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Il governo greco sta trasformando un anarchico in un martire

Kostas Sakkas è in carcere senza processo da oltre due anni, e ha iniziato il suo secondo sciopero della fame.

Il corteo di venerdì scorso organizzato per Kostas Sakkas.

Venerdì scorso circa 1.200 persone hanno sfilato per Atene in moto. Il corteo è partito dal centro della città per concludersi nella periferia sud, dove il 29enne Kostas Sakkas—un anarchico sospettato di appartenere alla Cospirazione delle Cellule di Fuoco (CNF)—è ricoverato in ospedale. Il motoraduno è l’ultimo dei tanti atti pubblici di solidarietà nei confronti di Kostas, che un mese fa ha cominciato uno sciopero della fame in protesta contro il governo greco che lo trattiene ormai da due anni e mezzo senza processo.

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Uno degli slogan intonati durante il raduno era “Lo stato uccide!”. E non potrebbe essere tanto lontano dal vero: Sakkas è arrivato al 35esimo giorno di sciopero—il secondo nel giro di un anno—mettendo a serio rischio la sua salute fisica e la sua stessa vita, come ha dichiarato la dottoressa Olga Kosmopoulos in un recente comunicato stampa. Eppure, sembra che il sistema giudiziario greco preferisca tuttora costringerlo all’alimentazione forzata in ospedale piuttosto che concedergli un processo.

Sakkas è stato arrestato a dicembre del 2010 fuori da un appartamento che si è rivelato essere un nascondiglio della Cospirazione delle Cellule di Fuoco. Dopo il suo arresto è stato accusato di possesso illegale di armi e di appartenenza all’organizzazione anarchica radicale. Sia Sakkas che il CNF hanno negato quest'ultimo punto, seppure Sakkas abbia ammesso di avere un legame con il nascondiglio e le armi ritrovate al suo interno. Il legame risiederebbe semplicemente nel fatto che il ragazzo si identifichi politicamente come anarchico.

Il tempo massimo per cui Sakkas poteva essere trattenuto senza processo è scaduto 18 mesi dopo il suo arresto, nell’estate del 2012, ma è stato esteso fino a giugno 2013. Dopo che anche quel limite è scaduto, la corte di appello di Atene ha ordinato un prolungamento di altri sei mesi, portando il totale a 36 mesi di detenzione—oltrepassando così i 18 mesi (o 30, in casi estremamente rari) di carcerazione preventiva consentiti dalla legge greca.

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Fin dall'inizio di questo calvario, l’unica richiesta di Sakkas è stata di essere processato. Il 29 maggio 2013 scriveva, “Ho deciso di iniziare lo sciopero della fame [il 4 giugno], data in cui, stando alle leggi attuali, scadrà il limite di detenzione pre-processo. Vorrei chiarire che la decisione di iniziare lo sciopero non è un segno di disperazione ma di lotta, una lotta che i miei compagni e io abbiamo portato avanti dal primo momento di prigionia; una resistenza al trattamento vendicativo riservatoci dal sistema giudiziario.”

Il 25 giugno, un collegio di giudici ha rifiutato per la seconda volta la richiesta di Sakkas di terminare il periodo di custodia cautelare, innescando una serie di denunce da parte di varie ONG (come l’Associazione Greca per i Diritti Umani) e l'intervento della principale formazione di opposizione, SYRIZA.

Uno striscione che recita “Libertà per Kostas Sakkas. La solidarietà è la nostra arma.”

Marina Daliani, avvocato di Sakkas, mi ha spiegato che il suo caso è costruito su una serie di cavilli. “A due mesi dal termine della custodia, Sakkas si è visto attribuire un altro capo di imputazione per terrorismo che prolungava la detenzione di altri sei mesi. L’ironia è che, in questo secondo caso, il suo nome non si trova—non compare nemmeno una volta in tutto il fascicolo.”

Secondo Kleio Papandoleon, avvocato dell’EEDA, “Le autorità giudiziarie dovrebbero portare una persona in tribunale entro i limiti definiti dalla costituzione o assumersi la responsabilità della loro inefficacia, pagandone il prezzo con la liberazione dei detenuti. Trenta mesi sono più che sufficienti per vagliare un caso di terrorismo considerato urgente e importante. Il sistema giudiziario si orientando verso una prassi autoritaria, punendo Sakkas senza processo.”

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Secondo SYRIZA, il problema non è solo Sakkas, ma la condizione generale dei diritti umani nel Paese. La coalizione ha dichiarato che il caso Sakkas ha portato la Grecia indietro di 16 anni, all'epoca della denuncia della Corte Europea dei Diritti Umani per simili abusi. Risalgono infatti a quel periodo le varie contromisure adottate per assicurare processi equi. Tuttavia, invece di fronteggiare l’accusa di aver ignorato i diritti di Sakkas, il partito di maggioranza Nuova Democrazia ha diffuso un comunicato accusando SYRIZA di sostenere “quanti imputati di anarchia e terrorismo.”

Mentre il dibattito continua all'interno dell’arena politica, lo stato di salute di Sakkas si sta rapidamente deteriorando. Stando ad un rapporto diffuso dal medico curante, Sakkas ha perso 15 percento della sua massa corporea, è impossibilitato a muoversi ed è in condizioni estremamente delicate, correndo il rischio di un arresto cardiaco.

“È disumano giudicare sulla base della sua resistenza fisica,” ha spiegato la dott.ssa Olga Kosmopolou. “Quando qualcuno intraprende uno sciopero della fame, rischia più facilmente la morte perché mette alla prova la propria salute. Sakkas lo sta facendo per la seconda volta in un anno.”

Una fonte anonima vicina a Sakkas ha affermato che il giovane ha già avvertito famiglia e amici: porterà avanti il suo sciopero, passando se necessario anche a interrompere l'assunzione di liquidi.

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L’ospedale dove Sakkas è trattenuto mentre continua il suo sciopero della fame. 

Il 29 giungo ad Atene si è svolta una dimostrazione di solidarietà per Sakkas. Il corteo ha attratto più di 6.000 persone ed è passato attraverso il centro della città, ma i media greci non hanno riportato alcunché della manifestazione. Tuttavia, da allora, una petizione online per la liberazione di Sakkas ha cominciato a circolare sul web.

Il governo è stato accusato di doppio standard, e molti hanno portato ad esempio il caso di Epaminondas Korkoneas, il poliziotto che nel 2008 ha ucciso il giovane anarchico Alexandros Grigoropulos. Nonostante Korkoneas sia stato condannato all’ergastolo, durante il processo era stato liberato una volta terminato il periodo di detenzione pre-processuale. Tutto ciò dopo un’accusa per un omicidio che aveva scatenato il caos su un intera città—a differenza di Sakkas, semplicemente associato all’area anarchica (a tal proposito, va anche ricordato che l’anarchismo in sé non è reato, anche se in Grecia lo si sta trattando come tale).

Settimana prossima, e per la terza volta, un collegio di giudici esaminerà la richiesta di rilascio di Sakkas. Ma il procuratore distrettuale ha già lanciato un appello per decretare un altro rifiuto. Se il collegio darà ascolto al procuratore e continuerà a ricorrere a sotterfugi legali, non è improbabile che altre rivolte tornino a infiammare le strade di Atene.

Come mi ha spiegato Papandoleon, l’avvocato dell’EEDA, “Mentre la Grecia cerca di soddisfare le richieste dell’Unione Europea tagliando salari e pensioni, lo stato resiste strenuamente alla messa in pratica dei principi giudiziari europei in materia di diritti umani e civili.”  L’avvocato di Sakkas, Marina Daliani, ha aggiunto sconsolata, “Per me e Sakkas è una lotta contro il tempo. Ma per il sistema giudiziario greco è ormai troppo tardi.”

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