Primo, il tuo obbiettivo deve essere vivo, e secondo devi capire che è vivo. Terzo, devi davvero tentare di ucciderlo, e farlo con l’intento cosciente di danneggiarlo. “Quindi penso che giocare un gioco non influenzi il karma, dal momento che non si tratta di esseri viventi.”

Pubblicità

Tuttavia i giochi possono causare dipendenza, avverte. Così se ci si riscalda in una partita e si comincia a giocare con l’intento di fare del male a un altro giocare, questo potrebbe impattare sulla tua stessa anima. In altre parole, giocare non è peccato, ma le offese potrebbero esserlo. E, ovviamente, se Grand Theft Auto rende un giocatore sordo al crimine e alla crudeltà, questo potrebbe avere conseguenze karmiche.

“Rubi una macchina nel gioco e quindi ne rubi una vera,” dice Suttarchai.

L’America e la Thailandia sono due mondi totalmente differenti. Tuttavia è in qualche modo rassicurante sapere che, persino qua, GTA è il simbolo prediletto delle preoccupazioni morali.

Con questo inizio, ho mostrato a loro il poster vietnamita dello “zombie gamer” e gli ho chiesto di spiegarmelo. Cosa significa quando dice che i giocatori dipendenti “a malapena rinascono in un altra vita umana?”

Quando Suttarchai ha visto la foto, ha indietreggiato e mormorato. Pongsiri si è irritato. Nel Sudest asiatico la rappresentazione di violenti punizioni karmiche non è uno scherzo. Dopo l’iniziale reazione, entrambi si sono riavvicinati e hanno studiato ogni dettaglio, affascinati.

Suttarchai ha scosso la testa. “Questo è il buddismo mahayana,” ha detto nello stesso tono che useresti per scusarti di un eccessivo cugino evangelico. “È diverso. Noi siamo buddisti theravada.”

Ma ha provato a spiegare, al meglio delle sue possibilità. Nel buddismo theravada, ha detto, le persone possono rinascere in forme umane più elevate o forme animali inferiori, in base al loro karma. La rinascita in un animale sembra strana a un forestiero, ma ha un suo senso logico all’interno della concezione buddista dell’anima.

Pubblicità

I buddisti seguono i Cinque Precetti: un ordine di astenersi dal fare del male agli esseri viventi, rubare, mantenere una cattiva condotta sessuale, ubriacarsi e mentire.

Ogni volta che qualcunio viola i Cinque Precetti, spiega Suttarchia, perde il 20 percento della sua anima, diventando meno umano e più vicino agli animali. Questi non hanno saggezza o consapevolezza. Uccidono e rubano senza rimorso, facendo qualsiasi cosa per ottenere ciò che desiderano. Gli esseri umani stanno al di sopra perché hanno la saggezza, e sono consci delle proprie azioni e dei propri comportamenti. Gettare via quella consapevolezza, dice, è ciò che rende meno umani.

La conclusione, quindi, è che i dipendenti dai giochi non si sveglieranno come zombie — ma che potrebbero rinascere con un’anima incompleta, meno capace di raggiungere l’illuminazione.

Canti ritmati pongono fine alla nostra conversazione. Finito al wat principale, i monaci hanno iniziato il rituale di commemorazione per l’avversario della morte di re Bhumibol. Mentre mi perdo via, osservando monaci e gli officianti dalle giacche bianche piangere il proprio monarca, sono ancora insoddisfatto delle risposte che ho ricevuto.

Grazie a Pongsiri e Suttarchai, ho compreso quello che i monaci pensano degli altri monaci che giocano — ma cosa dire di quelle persone che questi monaci assistono?

Il giorno successivo torno al tempio per incontrare Phra Artit Dhammabani, una persona che sembra cucita perfettamente per rispondere a questa domanda. Dhammabani è la nuova generazione monaci interconnessi. Usa Facebook e Twitter per insegnare il buddismo e dare agli estranei una finestra sulla vita monastica. Come Pongsiri e Suttarchai, crede che i videogiochi non siano un problema nel monastero, ammesso che i monaci non passino troppo tempo giocandoci.

Pubblicità

Ma non appena comincia a parlare delle meraviglie e dei pericoli dei giochi, le sue parole cominciano ad accellerare come un treno che lascia la stazione, abbastanza veloce perché faticassi nel prendere appunti.

“I giochi possono darti la vita, una comunità, felicità,” dice. “Puoi avere dei benefici se riesci a gestire te stesso, la tua vita e i tuoi giochi.”

Tuttavia, consiglia, è importante che i giocatori non si isolino.

“Se non ti interessi al mangiare, dormire o al lavarti… non stai vivendo il presente, stai vivendo nel gioco. Sei l’unica persona in questo mondo.”

Dhamabani mette in guardia anche dall’illusoria sensazione di realizzazione che i giochi danno. “Pensi: se posso raggiungere l’obbiettivo, posso essere felice. Essere un vincitore,” dice. “Tuttavia perdi la salute, i tuoi studi, la tua famiglia e un giorno quando torni indietro, ti chiederai: cosa sto facendo?”

Ma per chiunque si ritrovi perso nell’isolamento del gioco, dice, c’è ancora speranza di comunicare con altri.

“Se sei da solo nel gioco, puoi tornare indietro,” dice. “Gioca con i tuoi amici e la tua famiglia, ti capiranno e ti vorranno bene.”

Si potrebbe dire che è come tornare dalla morte.

Questo articolo è apparso originariamente su Waypoint US.