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Tecnologia

Come si addestra l'esercito con la realtà virtuale e aumentata in Italia

Se negli USA l'addestramento dei militari passa quasi interamente dalla VR, per una volta l’Italia non è da meno.
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Il 2016 è stato per molti l'anno zero della realtà virtuale. Prima di tutto, grazie all'esplosiva diffusione dei primi dispositivi consumer di alto livello, ma anche grazie alle numerose innovazioni apportate da questa tecnologia, insieme alla realtà aumentata—che dopo la partenza in sordina alla fine degli anni duemila, pare destinata a diventare addirittura più rilevante della VR.

C'è chi ha usato la realtà virtuale per cucinare polpette virtuali o quella aumentata per catturare Pokémon, ma nel frattempo, queste tecniche hanno consentito degli incredibili passi avanti anche in molti ambiti professionali seri. Uno di questi settori è l'addestramento militare, a dire il vero, uno dei primissimi a investire sulla ricerca in questo campo fin dai suoi albori. Tutti conosciamo i videogiochi di guerra, da Medal of Honor a Call of Duty, ma i veri simulatori di combattimento utilizzati dagli eserciti per il training delle reclute sono completamente diversi. Negli ultimi anni, queste simulazioni sono passate dallo stadio sperimentale a una fase in cui si stanno rivelando effettivamente utili in molti modi.

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Le sessioni in VR addestrano alla battaglia con efficacia inedita perché riproducono (sempre più) fedelmente uno scenario di guerra, abbattendo i costi—ad esempio, grazie al risparmio di carburante e munizioni—e preparando i soldati alle modalità di combattimento del futuro senza che corrano dei pericoli reali. Nei prossimi anni, la visuale del soldato di fanteria sarà arricchita da layer di dati contestuali che lo aiuteranno, ad esempio, nella valutazione di distanze, nella mira degli obiettivi, a integrare altri punti di vista o a fornire una visione d'insieme. Generando possibilità inedite di collaborazione nei lavori in gruppo, queste tecnologie rivoluzioneranno anche i momenti di pianificazione e briefing, trasformando, ad esempio, un tavolino (o qualsiasi altra superficie) in una mappa tridimensionale interattiva su cui studiare la missione.

Proprio quest'ultimo esempio fa parte degli esperimenti che l'esercito britannico sta conducendo con la realtà virtuale, parallelamente ad un progetto di training medico e allo sviluppo di una tecnologia che consente di navigare in 3D aree scansionate utilizzando dei droni. A quanto pare, la realtà virtuale ha un ruolo così centrale nella strategia dei militari inglesi che viene utilizzata anche per le nuove campagne di reclutamento. (Anche la Corea del Sud, un paese che sta scommettendo sul settore VR come motore della crescita economica, non è da meno con lo sviluppo del suo sistema di combattimento virtuale proprietario già ordinato anche da altri paesi come la Russia, e di un simulatore di paracadutismo.

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Il paese con l'addestramento VR più avanzato sono comunque gli Stati Uniti, dove queste tecnologie sono nate. Dal 2012, l'Esercito statunitense impiega per il training il sistema DSTS—Dismounted Soldier Training System—sul quale ha investito la bellezza di 57 milioni di dollari, una combinazione di armi realistiche e sensori corporali che trasmettono i movimenti delle reclute nell'ambiente, offrendo inoltre agli istruttori la preziosa possibilità di riesaminare il comportamento dei partecipanti a missione finita.

Nel frattempo, anche il corpo dei Marines e la Marina Militare si stanno dando da fare, rispettivamente con il progetto AITT—Augmented Immersive Team Training—e BEMR—Battlefield Exploitation of Mixed Reality, focalizzati su tecnologie non immersive basate sulla parziale visualizzazione dell'ambiente reale.

Per una volta l'Italia non è da meno, a partire dall'Areonautica Militare che nella base aerea di Ghedi (BS) sta impiegando simulatori VR con riproduzioni di velivoli reali Tornado IDS per l'addestramento dei piloti, che possono così provare a volare seguendo tutte le dovute procedure in un ambiente simulato che ricrea esattamente ambienti reali come veri aereoporti militari italiani.
Questo simulatore riproduce fedelmente tutte le missioni, emergenze e situazioni tipiche che si possono incontrare volando con il Tornado, garantendo al tempo stesso un notevole risparmio economico.

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Anche la Marina Militare Italiana utilizza la realtà virtuale per l'addestramento, ma in questo caso concentrandosi sullo sviluppo delle capacità procedurali e comunicative.
Una curiosità: per dare una dimostrazione di questo programma di addestramento la Marina ne ha commissionato un adattamento come gioco mobile (disponibile per iOs e Android) giocabile in modalità VR, che permette ai giocatori di interagire con mezzi reali e attuali della Marina Militare assumendo il comando di navi, aerei ed elicotteri, in scenari italiani reali accuratamente ricreati, incluse la navigazione e l'esplorazione della nave scuola Amerigo Vespucci (per approfondimenti: la pagina Facebook del progetto).
Infine il Corpo Forestale ha sviluppato "Forest Fire Area Simulator", una simulazione VR che serve a formare e addestrare figure professionali impiegate per contrastare gli effetti degli eco-reati. Diverse aree boschive aggredite dal fuoco vengono riprodotte insieme a tutti i sistemi e le attrezzature ordinariamente utilizzati nelle reali operazioni.

Oltre all'addestramento alle dinamiche di combattimento e alla pianificazione, ci sono molti altri aspetti in cui VR e AR si stanno dimostrando utili per i corpi militari. Sempre in Italia, nel 2014, la divisione Airborne & Space System di Finmeccanica—denominata Leonardo—ha intrapreso una collaborazione con il centro di ricerca dell'università Bicocca CESCOM per sviluppare un progetto in cui la Realtà Virtuale viene sfruttata per il training di skills come la presa di decisione sotto stress—indirizzato al personale militare e ad operatori di emergenza.

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Questo progetto ha rappresentato una straordinaria opportunità per i ricercatori grazie alla strumentazione messa a disposizione: una sala dove 7 persone potevano interagire con diversi dispositivi e addestrarsi insieme in ambienti virtuali.

Ne è nata una collaborazione che ha portato, ad aprile 2016, la Dott.ssa Federica Pallavicini, alla guida del progetto, a partecipare ad un incontro della NATO per una sessione dedicata a nuove soluzioni per il training di personale militare in condizioni di stress. In occasione dell'ITEC 2016 di Londra—la fiera di simulazione militare più grande al mondo—i ricercatori hanno presentato gli scenari virtuali ideati per il training, costruiti intorno agli utenti finali per aumentarne l'efficacia.

Ora Il team vorrebbe portare avanti il progetto proponendolo ad altro personale interessato, come, ad esempio, la Protezione Civile o qualsiasi ambito professionale che richieda una certa abilità decisionale o determinate capacità di agire in condizioni di stress estremo.
"Ci sono pochissimi gruppi al mondo che si occupano di progetti del genere, quindi è auspicabile che il progetto possa proseguire."

"Le persone vengono trainate ad agire in situazioni altamente stressanti, tramite un processo graduale che si svolge in realtà virtuale così da apprendere i vari processi necessari per agire correttamente, prima di ritrovarsi ad affrontare quelle stesse situazioni dal vivo," spiega la Dott.sa Pallavicini. "Si parte da uno scenario semplice, con disturbi anche solo a livello attentivo—ad esempio suoni fastidiosi—e poi si va a salire. Si aggiungono elementi di complessità, come le comunicazioni con i propri colleghi, fino a ricreare situazioni ad alto livello emotivo con un impatto molto più alto: pensiamo al personale militare che deve fronteggiare emergenze in cui sono coinvolti anche i civili."

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"Tutto questo serve ad abituare la persona a reagire sempre nella maniera corretta senza esporla subito alla situazione più estrema possibile, in modo che ci arrivi con tutte le capacità necessarie per portarla a termine," continua. "Quando la persona si troverà in quella situazione, sfrutterà i meccanismi di apprendimento che ha già consolidato in realtà virtuale e risponderà in modo immediato e corretto a livello emotivo-fisiologico (abituandosi ai rumori, ad esempio, il battito cardiaco non si impenna quando si sente qualcosa in lontananza), comportamentale (sperimentando diverse strategie alternative) ma anche procedurale (la persona sa che cosa deve fare tecnicamente, perché l'ha già fatto molte volte in una situazione simulata)," spiega.

Oltre alla prevenzione delle situazioni di stress, la Dott.ssa Pallavicini ha studiato soluzioni per le conseguenze di questi momenti. Tra il 2010 e il 2013, ha collaborato con l'Applied Technology for NeuroPsychology Lab (ATNP Lab) dell'Istituto Auxologico Italiano di Milano sul progetto europeo INTERSTRESS—guidato dal Prof. Andrea Gaggioli e dal Prof. Giuseppe Riva—finalizzato proprio all'ideazione di programmi per la gestione dello stress, con un focus particolare sugli insegnanti e sugli infermieri. In questo caso si trattava anche di fornire loro un training per la gestione di situazioni di stress psicologico preesistenti.

Partendo da un focus group, sono stati ricreate ex-novo in ambienti virtuali delle situazioni stressanti standard che erano state segnalate dagli insegnanti come le più difficili da gestire nella loro professione: ad esempio la gestione dei colleghi, della famiglia o di una classe problematica. I partecipanti indossavano un braccialetto che monitorava in automatico il loro livello di stress — un dispositivo molto all'avanguardia all'epoca—attraverso l'HRV (heart rate variability), un indice cardiaco rilevato attraverso un sensore e integrato a dati comportamentali-emotivi dell'utente.

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Il progetto è partito nel 2010 da una scatola indossabile, poi è arrivato il braccialetto per monitorare in automatico il livello di stress sul proprio cellulare. Nel frattempo questa idea dei ricercatori è andata avanti, sono arrivati sempre più sensori indossabili (iWatch compreso) e oggi sono numerosi i dispositivi ad offrire la funzione di monitoraggio fisiologico anche a livello commerciale.

Quanto ai prossimi progetti in programma, in questo momento la Dott.ssa Pallavicini sta portando avanti per il CESCOM il progetto di training della gestione dello stress in VR, provando ad allargarlo anche ad altre categorie professionali:

"Sarebbe davvero interessante diventare dei punti di riferimento in Italia in quest'ambito ancora molto specialistico".
Al di là di questo progetto, prevede per i prossimi anni di continuare la ricerca sui video giochi, con l'obiettivo di creare strumenti utili ed efficaci in grado di aiutare le persone nel recupero di importanti competenze cognitive ed emotive, divertendosi.

Cosa ci riserva, infine, il futuro per queste tecnologie? "Passi avanti da gigante si faranno con la mixed reality e la possibilità di inserire nell'ambiente reale di training elementi virtuali. Senza visore, sensori di tracking, joypad o simili.

Sarà possibile, ad esempio, indossare speciali lenti a contatto attraverso le quali si potrà avere accesso a contenuti virtuali o attivare una "modalità di visione notturna" o, ancora, monitorare in tempo reale i dati fisiologici della persona/soldato. Una possibilità assolutamente vicina anche a livello temporale (basta pensare a Google e Samsung che già si stanno muovendo nello sviluppo di device di questo tipo).

Diventerà comune per i soldati (ma non solo) allenare capacità psicologiche attraverso videogiochi creati ad hoc.

Le funzioni cognitive ed emotive dei soldati saranno monitorate in tempo reale, con l'obiettivo di rilevare momenti di particolare difficoltà e offrire un alert.

Ancora, le operazioni chirurgiche in scenari di emergenza potranno essere condotte anche in remoto, grazie a speciali sale mediche mobili, all'interno delle quali la strumentazione per operare è controllata da medici in sala controllo (che può essere lontana anche migliaia di chilometri)."