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Militari NATO durante l'esercitazione Dynamic Manta, iniziata lo scorso 25 febbraio, al largo della Sicilia. Tutte le immagini dell'autore

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Tecnologia

Come la NATO si addestra in Sicilia per la guerra sotto i mari

Siamo stati all'esercitazione militare Dynamic Manta al largo della Sicilia, dove l'Alleanza Atlantica ha iniziato a testare siluri e aerei anti-sottomarino anche quest'anno.

La comunicazione radio arriva intorno a mezzogiorno del 25 febbraio. Il volo di pattugliamento dimostrativo è partito dalla base di Sigonella, in Sicilia. In quattro minuti un P-8 dell'aviazione statunitense è in arrivo per un passaggio sopra la fregata olandese Evertsen. In gergo militare lo chiamano il “sub-hunter” — il cacciatore di sottomarini — e a bassa quota sembra identico a un boeing 737 di linea. Dentro al posto di sedili e cappelliere ci sono però missili, sonar, radar e cinque postazioni di comando.

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È l'aereo scelto dalla NATO per aprire Dynamic Manta, una delle due esercitazioni militari con cui l'Alleanza Atlantica testa ogni anno la sua capacità operativa sott'acqua. “È il migliore”, racconta a Motherboard il contrammiraglio Andrew Lennon, comandante dei sottomarini della NATO. “È il nostro velivolo più performante. Ha un’incredibile capacità di localizzare e tracciare sommergibili,” aggiunge. Sul ponte di comando della Evertsen insieme a lui ci sono i più alti rappresentanti del comando marittimo della NATO, sul radar — una cinquantina di miglia nautiche da Catania — altre otto navi da guerra, cinque sottomarini e un elicottero.

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A bordo della Evertsen.

Dieci i paesi che partecipano, 3.000 marinai e ufficiali impegnati, 8 mezzi aerei in tutto. L'obiettivo è uno: “mettere in pratica abilità da guerra anti-sottomarino,” ci spiega il contrammiraglio Lennon. “Nella lotta antisommergibile tutti gli assetti impiegati sono fondamentali,” aggiunge il contrammiraglio Andrea Petroni, comandante dei sommergibili della Marina Militare italiana. Lo si vede dalla tuta del pilota di elicottero a bordo della Evertsen. E dai missili custoditi di fianco all'hangar dell'elicottero EH-90 alle sue spalle.

“È la nostra ultima linea di difesa”

“Sono Torpedo dotati di sonar e una volta sganciati in acqua cercano sottomarini,” ci racconta un membro della crew olandese, che ci mostra anche tutti i sistemi di difesa a bordo: mitragliatrici, batterie di missili anti-nave e il sistema olandese “goalkeeper,” letteralmente “il portiere.” Come a calcio. “È la nostra ultima linea di difesa,” ci dice, spiegando come si tratti di un sistema anti-missile da 30 mm in grado di garantire un'elevata potenza di fuoco in caso di attacco. Sviluppato e provato per la prima volta nel 1979, si attiva autonomamente ed è considerato ancora oggi un'arma all'avanguardia, utilizzato anche dalla Marina sudcoreana, portoghese, cilena e britannica. È in grado di sparare 4.200 colpi al minuto.

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Fregata missilistica antisommergibile F 594, della Marina Militare italiana.

“In navi come questa ci sono tante armi a bordo, certamente. È una nave da guerra,” racconta a Motherboard il commodoro Boudewijn Boots, a capo del NATO Standing Maritime Group Two, uno dei quattro gruppi che fanno parte della Very High Readiness Joint Task Force, la squadra d'elite a rapido dispiegamento della NATO. Pronta in qualsiasi momento a schierarsi in 48 ore. “Faccio parte del Response Force, sono pronto a entrare in azione nel minor tempo possibile,” ci dice Boots. Va così dal 2014, da quando la Russia ha invaso la Crimea e la NATO nel giro di cinque anni ha triplicato i pattugliamenti nell'area Baltica, riattivato basi dismesse come quella di Keflavic in Islanda e — dopo 70 anni esatti — è tornata alla sua vocazione iniziale: tenere gli occhi su Mosca.

“Nell'area Nord Atlantica, nel Mediterraneo e in altre aree che costeggiano l'Europa abbiamo visto una crescente attività sottomarina russa”, racconta a Motherboard il contrammiraglio Lennon. “La loro flotta è molto attiva, e noi dobbiamo assicurarci di poter tracciare questi movimenti,” continua. Se nel 2017 la Royal Navy ha intercettato 33 navi russe nelle acque britanniche, nello stesso registro — anno 2010 — c'è traccia di una sola nave.

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Fregata missilistica F 493 della Marina Militare turca.

Nel commentare questi numeri il segretario della difesa britannico Gavin Williamson ha parlato qualche mese fa di “aggressività crescente della Russia” e di una “nuova era di guerra.” Per il comandante della portaerei britannica Queen Elizabeth l'aumento dell'attività sottomarina russa è — parole del commodoro Jerry Kid — “spaventoso.” Mentre l'ammiraglio al comando delle operazioni della U.S. Navy John Richardson parla di attività russa nell'Atlantico “ai livelli più alti degli ultimi 25 anni. Cinque anni fa non avremmo visto niente del genere.”

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E non è solo una questione di numeri. Sul ponte della Evertsen il commodoro Boots ci dice che “i russi stanno mostrando grandi passi avanti non solo nella grandezza della loro flotta ma anche nella qualità, e utilizzano tecniche sempre più moderne.”

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Equipaggiamento e siluri all'interno della fregata olandese Evertsen.

Solo quattro giorni prima di Dynamic Manta, il presidente russo Vladimir Putin ha parlato ai giornalisti di missili supersonici e di svolta tecnologica epocale. Paragonando l'ultima sistema di missili spaziale russo all'icona da poster della Guerra Fredda: il lancio dello Sputnik del 1957. L'Avangard viaggia 27 volte più veloce del suono, sfrutta le forze aerodinamiche per entrare e uscire dall'atmosfera, ha passato diversi test e sarà pronto entro la fine dell'anno, ha assicurato Putin, cogliendo anche l'occasione per confermare i successi dei test sugli ultimi missili: il Sarmat, il cruise nucleare Burevestnik e il drone sottomarino a propulsione nucleare Poseidon, che è comparso in un video poche settimane fa — 29 secondi in cui ci sono marinai che corrono, guardano uno schermo, poi il siluro sganciato dal sommergibile. “Non ho informazioni a riguardo,” ci dice a Catania il contrammiraglio Lennon.

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Dettaglio della divisa di uno dei militari.

Un altro missile quasi pronto per essere caricato sui sottomarini russi è Tsirkon. Può colpire quello che vuole nel raggio di 1.000 chilometri, viaggia alla velocità supersonica di due miglia al secondo — mach 9 — e Putin il 20 febbraio scorso ha confermato che il programma di sviluppo va avanti.

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Con un missile così bastano cinque minuti dal lancio per distruggere il Pentagono, la base aerea McClellan in California o la base navale di Jim Creek nello stato di Washington. Almeno questa è stata la ricostruzione in diretta tv fatta in Russia dal presentatore Dmitry Kiselyov dopo gli annunci di Putin, e durante la quale venivano posizionati sottomarini e missili sulla mappa degli Stati Uniti. La simulazione sembrava evocare in qualche modo le parole del presidente russo, quando nel suo discorso ha detto che Mosca è pronta militarmente a una crisi come quella dei missili di Cuba.

“Siamo tornati in un'era di competizione tra grandi potenze”

"Ogni volta che Putin sentenzia queste minacce e pubblicizza i suoi nuovi dispositivi da giorno del giudizio, dovrebbe sapere che rafforza la determinazione della NATO a lavorare insieme per garantire la nostra sicurezza collettiva," ha commentato a Reuters Eric Pahon, portavoce del Pentagono. E dopo il ritiro dal Trattato sui missili nucleari INF del 1987 — prima l'ha fatto Trump poi Putin — si è aperta una nuova fase revival per i nostalgici della Guerra Fredda. Categoria del passato, secondo il contrammiraglio Lennon. “Non la userò, bisogna guardare al futuro,” dice.

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Mitragliatore a bordo della fregata olandese Evertsen.

Intanto, a quasi ottomila chilometri dal porto di Catania — a Norfolk, in Virginia — è stata riattivata la seconda flotta della US Navy. È la flotta che nel 1962 si è schierata per risolvere la crisi dei missili di Cuba. Quella a cui Reagan nel 1983 ordinò di guidare l'operazione Urgent Fury e l'invasione di Grenada. Quella che ha affiancato la NATO per contenere l'Unione Sovietica. Il presidente Obama nel 2011 aveva deciso il suo ritiro da tutte le operazioni, in segno di distensione con la Russia.

Oggi “siamo tornati in un'era di competizione tra grandi potenze,” ha detto ad agosto da Norfolk il comandante delle operazioni della Us Navy John Richardson. La nave non è la stessa, il porto nemmeno. Sulla Evertsen però, il contrammiraglio Lennon ci ha ripetuto la stessa identica frase.