Ho cercato di capire se in Italia l'obiezione di coscienza per i vaccini è fattibile
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Ho cercato di capire se in Italia l'obiezione di coscienza per i vaccini è fattibile

Piccolo spoiler: sarebbe un casino organizzativo.

Le recenti polemiche dovute al decreto Lorenzin, inclusa la sentenza di qualche giorno fa che ha respinto il ricorso della Regione Veneto contro l'obbligo vaccinale, hanno rialzato il tono del dibattito. Indagando nel mondo di chi critica la legge, ho capito che la denominazione di NoVax, ovvero, chi rifiuta del tutto il valore dei vaccini, non corrisponde del tutto alle loro posizioni. Lo spettro del mondo di chi si batte per la libertà di scelta è molto più ampio, e può essere riassunto sotto la categoria di FreeVax — una posizione che mi è sembrata degna di approfondimento. La domanda a cui volevo trovare risposta, essenzialmente, era: in Italia, è davvero possibile applicare l'obiezione di coscienza ai vaccini?

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Innanzitutto ci sono due grandi fattori a determinare le politiche vaccinali nel nostro paese: uno di ordine economico e l'altro di ordine pratico. Le istituzioni, questo è un dato di fatto con cui fare i conti, nel momento in cui legiferano cercano di ridurre al minimo i rischi. Per il movimento dei cosiddetti FreeVax questo genere di discorsi risulta inaccettabile, perché il loro ideale è una medicina centrata sulla persona non sui protocolli. Altro punto fermo è la condanna a una serie di rapporti delle istituzioni con le case produttrici di prodotti farmaceutici, che risultano poco trasparenti. Ho cercato di fare luce sulla questione intervistando due esperti con due punti di vista opposti: Claudio Simion, presidente Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà delle Vaccinazioni (Comilva), e Carla Zotti, Professoressa di Igiene alla facoltà di Medicina dell'Università di Torino, per capire la fattibilità delle proposte di chi rifiuta l'obbligo.

Per la Comilva sono fondamentali libertà di scelta, trasparenza e imparzialità dell'informazione medico-scientifica. Nel manifesto del movimento si fa riferimento allo "strapotere delle grandi case farmaceutiche nella definizione delle strategie di politica sanitaria del mondo." Secondo Simion il nuovo PNPV (Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale) è stato redatto in aderenza al Calendario per la vita, sponsorizzato dalle industrie del farmaco.

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"È chiaro che gli indirizzi di politica sanitaria possano essere disegnati in conformità alle scelte di mercato: uno degli esempi lampanti che abbiamo davanti agli occhi sono i vaccini multidose, che hanno soppiantato da anni i monovalenti," ha detto a Motherboard per telefono. "È stata proprio il Ministro Lorenzin ad affermare candidamente che i vaccini monovalenti non erano disponibili perché le case farmaceutiche non li producono: quindi è chiaro che il governo è pronto ad adattarsi a una scelta industriale."

Ma quali sono gli aspetti del decreto che il movimento trova contraddittori? "In primo luogo, il fatto di pensare a un decreto in materia sanitaria è sbagliato per principio. In secondo luogo, non ha alcun senso accorpare 12 o 10 vaccinazioni in una legge dell'obbligo che fa riferimento peraltro ad un PNPV. Dovrebbero essere emanate leggi specifiche per singola vaccinazione, per caratterizzarne le reali condizioni di necessità ed urgenza, come succede da sempre — anche per la vituperata legge per l'obbligatorietà del vaccino antiepatite B, dell'ex ministro De Lorenzo, indagato per aver intascato una tangente da oltre seicento milioni di lire dalla Glaxo" ha continuato.

"Questo decreto viene fatto con l'intenzione di recuperare il gap che ci separa da una copertura vaccinale del 95% di vaccinati, ma si riferisce esclusivamente alla fascia di età 0-16 anni. Una fetta di popolazione così bassa che questo recupero non sarebbe matematicamente possibile in ogni caso, considerando la perdita di immunità artificiale nel tempo."

Dopo avere chiarito questa posizione, ho chiesto alla Dott.ssa Zotti in quali casi è possibile la profilassi individuale. "È prevista quando un soggetto ha un sistema immunitario compromesso, o quando deve fare un viaggio in aree a rischio e necessita di protezioni particolari. Invece, se pensiamo in una dimensione più ampia, la programmazione delle vaccinazioni è sempre esistita, in tutti i paesi. Il criterio è la situazione epidemiologica: malattie gravi e ancora presenti come tetano e morbillo, malattie sempre più rare ma che potrebbero ripresentarsi in modo epidemico (poliomielite o difterite), malattie che vanno prevenute in età molto precoce (Hib, pneumococco, meningite meningococcica)" ha chiarito.

"Il fatto di utilizzare un calendario vaccinale nazionale facilita l'organizzazione, e soprattutto le modalità di offerta nei momenti della vita più idonei per il soggetto e per la malattia da prevenire. La libertà di scegliere, oltre a non avere un motivo razionale immunologico, infettivologico o epidemiologico, non può portare a perdere di vista un disegno collettivo di prevenzione" ha continuato. "Come è sempre successo ci sono e ci saranno minoranze che decidono di non vaccinare i propri figli. C'erano sanzioni previste dalla legge ma si è cercato di non applicarle, scegliendo percorsi di informazione e avvicinamento. Purtroppo questa scelta, unita a una crescente diffusione di informazioni improprie, ha portato a un calo delle coperture vaccinali sempre più preoccupante."

A proposito delle osservazioni di Simion sui polivalenti, ho chiesto alla Dottoressa perché si è scelto di accorpare più vaccini. "Un preparato polivalente avvantaggia il vaccinando perché si effettua una sola iniezione anziché 3 o 4 o 6, e questo per un neonato o bambino è sicuramente meno traumatizzante," ha risposto. "Quindi, quando possibile, sono stati uniti nella stessa preparazione antigeni che non interferiscono fra loro. Inoltre una sola preparazione consente di ridurre la quantità di adiuvanti e di conservanti che altrimenti dovrebbero essere messi in ogni vaccino. Le principali reazioni avverse non sono generalmente dovute all'"antigene" ma alle componenti aggiunte per migliorare la risposta immune e per conservare sterile il preparato."

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