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Tecnologia

Secondo una ricerca, gli scafisti costringerebbero i migranti a inalare gasolio

La malattia conseguente ha gli stessi sintomi di una polmonite batterica, ma non può essere curata allo stesso modo.
Arrivo in Grecia di un gruppo di rifugiati, 2015. Immagine: Wikimedia Commons

L'anno scorso, oltre un milione di rifugiati in fuga dai conflitti che stanno decimando l'Africa e il Medio Oriente sono giunti in Europa. Per arrivarci, molti di loro hanno dovuto attraversare il Mediterraneo, viaggiando dalla Libia alla Grecia o all'Italia su piccoli gommoni, in balia di pericoli naturali e umani. Le minacce che i rifugiati affrontano durante il loro viaggio sono state più che documentate, ma, stando a un documento pubblicato di recente su Lancet, molte di queste persone potrebbero essere state esposte a un pericolo prima sconosciuto—l'ingestione di gasolio, che è comunemente usato in modo improprio come sedativo nelle comunità più povere.

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Stando ai ricercatori, alcuni dei trafficanti che trasportano persone da una parte all'altra del Mediterraneo hanno costretto i propri passeggeri a inalare una mistura contenente gasolio durante il viaggio, per sedarli. Il problema è che il gasolio è fatto di idrocarburi aromatici, che possono provocare gravi infiammazioni polmonari anche letali, se non curate per tempo.

Il documento che hanno compilato si basa sui casi di tre pazienti curati in un ospedale di Monaco: un ragazzo somalo di 16 anni, uno etiope di 18, e un eritreo di 21, tutti portati nell'ospedale poche settimane dopo la loro traversata. I pazienti sono arrivati all'ospedale con la febbre e difficoltà respiratorie, che sono in genere sintomatiche di una polmonite batterica.

Eppure, nonostante le cure per la polmonite somministrate dai medici, i sintomi non sono spariti. Anzi, le condizioni dei tre pazienti sono andate peggiorando, al punto che sono stati trasferiti in terapia intensiva e intubati, mentre i loro polmoni cedevano progressivamente.

Immagine: Irish Defense Forces /Wikimedia Commons

I dottori che hanno trattato i pazienti non riuscivano a capire con cosa avessero a che fare, finché le domande fatte ai pazienti, incrociate con gli esami medici, non li hanno portati a pensare che si trattasse di polmonite da aspirazione, un'infiammazione dei polmoni che non è dovuta a un batterio, ma all'inalazione di materiali estranei, come il carburante. Questo tipo di polmonite non può essere curata come quella batterica, e una volta che il collegamento tra inalazione di gasolio e sintomi è stato confermato, i dottori sono stati in grado di salvare due dei pazienti, ma purtroppo non il ragazzo etiope di 18 anni, che è morto per insufficienza multipla di organi.

È facile liquidare il caso come aneddoto, ma il ricercatori temono che l'inalazione forzata di gasolio sia una pratica comune. Ci possono volere settimane perché la polmonite mostri i propri sintomi e fino a questo articolo di ricerca non c'era alcuna consapevolezza che i rifugiati potessero essere costretti a inalare carburante. Questo significa che ai rifugiati con la polmonite da aspirazione potrebbe essere stata diagnosticata erroneamente la polmonite batterica, e quindi somministrate le cure sbagliate. I ricercatori sperano che il loro lavoro contribuisca a una maggiore consapevolezza tra i medici che curano i rifugiati così che i casi futuri non passino inosservati.