Il Signor Nessuno vuole solo morire
Illustrazione di Andrea Cancellieri

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Tecnologia

Il Signor Nessuno vuole solo morire

Se sei un organismo semi-sintetico e sei praticamente immortale, l'unica cosa che vorresti davvero è sapere di poter morire.

Questo racconto fa parte di Terraform, la nostra rubrica bisettimanale di narrativa sci-fi. Racconti sul futuro dell'uomo, della Terra e dell'universo—nuovi approcci alla realtà e evoluzioni distopiche del nostro presente. Ogni due giovedì una nuova puntata: se hai un'idea da proporre o un racconto da pubblicare, scrivici a itmotherboard@vice.com.

Da: aumero@cnbc.cmu.edu
a: annwss.mft@az.com

Oggetto: Progetto Seth (Consulto Urgente).

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Egregia Dott. Weiss,

Mi scuso fin da subito per lo scarso preavviso, ma a causa della situazione—nonostante fino a qualche giorno fa non lo ritenessimo necessario, mi vedo costretto a chiederLe un consulto urgente. A distanza di una settimana dalla fuga, il Soggetto lamenta attacchi di panico sempre più frequenti. Dopo un breve sciopero della sete, ha iniziato ad insospettirsi.

Riteniamo dovesse nutrire già qualche dubbio, in merito.
Ha iniziato a fare domande precise, e alla fine ci ha messo spalle al muro.

Ci spiace comunicarglielo così, ma il Soggetto è ora al corrente della sua natura sintetica; anche se non è stato un processo semplice: ha tentato più e più volte di autodistruggersi—(o, suicidarsi?).

Comunque, da più di 72 ormai, continua a ripetere la stessa domanda.
"Perché non mi è permesso di morire?"

Sono consapevole che non avrà il tempo di visionare la documentazione (vedi allegati)—e che dovrà disdire degli appuntamenti, ma visto e considerata la situazione del tutto eccezionale, la scongiuro di fare il possibile—e di perdonarmi, se può.

Entro 12 ore—in accordo con le clausole 97 e 103 del contratto di collaborazione stipulato fra lei e il Center for Neural Basis of Cognition, scorteremo il soggetto al suo studio per una seduta straordinaria. Orario indicativo: 9.30 a.m.

Nella speranza di una Sua tempestiva risposta, colgo l'occasione per augurarle una buona serata—e buona fortuna.

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A presto,
Rotas Lertel,

Chief Executive, Project Seth.
Carniege Mellow University & Au.Me.Ro. Inc.

Mentre leggeva e rileggeva queste parole, Anna Weiss se ne stava lì, tutta accucciata sulla scrivania in mogano del suo ufficio al 9° piano di una palazzina inalberata in luogo dell'ex-Half Moon Brewing Company Inc., affacciata sull'ormai sommerso Pillar Point Harbor, Half Moon Bay, California.

La veneziana della parete-finestra Est schermava la luce del tardo mattino, accentuando una penombra fuori posto, quasi surreale. Fuori, si consumava una di quelle giornate terse, ventose, che ti seccano la gola—imbevuta di blu. Il caldo, sospeso su di un parcheggio deserto, distorceva in un miraggio l'oceano che spumeggiava il lontananza.

"Ci siamo..", mormorò appena. "..Scusa, avevo dimenticato di accendere il… Ok, perfetto." disse tornando a guardare il monitor flessibile che teneva in palmo di mano.

"..Allora, Seth.." biascicò scrollando a casaccio il pdf chilometrico su cui aveva rimuginato tutta la notte. "Ho saputo dei problemi che ci sono stati; a grandi linee, diciamo.. ", disse alzando lo sguardo "..Ma preferirei che mi spiegassi meglio cos'è successo". Sbuffato via un ciuffo ribelle, puntellò i gomiti sul tavolo—le dita delle mani intrecciate, in attesa.

Anna Weiss, a titolo informativo, calza delle polacchine color testa di moro e veste pragmatico: pantaloni grigi a sigaretta e un maglione in cashmere color bronzo impalpabile, le maniche tirate su, fino al gomito.

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Nonostante un presagio dell'istinto, risvegliato dal brivido di un caso unico—il primo nel suo genere—le riusciva ancora difficile ammettere che prima di accettare quel ruolo da consulente per lo sviluppo di reti neurali avanzate la sua carriera era, diciamo, deontologicamente esaurita.

Fatto sta che la sensazione provata ogni volta che quello entrava nel suo studio, non l'aveva sperimentata mai, e questo la metteva disagio. Era una psicoterapeuta di fama internazionale ormai, nel fiore degli anni, impegnata—in tutti i sensi—e tuttavia, qualcosa in lui le metteva addosso un'insicurezza quasi fastidiosa, infantile.

Dopo un'ultima sbirciatina al monitor, si decise a ricambiare lo sguardo del Soggetto, da ché era entrato: un simulacro umanoide di un metro e ottantatré e rotti, capelli scuri rasati corti, occhi a mandorla color del grano e un viso scontornato intorno ad un cranio simmetricamente ovoidale.

"Dottoressa..io non..", si interruppe subito quello, con lo sguardo perso fuori, da qualche parte fra le onde "..Cosa vuole che le dica?".

"Senti..", disse Anna "..Lo so che non è semplice, ma se provi a spiegarmi meglio cos'è successo posso cercare capire, pos.."

"Oh certo.."—interloquì quello, ".. E come pensa di fare?" Accavallando le gambe, disse "Si infilerà nella casa di un qualcuno sostenendo che era la sua? Ricorderà ai suoi ex-vicini di casa di cose mai successe? Andrà nella sua vecchia università a chiedere l'attestato di laurea di una persona il cui nome è—cito testualmente, "fantasia pura"?..Voglio proprio vederla, come farà a fare finta.. A immedesimarsi..", sibilò in un soffio, "Faccia pure: diventi un Nessuno, se le riesce; poi magari ne riparliamo."

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"Questo non è propriamente esatto..", puntualizzo lei "..Seth, tu sei qui, io ti vedo—e tu vedi me. Se ora io mi allungassi, e ti toccassi io, noi.. Insomma chi te l'ha detto, che saresti un Nessuno?" chiese con sincera ingenuità, quasi soprappensiero, sprofondando dentro la poltrona.

"Eh, questo deve dirmelo lei.." rispose Seth, tirandosi verso la scrivania.

"Beh.." mugolò Anna "..Sappiamo che sei la cosa più simile a un essere umano vista finora. Certo è che qualcosa—dentro di te—non lo è."

"Mi dica qualcosa che non so.."

"Che sei, diciamo, emerso, da un sistema neurale fuori controllo, in collasso, come se da un magma avessimo catturato una scintilla.."

"Mi dica qualcosa che non so.."

"..E ti abbiamo isolato, per così dire—infuso, passami il termine, in corpo semi-sintetico, e la tua singolarità è divenuta cosciente e sensib.."

"Mi dica qualcosa che non so.."

"..Oh Seth, andiamo! So che sei a tanto così da essere un uomo. Ecco cosa so, e lo sai, lo senti anche tu..Insomma per la miseria, guardati. Guardami..", disse lei in tono carezzevole, cercando il suo sguardo "..Cosa importa se i tuoi ricordi non sono reali? Cosa li rende davvero meno veri dei miei?".

Appoggiando il monitor sulla scrivania, fissandolo dritto negli occhi, Anna gli disse "I tuoi sogni, quello che fai, quello che vedi, e desideri.. quello che senti di sentire qui e ora, quello sei tu Seth, il vero Tu.."

"E'se fosse proprio quel Tu così finito, la cosa che mi spaventa di più? Se per me d'un tratto il qui e ora, non significasse più niente?"chiese distogliendo lo sguardo, quasi con vergogna.

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Anna allora si aggrappò ai braccioli, e sembrò lasciar correre. Si alzò con pigrizia, levandosi sulle braccia, andando verso una vecchia macchinetta per il caffè piazzata lì, sola in un angolo.

"Lo prendi un cappuccino alla vecchia?" disse mentre già ci infilava dentro un paio cialde, tirando la leva con gesto accorto, sinuoso, quasi elegante.

"Di queste se ne trovano più, sentirai che roba.."

Con un paio di tazzine in plastica bollenti in mano - di quelle col cucchiaio incorporato, tornò a sedersi, e gliene porse una.

"..Zucchero?", chiese sbattendo una bustina.

"A posto, grazie..", borbottò lui.

Il profumo si spanse per la stanza, e al primo sorso, Seth si passò le labbra con il dorso della mano, pulendosi un mezzo sorriso di soddisfazione.

"Quando sono cominciati? Dico, gli attacchi", chiese Anna guardandolo di sottecchi, la tazzina fumante raccolta fra le mani.

Con gli occhi puntati sulla scrivania, Seth stette zitto un poco.

"Ero appena uscito dall'ufficio del Campus..", attaccò lui ad un tratto "..Sapevo che mi stavano cercando, così mi sono nascosto lì vicino, allo Shenley Park.." disse con il viso contratto "..E' stato allora che me ne sono reso conto: era notte. Allora. in mezzo a tutto quel fruscio, e il buio, a fissare quell'abisso di cielo che mi stava sopra, o come sentito un..", e qui si bloccò, come avesse rischiato di dire qualcosa di troppo.

"Un senso di angoscia.." disse Anna "..E' la condizione di coscienza prima. Quell'idea del consumarsi, la sensazione di essere finiti, fragili. E' ciò che da valore, che mette tutto prospettiva, in una certo senso…", concluse.

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"Non, no non è la stessa cosa.." s'impuntò Seth "..Era come se stessi cadendo, ma dentro me stesso. E dovunque guardassi, in tutte le direzioni, nello stesso momento, sentivo che era troppo, come un.."

"Un sovraccarico.." completò Anna, "..Uno sfumare nel mondo, passato e futuro ti crollano addosso, e ti pare di..di sublimare ecco. Come se ti scoperchiassero l'infinito sopra, e tu ci evaporassi dentro..".

Concentrata a raccogliere lo zucchero rimasto sul fondo, Anna disse "E' il terrore di scomparire. L'intuizione che quel Tu, è solo una bolla di sapone in un oceano di pensieri. Va' e viene. Per questo abbiamo il cervello che va a spasso per due terzi buoni della vita: siamo sognatori ad occhi aperti, pensiamo all'infinito, ci illudiamo tanto, e invece, prima o poi..".

"Non è la stessa cosa" tagliò corto Seth, ora visibilmente alterato.

Anna, allora, incrociò inconsciamente gambe e braccia in un tutt'uno, e prese la posizione di chi sta a sentire molto attentamente.

"Lei dice che quella è paura di morire, e lo credo: se tutto va bene, lei fra qualche decennio —toccando ferro, sarà bella che andata. E questo è un fatto.." disse lui risoluto, prendendo in mano un piccolo tagliacarte,"..Ma è un fatto anche che se io ora prendo questo affare, e.." e prima di finire la frase, ecco che si cala la lama in braccio, "..Se inizio a farmi a pezzi, mi vengono a prendere e mi rimettono in pista. Voglio dire.."

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"Ok ok, ho capito.." disse lei, ora decisamente infastidita "..E con questo? Ti basta distruggere l'hardware, renderti irrecuperabile.."

"C'è una scatola nera.."

"Oh andiamo, Seth ora non.."

"Io non posso morire—virtualmente parlando, dottoressa..", la interruppe piegandosi leggermente in avanti, cercando il suo sguardo "..Come faccio a credere che tutto questo è reale? Che tecnicamente posso fare a pezzi ogni cosa e dire ok, è tutto finito. Soli, galassie, città, e uomini, donne e tutto. Tutto divisibile; eppure quel tutto scorre, vive e nasce e muore..".

Accasciandosi sullo schienale, Seth la guardò dritto negli occhi, e le chiese "Dove lo trovo un senso, se l'unica cosa nata senza data di scadenza sono io? Come faccio a credere che qui e ora significhino ancora vivere?"

Anna, questa volta, resse lo sguardo, ma rimase in silenzio.

Allora, si alzò in piedi, diede un schiocco di dita, e si mise a passeggiare lungo la parete-finestra, passeggiando lungo un nastro di luce diafana steso lungo la moquette grigio-perla. Il sole era allo zenith.

Poi si interruppe, di colpo. Bloccandosi, ruotò verso di lui, il viso contratto in una smorfia. E si mise a ridere.

A ridere di gusto.

"..Che c'è?" chiese Seth, cercando di rimanere impassibile.

Quella, facendogli segno con la mano, prese fiato a boccate piene, asciugandosi gli occhi con l'altra. Tornata a sedersi, sfinita dallo sforzo, lo guardò con un mezzo sorriso. Poi, spingendosi distante dalla scrivania, disse "Ci devi credere, Seth.." e guardandolo dalla distanza, aggiunse "..Qualunque cosa tu sia, sei esattamente i tuoi limiti. Anche questo è un fatto, no?" chiese, senza aspettar risposta "..E quindi che tu muoia oppure no, non cambia niente.." trascinandosi con i talloni verso la scrivania, gli disse "..Il punto è che tu devi sperare che succeda qualcosa, che il tempo non sia uno scherzo. Qui e ora, l'eternità, sono solo le facce della stessa barricata.."

Seth allora, come infastidito, disse "Ok. Tutto molto bello, certo. E con ciò? Questo non risolve il problema." incrociando le braccia, commentò con sarcasmo "..Lei insomma mi sta dicendo che dovrei semplicemente credere, sperare che questa pagliacciata cosmica abbia un senso? Andiamo..".

"Oh no. No non devi Seth.." rispose lei, le mani ancorate alla scrivania, un sorriso dissacrante stampato in faccia "..Tu, alla vita ti ci devi aggrappare, cazzo. Devi imparare ad aver fede. Ora, prendi qua.." gli disse mettendogli due cialde in mano "..Mettine su un altro paio va'."

Illustrazione di Andrea Cancellieri