Gli scienziati hanno scoperto gli 11 segni distintivi della ‘bella morte'
Vanitas, Philippe de Champaigne. via Wikipedia

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Gli scienziati hanno scoperto gli 11 segni distintivi della ‘bella morte'

Ammettilo, muori di curiosità.

La maggior parte delle persone spreca un sacco di tempo a pensare al modo peggiore di morire. I miei peggiori incubi, in tal proposito includono: morire in un incendio, annegato, sbranato da un orso o sotterrato fino al collo, mentre le formiche rosse mi spolpano lentamente la testa. Un gruppo di ricercatori della scuola di medicina di San Diego, Università della California, però, ha compilato una ben più utile lista di 11 cose che definirebbero una 'morte benevola'—in altri termini, gli ingredienti del miglior modo di morire.

Pubblicità

Il paper, pubblicato sull'American Journal of Geriatric Psychiatry, passa in rassegna 32 studi in lingua inglese sull'argomento, sia quantitativi che qualitativi. Le caratteristiche della 'morte benevola' sono state stilate a partire dalle testimonianze di tre gruppi di persone o, come li chiamano i ricercatori, "le parti interessate": pazienti, familiari (prima del e durante il lutto) e personale medico.

Gli scienziati hanno rilevato l'esistenza di ben 11 elementi distinti che tutti i gruppi di parti in causa identificavano come caratteristici di una persona che conclude bene la propria vita.

"La morte è un argomento controverso, ovviamente. Le persone non amano parlarne nel dettaglio, noi però siamo costretti a farlo. È importante parlare in maniera onesta e trasparente di come ognuno di noi preferirebbe morire," ha detto il Dr. Dilip Jeste, primo autore dello studio e direttore del Sam and Rose Stein Institute per la ricerca sull'invecchiamento della facoltà di Medicina dell'università di San Diego.

Tra i suddetti 11 fattori, tutte le parti intervistate si sono dette in primo luogo interessate al fatto che la persona non provi dolore, né fisico né psicologico. Non tutti i gruppi, però, erano d'accordo sul resto, dicono i ricercatori. Per esempio i pazienti tendevano a enfatizzare maggiormente gli aspetti religiosi e spirituali rispetto ai propri familiari. I familiari, di contro, erano più preoccupati da questioni riconducibili alla dignità personale. Il personale medico, invece, si collocava grossomodo al centro tra i due gruppi.

Pubblicità

"Nella pratica clinica vediamo spesso le differenze tra la volontà dei pazienti e quella dei loro familiari, o delle persone che si prendono cura di loro," spiega la coautrice Dr. Emily Meier, psicologa presso il centro oncologico Moores dell'ospedale di San Diego. "In definitiva, tra i pazienti prevalgono preoccupazioni di tipo esistenziale, monito del fatto che dobbiamo occuparci del trapasso in ogni suo aspetto e non solo in termini biologici."

Studi come questo potrebbero risultare rassicuranti per quelli di noi che sono ancora giovani e in salute, ci forniscono qualche utile indicazione su cosa ci aspetterà e ci ricordano che la morte non verrà per forza a prenderci per trascinarci via dal mondo dei vivi, mentre urliamo e scalciamo. Fare buona ricerca sulla morte come processo e sulla qualità della stessa, però, è decisivo anche per i malati terminali, per le strutture che li ospitano e per il personale che ci lavora.

Fare testamento biologico, cioè affidare a familiari e rappresentati legali le proprie volontà in caso di condizioni di incapacità totale—o, in alcuni casi, addirittura lasciare noto come si preferirebbe morire—dovrebbe essere una priorità per chiunque, invecchiando.

Stando a una ricerca della John Hopkins School of Medicine, i pazienti oncologici che hanno fatto testamento biologico e hanno discusso della propria morte con il personale medico sono riusciti a evitare eventuali cure indesiderate. Di contro, i pazienti che non hanno fatto testamento poi si sono spesso trovati incapaci di esprimere le proprie volontà e costretti a sopportare un certo grado di accanimento terapeutico.

"Solitamente i pazienti hanno le idee chiari su cosa vogliono e poterne parlare è di conforto. Restituisce loro la sensazione di essere in controllo. Spero che i risultati di queste ricerche possano stimolare un dibattito serio su queste tematiche. Una morte migliore è possibile, a patto di parlarne un po' prima," continua il Dr. Jeste.

Della morte si può parlare in molti modi. Spesso è spaventoso e sgradevole, ma a volte spiegare a chi si ama di non voler morire mangiati vivi dalle formiche o chiedergli di staccare la spina se mai si dovesse finire in coma, potrebbe rivelarsi un'ottima idea, quando arriva il momento.