La guida di Motherboard alla canapa
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Tecnologia

La guida di Motherboard alla canapa

Materiali, energia, case, carburanti: la canapa è il nostro jolly per il 2018.

La tecnologia e la scienza stanno semplificando qualunque aspetto della nostra vita, ma se c'è una cosa che rimane ancora difficilissima quella cosa è stare sul pezzo. Il 2018 sarà un anno cruciale per tantissimi ambiti che non hanno, il più delle volte, direttamente a che fare con la nostra vita, ma che la influenzeranno radicalmente nel futuro prossimo.

Per questo motivo abbiamo deciso di creare La Guida di Motherboard al 2018, una serie di articoli introduttivi su quelli che, per noi, saranno i temi più importanti dell'anno. Così al prossimo pranzo di famiglia non fate brutta figura, non ringraziateci.

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Il 2017 è finito e finalmente possiamo mettere nel cassetto l’anno più tragico di sempre dal punto di vista climatico. Il Copernicus Climate Change Service ha dichiarato che quello che ci lasciamo alle spalle è stato il secondo anno più caldo mai registrato — il 2016 era andata peggio, ma lì aveva influito in modo determinante il fenomeno climatico El Niño. Gli scorsi mesi siamo stati bombardati di notizie raccapriccianti: la più devastante stagione di incendi di sempre ha colpito la California; l’uragano Irma, il ciclone più violento della storia, ha seminato morte e distruzione tra Caraibi e Stati Uniti; in Somalia, una siccità senza precedenti ha spianato la strada a un’epidemia di colera; in Cina, decine di persone sono morte nel monsone più forte degli ultimi cinquant’anni. E così via.

Il peggior disastro ambientale del 2017 è però avvenuto a Washington il 20 gennaio, quando il negazionista climatico Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca. A giugno il neopresidente ha prospettato l’uscita del paese da Cop21, accordo firmato da Obama sulla riduzione delle emissioni inquinanti. A ottobre Scott Pruitt, messo a capo dell’Environmental Protection Agency, ha dichiarato che è tutto pronto per togliere di mezzo il Clean Power Plan, quel regolamento sulle centrali elettriche che avrebbe ridotto la domanda interna di carbone e tagliato le emissioni inquinanti. Poco prima di capodanno, infine, il Presidente americano ha twittato che “servirebbe un po’ di quel buon riscaldamento globale”, come rimedio alle basse temperature di Palm Beach, dove si trovava in vacanza.

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DISASTRO CLIMATICO

Mentre Trump litigava con la scienza, il 2017 è stato anche l’anno in cui il tema dei rifugiati climatici è venuto più che mai a galla. Il ministro del cambiamento climatico neozelandese ha proposto di introdurre visti speciali per profughi ambientali in fuga dal Pacifico. La Cornell University, intanto, ha stimato che nel 2060 ci potranno essere 1,4 miliardi di rifugiati di questo tipo nel mondo, 2 miliardi nel 2100.

Uragani, tempeste, siccità, ghiacciai che si sciolgono e oceani che si innalzano. Il motivetto del 2018 sarà lo stesso del 2017, probabilmente in un’accezione ancora più drammatica. In questa situazione, la mobilitazione della popolazione mondiale sarà fondamentale per aumentare la sensibilità politica sul tema. Come scrive Andrew Norton, direttore dell’International Institute for Environment and Development, nel 2018 “vedremo crescere un attivismo sociale che spingerà sempre più i leader aziendali e governativi a intraprendere azioni urgenti sul tema del cambiamento climatico”.

“In Italia nei primi undici mesi del 2017 le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico hanno raggiunto complessivamente circa 771 MW (+13% rispetto al 2016).”

Guardando nel nostro giardino, comunque, dei segnali positivi già ci sono: l’Osservatorio FER di Anie Rinnovabili sottolinea che “in Italia nei primi undici mesi del 2017 le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico hanno raggiunto complessivamente circa 771 MW (+13% rispetto al 2016)”. Nel 2018 è fondamentale che un trend di questo tipo prosegua, imboccando al contempo nuovi sentieri in un’ottica di diversificazione dell’investimento ambientale. Negli ultimi mesi sono nate alcune realtà che estraggono energia elettrica dal respiro delle piante, o altre che per farlo sfruttano le differenze di temperatura tra le diverse profondità degli oceani. Sullo sfondo, c’è chi si è messo a produrre energia dalla feci, chi ha costruito lampade di alghe che assorbono CO2 e chi sfrutta il poliuretano dei vecchi frigoriferi come assorbente ecologico di oli e benzine.

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Se questa è la tendenza in corso, uno dei settori a più alto potenziale energetico-ambientale su cui poter investire nel 2018 è quello della canapa industriale.

Fino agli anni Cinquanta l’Italia era leader europeo nella produzione di canapa, con migliaia di famiglie che vivevano del suo raccolto. La destinazione riguardava perlopiù il tessile, poi l’avvento dei tessuti sintetici da una parte e l’esplosione della war on drugs dall’altra ha di fatto cancellato questa tradizione. Nei decenni successivi la ricerca sulle potenzialità della pianta è però andata avanti, in Italia e all’estero, e ora stiamo assistendo a una seconda vita per questo tipo di coltivazioni. La varietà legalizzata in Italia per scopi industriali ha poco a che vedere con la cannabis destinata al settore ludico: come spiega Federcanapa, infatti, trattasi della varietà sativa “avente tenore in THC non superiore allo 0,2%”.

In un contesto ambientale e climatico critico quale è quello attuale, la canapa può costituire un asso nella manica nel 2018. I suoi impieghi vanno infatti dalla bioedilizia, alla bonifica dei terreni inquinati, fino alla produzione di biocombustibili. I tremila ettari coltivati a canapa industriale in Italia nel 2017 (+200% rispetto al 2014), che si aggiungono ad altre distese di ettari nel resto del mondo, sono quindi un’ottima notizia per l’ambiente. Ma deve essere solo l’inizio.

SPUGNA CO2

Le emissioni di anidride carbonica nel mondo sono in crescita, le stime del Global Carbon Project parlano di un ulteriore +2% nel 2017. Il settore dell’edilizia residenziale e commerciale è responsabile del 40% delle emissioni di CO2 in atmosfera, superiore al settore dei trasporti e dell’industria. Per far fronte a questa situazione, cresce la necessità di utilizzare materiale ecosostenibile. La canapa assorbe anidride carbonica dall’atmosfera durante la sua crescita: una tonnellata di canapulo secco, la parte della pianta utilizzata per la realizzazione dei mattoni di calce e canapa, cattura circa 325 Kg di CO2. La bioedilizia a base di canapa ha dunque un impatto ambientale positivo. “Di norma l’edilizia utilizza blocchi di argilla e di cemento che sono poco sostenibili in termini ambientali a causa delle energie spese per la lavorazione, i trasporti e tutti i processi produttivi” mi spiega Valter Redaelli della Hemp Eco Systems, azienda svizzera che opera nel settore e che ha sede anche in Puglia, “le case in calce e canapa invece assorbono talmente tanta anidride carbonica che pur tenendo conto delle emissioni causate dalla coltivazione, dai trasporti e dalla produzione di calce, il bilancio resta positivo”.

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Negli scorsi mesi l’azienda ha effettuato uno studio in una scuola veneta, installando pannelli in calce e canapa in alcune stanze così da verificare la differente concentrazione di anidride carbonica rispetto alle medesime condizioni con pareti in calcestruzzo. La presenza della canapa ha portato a una concentrazione di CO2 inferiore del 30% rispetto ai valori standard della scuola. “Se estendessimo questo modello su larga scala, le conseguenze per l’ambiente sarebbero pesantemente positive” continua Redaelli. “Il mattone in calce e canapa toglie la necessità di usare materiali derivati dal petrolio, noi quando costruiamo una casa non ne abbiamo bisogno - se si esclude il materiale isolante per coprire i fili elettrici e poche altre cose. Costruiamo le case un po’ come facevano i romani”.

LEGO-HEMP

Al di là di questo, poi, vari studi hanno dimostrato la migliore resistenza sismica, l’insonorizzazione e la possibilità di riciclo dei materiali. Tutto ciò sta favorendo gli investimenti nel settore. “Oggi quello della canapa è ancora un mercato di nicchia, con un solo impianto di trasformazione in Italia, la Southemp di Taranto” chiosa Redaelli, “la coltura della canapa in Italia è però in crescita, la domanda anche, ecco perché il 2018 può essere un anno importante da questo punto di vista”.

All’estero, intanto, non stanno a guardare. L’Eindhoven University of Technology ha progettato di recente il primo ponte al mondo realizzato esclusivamente con biomateriali - canapa e fibra di lino. La bio-struttura con campata di 14 metri è ora in fase di sperimentazione, l’obiettivo è renderla un modello sostitutivo delle più classiche costruzioni in acciaio e cemento. “L’uso di biomateriali compositi nell’edilizia riduce la nostra dipendenza da risorse fossili finite e ci porta un passo più vicini a un’economia circolare, in cui sia i prodotti che le risorse vengono riutilizzate” ha spiegato Rijk Blok, a capo del progetto.

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“Le radici della canapa mostrano un'elevata resistenza ai metalli pesanti, che gli conferisce la caratteristica di accumulatori di tali sostanze.”

Al di là dell’assorbimento di CO2, il potere ripulente della canapa riguarda anche i materiali tossici presenti nel terreno. “Le radici della canapa mostrano un'elevata resistenza ai metalli pesanti, che gli conferisce la caratteristica di accumulatori di tali sostanze,” spiega il paper Cannabis sativa L. growing on heavy metal contaminated soil: growth, cadmium uptake and photosynthesis, della Wuppertal University. L’azione bonificante avviene grazie alle fitochelatine, proteine citoplasmatiche prodotte in risposta a un eccessivo assorbimento di metalli pesanti, che hanno un effetto detossificante su questi ultimi.

Il processo si chiama fitorisanamento ed è stato sperimentato in passato per bonificare l’area intorno a Chernobyl. Iniziative simili sono state fatte anche nell’area dello stabilimento Eni di Gela e nei terreni intorno all’Ilva di Taranto. “La canapa va a migliorare la fertilità del suolo aumentando la frazione organica, va a lavorare il suolo agricolo in profondità con le sue radici, va a sequestrare otto-dieci tonnellate di CO2 a ettaro e va a fissare il carbonio nel suolo, elemento fondamentale per mitigare i cambiamenti climatici” mi aveva spiegato qualche tempo fa Claudio Natile, a capo del progetto pugliese.


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Il potenziale ambientale del fitorisanamento è tutto in una notizia dell’ottobre scorso: 35mila mq all’interno della terra dei fuochi sono stati ecobonificati con la coltivazione di 17500 alberi di pioppo, altra specie vegetale dal potere assorbente. L’impiego della canapa nei mesi a venire può portare a risultati analoghi. “Quella del fitorisanamento è la tecnologia più promettente per la degradazione del contaminante organico e la produzione di colture bioenergetiche su terreni marginali” scrivono gli autori del paper Challenges and opportunities in the phytoremediation of heavy metals contaminated soils, che sottolineano come sia fondamentale continuare a fare ricerca e investire nel settore nel prossimo futuro.

AUTO A CANAPA

Al di là della bioedilizia e della bonifica dei terreni, il 2018 potrebbe anche essere l’anno in cui il protagonismo della canapa si affermerà in un altro ambito. Quello energetico. I biocombustibili sono da molti indicati come la strada del futuro per offrire un’alternativa ai derivati del petrolio. Queste fonti pulite sono in effetti rinnovabili, biodegradabili e permettono una compensazione delle emissioni di CO2 tramite il processo di fotosintesi nella fase di produzione delle materie prime agricole. I dati degli ultimi anni mostrano un trend produttivo in crescita, anche se lento. C’è però un problema: per l’ottenimento di biocombustibili si usano colture come granoturco, barbabietole, colza, girasoli. Questa forma di produzione energetica, a impatto positivo per l’ambiente, rischia dunque di trasformarsi in un boomerang perché entra in competizione con la produzione di cibo, in un pianeta dove centinaia di milioni di persone soffrono ancora la fame. Per poter continuare a sfruttare l’alto potenziale in termini di sostenibilità ambientale del biofuel, agricoltori e centri di ricerca stanno puntando sempre più su prodotti che non abbiano impatto sulla filiera alimentare e risultino economicamente vantaggiosi. Tipo la canapa.

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“Con le restrizioni odierne contenute nella direttiva sulle energie rinnovabili (RED) della Commissione Europea, le colture a scopo energetico che competeranno con la produzione di alimenti e mangimi - ad esempio occupando campi coltivabili come colture principali – non avranno un grande potenziale negli anni a venire” mi spiega Thomas Prade, ricercatore alla Swedish University of Agricultural Sciences, “La biomassa derivante da residui, terreni agricoli inutilizzati e colture intermedie sarà invece probabilmente sempre più utilizzata a fini energetici”. La canapa industriale è poco esigente in termini di qualità di terreno, non richiede diserbo perché cresce più velocemente delle erbacce e non necessità dell’utilizzo di pesticidi. Questo porta a escludere il dilemma food vs energy tipico del dibattito attorno ai biogas, per il semplice fatto che la pianta può essere impiegata in terreni che resterebbero altrimenti inutilizzati.

La parte interessante della canapa a fini energetici sono le fibre, utilizzate tra le altre cose per costruire lettiere per animali. In un secondo momento esse, unite al liquame e al letame, possono essere impiegate per la produzione di bioenergia, a sua volta utilizzata come carburante per veicoli. “La canapa dovrebbe essere considerata come una risorsa per le fibre – che possono andare a sostituire le fibre fossili tipiche dell'industria automobilistica – per il cibo e i mangimi” mi spiega Prade, “alla fine del ciclo di vita del prodotto in fibra, i residui possono essere utilizzati per la produzione di bioenergia”. Secondo il ricercatore, investire nel potenziale energetico della canapa è importante nei mesi a venire, purché non si pensi a campi esclusivamente dedicati a questa componente. La produzione bioenergetica deve infatti continuare a essere l’ultimo, fondamentale step di un lungo ciclo di vita delle fibre di canapa.

“La sfida oggi è inserire questa coltura nell’ambito di approcci produttivi nuovi e moderni, che possano fare riferimento alla bioeconomia e alla sostenibilità ambientale e climatica."

Le infinite potenzialità ambientali della pianta, che ne fanno un assoluto protagonista della green economy, non potevano restare ignorate. Ecco perché negli ultimi anni hanno suscitato l’attenzione della più grande associazione italiana nel campo dell’agricoltura, la Coldiretti.

“Siamo molto interessati al tema perché si tratta di una coltura molto importante per le aree interne svantaggiate, viste le sue scarse esigenze tecniche” mi spiega Francesco Ciancaleoni, dell’area Ambiente e Territorio di Coldiretti. Il problema è che a fronte di ostacoli normativi, c’è anche la questione dell’assenza di una filiera strutturata e matura. “La sfida oggi è inserire questa coltura nell’ambito di approcci produttivi nuovi e moderni, che possano fare riferimento alla bioeconomia e alla sostenibilità ambientale e climatica” continua Ciancaleoni. “Il 2018 ci vedrà ancora in prima linea sul tema della canapa, nella misura in cui porta valore aggiunto agli agricoltori. Per questo continueremo a difenderla e cercheremo di sciogliere i nodi che restano affinché possa entrare a regime una filiera completa”.

Ecco, quello in cui siamo entrati deve essere l’anno giusto da questo punto di vista. La canapa industriale non sarà in grado di risolvere da sola le problematiche legate al cambiamento climatico, ma non investire nelle sue infinite potenzialità – in parallelo a quelle delle altre fonti sostenibili – vuol dire iniziare il nuovo anno con il piede sbagliato.

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