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Tecnologia

Il Garante per la Privacy ha negato il diritto all'oblio a un ex-terrorista

Su Google, il nome dell'ex-terrorista restituiva numerosi riferimenti ad eventi risalenti agli anni di piombo.

Conoscete la storia del "tutto quello che pubblichi su internet vi rimane per sempre", no? È vera, fate attenzione quando vi scambiate foto di tette, peni e culi, perché non ci sarà modo di rimuoverle efficacemente dalla rete. Questa dinamica è protagonista del dibattito sul 'diritto all'oblio', ovvero il diritto da parte di un cittadino a richiedere che un determinato contenuto presente su internet che lo riguarda non venga indicizzato dai motori di ricerca.

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Nell'ultima newsletter del Garante per la Privacy, l'ente italiano ha dichiarato di aver rifiutato la domanda avanzata da un ex terrorista che "richiedeva la deindicizzazione [da Google] di alcuni articoli, studi, atti processuali in cui erano riportati gravi fatti di cronaca che lo avevano visto protagonista tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80," si legge nel comunicato.

Il richiedente, secondo il comunicato, aveva finito di scontare la propria pena nel 2009 e si era inizialmente rivolto a Google per la rimozione dei riferimenti. Non trovando riscontro positivo da parte del motore di ricerca, l'ex terrorista ha quindi fatto riferimento all'ente per la Privacy che, infine, ha "dichiarato infondato il ricorso volto ad ottenere la rimozione dei restanti URL indicati dal ricorrente e dei relativi "snippet" dai risultati di ricerca effettuati a partire dal nome e cognome dell'interessato," si legge nei documenti relativi al ricorso.

Il nostro anonimo ex-terrorista sarà per sempre ricordato da Google come, appunto, un ex-terrorista.

In breve: il nostro anonimo ex terrorista sarà per sempre ricordato da Google come, appunto, un ex terrorista, "nonostante il decorso del tempo dall'accadimento dei fatti, sussiste il preponderante interesse pubblico al reperimento di notizie relative ad una delle pagine più buie della storia italiana, i c.d. "anni di piombo", nella quale il ricorrente è entrato a far parte a pieno titolo macchiandosi di reati di matrice terroristica eversiva dell'ordine democratico," ha dichiarato il Garante nel rifiutare la richiesta.

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Vista la gravità dei fatti e la matrice storica del contesto in cui si inseriscono, le istituzioni hanno quindi deciso di non voler procedere alla richiesta di de-indicizzazione—In questo senso, la decisione è quantomeno condivisibile, ma allora per quale motivo il cosiddetto diritto all'oblio è protagonista di innumerevoli dibattiti?

Oggigiorno il ritmo di espansione del web è fuori dalla nostra comprensione e proprio per questo è ormai impossibile riuscire a seguire le sue evoluzioni: il lavoro viene svolto, per noi, dai motori di ricerca, che si occupano di indicizzare automaticamente il web attraverso gli spider, delle 'sonde' che leggono e interpretano l'importanza di ogni pagina al fine di inserirla nei listati che ci vengono restituiti ogni volta che cerchiamo determinate parole chiave su un motore di ricerca.

Non sempre, però, queste indicizzazioni sono un bene: in un'era in cui basta digitare nome e cognome di una persona su Google per avere una rapida panoramica della sua esistenza, tenere sotto controllo eventuali abusi che si possono verificare grazie a queste condizioni è difficile. Per questo esiste il diritto all'oblio: ma chi possiede le informazioni pubblicate sul web e chi può normare sulla loro presenza o meno sui motori di ricerca?

Il tema è già stato affrontato in precedenza qui su Motherboard, e riguarda nello specifico la privatizzazione della gestione dei dati, delle unità informative che fino a poco tempo fa venivano generate in maniera consapevole, ma che oggi, con l'aumentare della pervasività della tecnologia, si manifestano in maniera spontanea e, spesso, fuori dal controllo dell'utente. Hai un account FourSquare e adori i club per scambisti? Forse faresti bene a controllare le impostazioni di privacy del tuo account, perché anche questo dato è disponibile e indicizzato dal web.

"Nonostante il decorso del tempo dall'accadimento dei fatti, sussiste il preponderante interesse pubblico al reperimento di notizie relative ad una delle pagine più buie della storia italiana."

Nel caso dell'ex-terrorista, però, la matrice storica dei dati che lo riguardano ha impedito al Garante di procedere alla richiesta di cancellazione—Ma cosa succede quando questo procedimento diventa vulnerabile ad episodi di abuso, come per esempio nel caso di un'istituzione corrotta che ha interesse ad associare determinati nomi a determinati dati presenti su internet? La normativa in questo senso è ancora confusa, in particolare perché il dato stesso dell'indicizzazione sul motore di ricerca, alla fine dell'iter, è comunque di proprietà del motore di ricerca.

Il caso discusso dal Garante è senza dubbio straordinario, ma è fondamentale essere consapevoli della natura di queste procedure per poter regolare, di conseguenza, il nostro comportamento sul web: una rete che, ormai, assorbe più informazioni sul nostro riguardo di quante ne vorremmo diffondere.